venerdì 21 giugno 2019

IL RICHIAMO DELLA FORESTA




Tu che produci l’ovulo nelle donne,
che crei il seme negli uomini,
che nutri il figlio nel grembo di sua madre
che lo calmi perché non pianga,
tu, nutrice anche nel grembo,
che dai l’aria per mantenere in vita tutto ciò che hai creato.
Come sono numerose le tue opere!
sono nascoste alla vista degli uomini,
o dio unico, a cui nessuno è uguale.
Hai creata la terra secondo il tuo desiderio,
quando eri solo,
e gli uomini e il bestiame e ogni animale selvatico,
tutto ciò che è sulla terra, camminando sui suoi piedi,
e tutto ciò che è nel cielo, volando con le sue ali,
i paesi stranieri, la Siria e la Nubia, e il paese d’Egitto.
Tu hai messo ogni uomo al suo posto,
provvedendo a ciò che gli è necessario.
Ognuno ha il suo cibo ed è contata la durata della sua esistenza.
Le loro lingue sono differenti idiomi,
e diversi sono anche i loro caratteri e la loro pelle,
giacché tu hai differenziato i popoli stranieri.
I tuoi raggi nutrono tutte le piante:
quando sorgi vivono e crescono per te.
Tu fai le stagioni per far crescere tutto ciò che hai creato,
l’inverno per rinfrescarlo,
la calura perché ti gustino.
Sei la durata della vita
perché si vive di te.
Gli occhi vedono la bellezza finché non tramonti,
ogni lavoro è deposto quando tramonti a occidente.
Ti levi per tuo figlio
che è uscito dal tuo corpo………

Questo brano (da "Letteratura e Poesia dell’antico Egitto" di Edda Bresciani) che sembra tratto dall’Antico Testamento, è l’Inno ad Aton del Faraone Amenofi IV, vissuto un paio di secoli prima dell’esodo del popolo ebraico. Esso esprime, sul piano della fede, il rapporto dell’uomo con Dio creatore, nella mediazione fondamentale della natura. Eppure quello è un “popolo barbaro” come recita il salmo 113. Anche se oggi può sembrare “politicamente scorretto” non è il popolo eletto da Dio. La nostra appartenenza alla Chiesa di Gesù quali figli di Dio, in virtù del Battesimo, anche se nessuna goccia di sangue ebraico scorre nelle nostre vene, ci pone sulla via di quella tradizione, dispone tutti i nostri antichi geni allineati lungo il percorso dalla Creazione alla Città di Dio.
A leggere il documento “Instrumentum laboris” in preparazione del Sinodo per l’Amazzonia si rimane “sconcertati”, come dice Aldo Maria Valli.  A me ha dato un senso iniziale di tristezza ma poi ha contribuito a chiarire gli ultimi lati oscuri di questo pontificato, anche se occorre riconoscere che i germi, pur se molto mistificati, di tutto questo e altro, vanno ricercati nel documento “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II.
Come sostiene Freud, da loro molto amato, tanto da farne oggetto di studio nei moderni seminari, la nostra cultura occidentale ha origini ancestrali nei miti greci. Allora non ci resta che tornare alle origini inserendo nelle nostre liturgie magari libagioni, danze dionisiache, possessioni rituali… ma oibò!  lo stanno già facendo!
Dal primo al terzo secolo molti dei nostri antenati hanno volontariamente aderito al Cristianesimo e volontariamente abbandonato quei riti, al prezzo di terribili persecuzioni. Anche se l’intellighenzia non vuole riconoscerlo siamo figli di quella cultura nata sulle ceneri di quella antica… altrimenti staremmo qui a sacrificare caproni.
Gesù non si è mai pronunciato sulla perdita, da parte del popolo ebraico, delle antiche tradizioni rimpiazzate da quelle ellenistiche. Non si è pronunciato sugli enormi squilibri della società ebraica del tempo soggetta ad una doppia dominazione, non sempre in armonia, quella di un re di origine non ebraica e quella Romana. Non ha mai direttamente condannato pratiche sociali che, oggi, sarebbero considerate “barbare”. La sua è PAROLA, rivolta all’anima di ciascuno di noi, non ideologia.
Nei suoi tre anni di vita pubblica ha dato modelli di comportamento che sono entrati nella prassi dei primi cristiani per il tramite dei suoi discepoli.
Questa Amazzonia felix descritta nel documento non esiste nella realtà. Basta leggere i rapporti di quelli che in passato l’hanno studiata o il classico “Tristi Tropici” del grande antropologo Claude Lévi-Strauss. Basta, ma tant’è, se il mito non esiste bisogna inventarlo come fondamento di una nuova religione naturalista, come hanno fatto i nazisti con i miti germanici o le pratiche magico-rituali introdotte da Lenin sulla base di antiche usanze russe.
Ora accade che, da una parte, in occidente, si mostrano tremendamente complici (e non è il caso di ricordarne qui le innumerevoli manifestazioni) di chi vuole, distruggere, ma lo hanno già compiuto, le nostre consuetudini strutturali a partire da quella primaria della famiglia. I Romani, che pure non rifiutavano i rapporti con lo stesso sesso, non si sarebbero mai sognati di legalizzare queste pratiche, dando a loro la dignità di “famiglia”. La struttura della famiglia romana, che ha le sue origini nella organizzazione delle comunità pre-storiche come quella villanoviana, ha costituito il nucleo che, per mille anni, ha tenuto salda la organizzazione dello Stato. La stessa struttura sulla quale sono poi sorte le prime comunità Cristiane. La famiglia, quella normale, fa parte della nostra TRADIZIONE ancestrale che la Chiesa attuale sta contribuendo a distruggere, arrivando persino (questo sarebbe esilarante se non fosse tremendamente tragico) a proibire di pregare nelle chiese in riparazione delle invasate manifestazioni anti-famiglia oggi così diffuse.
Dall’altra parte, invece, difendono strenuamente le culture indigene dei popoli extraeuropei andando a riscoprire la “saggezza ancestrale, riserva viva della spiritualità e della cultura indigena”.
Da una parte hanno fatto scempio, negli ultimi 60 anni, delle tradizioni liturgiche e dottrinali che si erano formate per intervento inequivocabile dello Spirito Santo nei 2000 anni di Cristianesimo, dall’altra propongono una “liturgia inculturata” che abbia la “il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali…” per intervento dello Spirito, parola che, da sola, compare 12 volte nel documento.
Da una parte si respinge tutto quello che viene considerato conservatore sostituendolo con il modernismo più sfrenato, dall’altra si propone un ritorno allo stato originario di natura dando a questo il primato nel percorso verso la Rivelazione, sostituendo la Legge di Dio con la legge della foresta.
Sempre nel documento si legge:
..ci sviluppiamo come esseri umani sulla base dei nostri rapporti con noi stessi, con gli altri, con la società in generale, con la natura/ambiente e con Dio”.
Una Chiesa che mette al primo posto la “Ecologia integrale” e considera Dio come una delle tante relazioni possibili per un essere umano non è più la Chiesa di Gesù Cristo.
Sarebbe ora che qualche prelato di rango elevato prenda una posizione chiara, non quella, contraddittoria, di chi pur constatando che l’allenatore tifa palesemente per la squadra rivale, festeggiando con gli avversari, dimostrando sciatteria e inettitudine nel disporre i propri giocatori in campo, ostinandosi a proporre schemi di altre discipline a lui congeniali, denigrando i colori societari, sostiene però che “… l’allenatore non si tocca!”. Sarebbe ora, perché il danno che ne deriverebbe avrebbe un effetto enormemente inferiore a quello che si sta facendo alla moltitudine di anime di chi in buona fede (??) o per autogiustificazione sta seguendo, imperturbabile e ammaliato, il pifferaio magico.

postato da:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/06/24/si-dio-e-grande-ma-la-foresta-e-la-sua-legge-lo-superano-proverbio-panteista/

segnalo, sulla stessa linea e con un riferimento a "Nostra Aetate":
https://www.aldomariavalli.it/2019/06/25/alterare-la-sana-dottrina-gli-scopi-di-un-progetto-perverso/





venerdì 24 maggio 2019

MONASTERI DI APERTURA




A San Benedetto Del Tronto, le monache del monastero delle Clarisse hanno pensato bene, per la prima volta nella storia del monachesimo, forse in omaggio al nome, lo stesso del loro fondatore, del comune che le ospita, ad esporre uno striscione, del tipo di quelli che si vedono nelle proteste di piazza o allo stadio. A seguito di questa esternazione Marco Albertini, segretario pastorale dell’Abbazia di San Benedetto Martire,  ha deciso di lasciare l’incarico rilasciando la seguente dichiarazione: «La Chiesa, nei suoi duemila anni di storia, non si è mai permessa di giudicare un esponente politico, ma ha giudicato i peccati e le ideologie nefaste (vedi nazismo, comunismo, ateismo, modernismo ecc.). Farlo in piena campagna elettorale poi, a una settimana dal voto, significa intromettersi in faccende che non sono di propria competenza e quindi scandalizzare il popolo di Dio. Ne dovranno quindi rispondere davanti a Cristo, giusto giudice».
La badessa, dal canto suo, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera nella quale smentisce ogni fine politico. «La frase era nient’altro che il Vangelo della domenica e l’abbiamo fatta nostra. Abbiamo parlato tra di noi e abbiamo deciso di renderla evidente al mondo perché, come dice sempre Matteo “quel che dico all’orecchio, predicatelo sui tetti». Poi ammette “siamo anche abbonate al Corriere della Sera”…
Le monache Clarisse sono monache di clausura che, come recita la Regola di Santa Chiara, hanno “scelto di abitare rinchiuse e di dedicarsi al Signore in povertà somma per potere con animo libero servire a Lui…”. Clausura vuol dire vivere appartate dal mondo perché la preghiera possa salire fino a Dio in modo diretto. Se la preghiera viene “finalizzata” e, in qualche misura, strumentalizzata dalle tensioni del mondo perde la sua purezza perché si mescola alle passioni umane, soprattutto a quelle politiche, rispetto alle quali il contenuto di verità è sempre condizionato dalla nostra storia individuale, dai nostri umori, dalla nostra, personale, intenzione. Dio sa quello che è buono per il mondo, occorre solo affidarsi a Lui, con la preghiera.
Ritengo che i monasteri svolgano il ruolo insostituibile di tenere sempre acceso, un po’ come il fuoco sacro delle Vestali, il legame tra la Terra e il Cielo, senza la cui forza di attrazione, soprattutto oggi, il mondo vagherebbe, perduto, nello spazio profondo e oscuro dei suoi idoli perversi. Lo esprime molto meglio il cardinale Sarah nel suo “Dio o niente”: «sono profondamente convinto che la Chiesa prosegua il suo cammino grazie all’intercessione, giorno e notte, dei contemplativi e delle contemplative. La Sposa di Cristo risplende della preghiera invisibile dei soldati che hanno agganciato la loro vita sulle volte del cielo».
Le monache di clausura dovrebbero applicare in modo integrale l’ammonimento di Giovanni «Viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo» (Gv 17, 14) limitando, per quanto possibile il loro “essere nel mondo”.
Ma oggi tutto è cambiato, anche la vita contemplativa. Molti monasteri si stanno adeguando alla esortazione apostolica Gaudete et Exsultate “Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione”.
In un’epoca in cui l’uomo vuole essere come Dio o al posto di Dio, pregare troppo non è salutistico, potrebbero sorgere problemi di postura, o di “stress lavoro correlato” che costringerebbero il sindacato delle monache, propugnato dall’altra esortazione “Cor Orans”, a richiedere all’Inail, per alcune di loro particolarmente zelanti, il riconoscimento della “malattia professionale”.
Si capisce allora perché queste monache si vantano di essere abbonate ad un prestigioso quotidiano nazionale, che non è, come sarebbe logico, “Avvenire” ma “Il Corriere della Sera”. Certo, di questi tempi, vista la deriva modernista del primo, meglio un quotidiano che mantiene salda la originaria fede nella “fratellanza universale”.
Nonostante le dichiarazioni sopra riportate, non voglio credere che questo manifesto, che espone, modificata, una frase tratta dal Vangelo, abbia una valenza “politica” proprio a ridosso delle elezioni previste per il 26 maggio. Mi sembra ovvio che “LO AVETE FATTO A ME” si riferisce a tutto quello che noi uomini facciamo, non come Gesù ci ha insegnato, “se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”, ma secondo i principi che noi stessi ci siamo dati, che, spesso, Lo offendono.
Forse volevano solo richiamare l’attenzione sui massacri di uomini di fede Cristiana in tutto il mondo, nel silenzio quasi totale della Chiesa ufficiale.
Forse volevano manifestare la loro afflizione per i circa sei milioni di bambini uccisi in Italia nei quaranta anni dall’approvazione della legge 194 e la loro riprovazione per le onoreficenze attribuite in Vaticano agli artefici di questo massacro.
Forse volevano gridare il loro dolore per le offese a Lui causate per la costante, giornaliera profanazione della Santissima Eucarestia in celebrazioni che, ormai, non hanno più nulla di cattolico.
Forse hanno voluto comunicare al mondo il loro disagio per un papa che non si inginocchia mai davanti al Santissimo ma, piuttosto, si prostra, baciandone le scarpe, a uomini politici di dubbia rettitudine.
Forse hanno voluto gridare la loro disperazione davanti a teologi di Santa Romana Chiesa che insegnano nei seminari: "c'è una componente erotica nell'eucarestia..."*:
    http://www.cittadellaeditrice.com/munera/nuova-teologia-eucaristica-1-corpo-pasto-e-eros-di-manuel-belli/
Forse desideravano solo intercettare l’attenzione, puntualmente arrivata, della parlamentare che ha fatto approvare la legge sulle unioni civili che stravolge la famiglia cristianamente intesa.
Forse hanno cercato di dare la loro solidarietà ai religiosi che non possono, perché sospesi a divinis dai loro superiori, celebrare e amministrare i Sacramenti solo per essere stati fedeli alla Dottrina della Chiesa Cattolica, quella scritta nel Catechismo.
Forse hanno voluto manifestare il loro diniego per l’offesa più grande fatta a Gesù, quella di aver cambiato l’ordine dei Comandamenti, mettendo al primo posto, anziché l’amore privilegiato verso Dio,  l’attenzione unica per i poveri, proprio la stessa attenzione esclusiva manifestata da Giuda: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!» Mc 14,4.
Certo che uno non se lo aspetta, da monache di clausura, ma come si fa’ a tenere chiuso, dentro le mura del monastero, l’eccezionale imbarazzo per i fatti che avvengono, quotidianamente, nella Chiesa. Solo un consiglio mi permetto di dare alla badessa di questo monastero; la prossima volta che citerà un brano del Vangelo, magari nel corso di una futura intervista al suo quotidiano preferito, lo citi per intero:
«Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.» Mt 10, 27-33.


* Di questi tempi viene spontaneo ricorrere ad attributi che fanno riferimento al principe delle tenebre, anche se occorre essere cauti solo a nominarlo… Ma come si fa a non definire “SATANICA”, nel senso di “derivante direttamente da lui”, questa sconcertante affermazione ? E come si fa a non capire che la ragione per cui nessun provvedimento viene preso, in questo come in tutti gli altri casi, è perché dall’alto c’è una totale CONNIVENZA e CONSENSO a perseguire l’intento devastatore ?

postato da:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/05/24/monasteri-di-apertura-claustrale-fobia-contagiosa/


vedere anche:
https://www.aldomariavalli.it/2019/05/25/nelleucaristia-ce-una-componente-erotica-parola-di-un-teologo-cattolico/
https://www.aldomariavalli.it/2019/04/09/ecco-come-e-perche-il-monachesimo-e-sotto-attacco/


p.s.  del 27 maggio 2019
Nelle elezioni del 1948 la Chiesa era schierata con un partito di ispirazione fortemente cattolica, che vinse le elezioni. Il pontefice Pio XII diceva che la scelta del voto era «con Cristo o contro Cristo».
Ora la Chiesa di Bergoglio, Spadaro, Parolin, Bassetti non solo appoggia, ma si immedesima, nella stessa ideologia nata e cresciuta per distruggerla al motto «con il mondo o contro il mondo» e perde, fragorosamente, le elezioni.
Se fossero coerenti (vedi l’omelia di Bergoglio del 23 maggio: “…il coraggio di lasciare. Anche noi abbiamo bisogno di riscoprire insieme la bellezza della rinuncia, anzitutto a noi stessi”) provassero a “scoprire insieme la bellezza della rinuncia” e lasciare in blocco per andare a rifondare un altro partito… o un’altra religione….


p. s. del 03.06.2019, sull'intervista "commovente" di Bergoglio a Televisa, in cui, tra l'altro, si rammarica di non poter uscire, la sera, a mangiare una pizza...
Giulio De Benedetti pubblica, nel marzo 1923, su “La Gazzetta Del Popolo” un’intervista ad Adolf Hitler:
“Quando parla gli tremano leggermente gli angoli delle labbra. Non mi pare un dittatore troppo pericoloso…”.
Non bisogna lasciarsi ingannare dal sentimentalismo che, tra l’altro, indurrebbe al facile intenerimento per chi, poverino, non è libero, la sera, di andare in pizzeria con gli amici. Certo uno si aspetta (..e ci si prega pure..) ben altre "intenzioni" da parte del capo della Chiesa. Sono parole che non hanno alcun legame con i fatti che tutti noi, quotidianamente, possiamo osservare. Se Gesù non avesse testimoniato le sue parole con la realtà tangibile della sua Passione la nostra Storia sarebbe tutta un’altra storia.







mercoledì 15 maggio 2019

TENDINE SATANICHE





Mentre quello del cardinale “elettricista”, che toglie impunemente i sigilli ai contatori di un condominio occupato abusivamente, è un atto criminale, dissimulato in un pietismo da collettivi maoisti, perché incita alla violenza anarchica, al disprezzo verso le regole, semplicemente perché il rispetto delle leggi è alla base della civiltà e della convivenza, la proposta delle tendine, da parte di una rappresentante di un partito di sinistra, a coprire le croci dei cimiteri, di cui si parla molto, è semplicemente non definibile. Se ci fosse un campionato mondiale delle imbecillità non potrebbe neanche essere ammessa per manifesta, inarrivabile superiorità, di cui sarebbe fin troppo semplice intravedere il suggeritore, della serie “ti piace vincere facile.. eeh..!!”.
A pensarci bene, visto che “anche dal letame nascono i fior”, come dice il quinto vangelo, oggi molto seguito, la proposta potrebbe contribuire a dare fiato all’affannosa economia di questo paese. Avanti con brevetti, design, industrializzazione e vendita di tendine motorizzate, ognuna mossa da un motore alimentato  da un pannellino fotovoltaico, ecologico, come richiede la dottrina della nuova religione, con tanto di antenna wifi. Così all’arrivo del carro funebre al cimitero, il computer di bordo, opportunamente programmato, invierebbe il segnale a tutte le tendine. In un attimo, simultaneamente, tutte le croci verrebbero incappucciate. Con una semplice applicazione, dal telefonino, ognuno, qualora “disturbato”, può attivare, allo stesso modo, l’oscuramento. Un’estensione di tale sistema si potrebbe applicare alle edicole così diffuse ai crocevia nelle nostre campagne. Al passaggio dell’auto verrebbero nascoste le immagini sacre, per non disturbare il conducente.
Anche sulle croci all’interno delle chiese potrà essere installato questo congegno, quando, come accadrà tra breve (ma, ahimé... hanno già cominciato a farlo) ospiteranno cerimonie ecumeniche con presenza di fedeli di altre religioni. Ma poi, dopotutto, il problema, per le chiese, non si porrà più perché, avendo la maggior parte dei loro custodi già cambiato religione, penseranno opportunamente a togliere del tutto questi simboli arcaici che sempre stanno lì a ricordare proprio l’accettazione della sofferenza all’uomo che vuole godere, trasgredire, "vivere".
In ogni caso il giro d’affari sarebbe di almeno qualche miliardo di euro, interessando decine di milioni di installazioni. Ma avrebbe poca durata, perché questo mondo è destinato ad implodere, come un buco nero, dentro la sua infinita scemenza.


Va detto poi che, nel tentativo di giustificare l’ingiustificabile, se ne sentono di tutti i colori. Un alto prelato sostiene che “Gesù avrebbe fatto lo stesso”. Ma quale vangelo leggono questi, la versione riveduta e corretta a quattro mani da Villa, Zapata, HoChiMinh, CheGuevara ? Gesù non ha mai scardinato cancellate, riattivato pozzi protetti, assaltato depositi di farina, anche perché, se solo ci avesse provato, la sua missione terrena sarebbe durata non più di tre giorni. Quando si presentava qualche problema pratico, come sfamare cinquemila persone sul lago di Tiberiade, faceva i miracoli. Ma tutti i miracoli di Gesù avevano un valore simbolico infinitamente superiore a quello pratico perché “non di solo pane vive l’uomo….”. Non come voi che vi intestardite furiosamente nella materia. Ma poi, Cardinale elettrico, volendo, anche lei avrebbe potuto farlo il miracolo. Se solo avesse chiesto il supporto del suo protettore, grande esperto di scintille e cose roventi, evitando pure il rischio, ahimé, di rimanerci fulminato (sic!).




sabato 20 aprile 2019

Ritorno a Matera



Ci sono ritornato dopo 40 anni. Allora avevano da poco traslocato le ultime famiglie nei nuovi palazzi, tutti uguali ma moderni e dotati di confort "inverosimili": l’acqua corrente, la luce elettrica, il riscaldamento centralizzato. Il geometra del comune, che ci accompagnava in visita ai Sassi, cugino di un amico che era con noi, originario di quelle parti, poco prima che venissero trasformati in meta turistica, ci diceva che, arrivati alle nuove abitazioni, avevano cominciato, opportunamente, ad utilizzare la vasca da bagno e il bidet per coltivarci le piante officinali e l'insalata.
Matera capitale della Cultura. Ma di quale cultura ? Quella paludata, intellettuale, ideologica, orizzontale, seducente della modernità o quella, ora sparita, antica, primordiale, verticale nel suo rapporto con il soprannaturale, pesante, come venti miglia al giorno a piedi sotto il sole cocente, sulla terra arida, polverosa, dove il patimento non era senza scopo, anzi, era un tutt’uno con la vita, che la modernità ha cancellato e della quale si è pure “vergognata”.
Matera non è più quella descritta da Carlo Levi nel suo bellissimo “Cristo si è fermato a Eboli” che mi aveva così conquistato: "... sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone... Le porte erano aperte per il caldo. Io guardavo passando e vedevo l'interno delle grotte, che non prendono altra luce e aria se non dalla porta. Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali..".  “in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.” “… qui non vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia.” 
Ma ora, si capiscono meglio queste parole. Qui non era davvero arrivato il Cristianesimo, quello intellettuale fatto proprio dalla Chiesa di oggi, positivista, che propugna un legame inscindibile tra la ragione e la storia, che si prostra a sottomettere il trascendente  all'immanente, dove l’anima individuale ha un senso solo in relazione con la società e la speranza non è la salvezza dell’anima bensì l’utopia del "mondo nuovo". Non è arrivato il Cristo che voleva il popolo ebraico e che vogliono pure oggi  ad imporre le nuove virtù teologali della rivoluzione. Occorreva guardare senza gli occhiali della “ideologia”, della erudizione comunque borghese, anche se mascherata dalla vicinanza intellettuale alle classi “deboli”. 
Ora alcuni di quei "buchi neri" sono diventati abitazioni eleganti e raffinate dove la grotta del mulo è riutilizzata come grottino per i vini pregiati, il tugurio delle caprette convertito in bagno superaccessoriato, il pavimento di terra battuta ricoperto da mattoni di cotto toscano, le pareti nude di pietra, annerita dal fumo, ripulite e stuccate, il buio illuminato da sofisticate luci  cangianti a led e poi, ovviamente, fognature, impianti avanzati, sistemi wifi per comunicare con il mondo, ventilazione di recupero del calore e dell’aria fresca.
Il luogo, che per millenni è stato dimora e famiglia di una umanità antica, mutato nel tempo per necessità dovute alle consuetudini, ai pensieri, alle speranze, agli affetti e perciò, inevitabilmente bellissimo perché non artificiale, funzionale perché al servizio di esigenze elementari, primarie, ora è trasformato in residenza di piacere al servizio di tutti i sensi dell’uomo nuovo.
Dove la materia, drammaticamente ma fatalmente, era in intima relazione con lo spirito ora è diventata padrona assoluta.
Come si viveva nelle nostre campagne ancora negli anni ’50 ? La contiguità con gli animali era sensoriale e fisica. Gli animali quali compagni di lavoro, calore, nutrimento, non “animali di compagnia” come quelli, pettinati e amorevolmente accuditi, che gironzolano tra i divani e i tappeti delle case piccolo borghesi dell’uomo del terzo millennio.
A proposito, a quest’uomo nuovo Cristo è arrivato ?
Ora non ci sono più gli abitanti, non c'è più la vita, anche se povera. E' un luogo spettrale ma tenuto vivace e proficuo da frotte di turisti, profumati e acculturati, che guardano sorpresi le case imbalsamate mormorando increduli: “ma sai che ci vivevano con gli animali ?”. 
Quello che mi ha colpito è il numero delle Chiese, rupestri, in pietra, piccole e grandi, sparse nell’abitato, alcune ancora distinguibili dalla croce che sovrasta il timpano. In questo luogo, solo apparentemente disadorno, è arrivato il Cristo della sofferenza immane, quello vero, non quello delle riprese dei film che qui hanno trovato il loro naturale scenario. E’ arrivato a dare dignità, a placare, a lenire e dare speranza alla vita, di cui Lui è l’unico senso, per il quale si possono anche accettare i pesi delle giornate implacabili, del caldo e del freddo, del lavoro e del raccolto non sempre fruttuosi, dove la rassegnazione non è sconfitta ma attesa, dove l’essenziale non è povertà ma accettazione, con la coscienza che il superfluo è effimero se paragonato alla ricompensa. E’ arrivato a redimere il peccato già mitigato dalla tribolazione.
Vi è arrivato, senza soluzione di continuità con le arcaiche credenze profane, il rapporto con Dio, Dio del Medioevo, al centro di ogni pensiero e azione dell’uomo, non l’uomo al centro di ogni pensiero e preoccupazione di Dio. E’ arrivato all’uomo che si sottomette, con umiltà, offrendo la propria sofferenza.
Ecco, se ci dimentichiamo questo, e lo abbiamo dimenticato, non capiamo nulla del valore di quelle vite apparentemente sprecate, non capiamo nulla del valore delle nostre vite apparentemente impegnate. Se dimentichiamo questo, calpestiamo barbaramente le nostre origini, che non possono essere affatto comprese da chi “viene dalla fine del mondo” e perciò si ostina a cancellarle.
Se vogliamo cominciare a risalire le pareti scoscese del baratro nel quale siamo caduti dobbiamo liberarci di tutti gli orpelli di questo umanesimo suicida, per imitare, almeno nello spirito, quelle vite,  solo profanamente inutili e riscoprire il rapporto esclusivo con Dio.





I luoghi dei bambini di una volta avevano molte cose in comune.
Le strade di mattoni, le salite di lunghi gradoni lastricati di ciottoli, le facciate non rifinite, le mura di grosse pietre squadrate dove spuntano le piantine dei capperi, i muraglioni rivestiti di licheni, i portoni dimessi e le finestre traballanti e poi il sole, spietato da maggio a settembre, a rivestire di luce dorata lo spazio delle nostre giornate di bambini, a dare alle cose un’aria irreale ma reale nella nostra percezione arcaica e incontaminata.






mercoledì 17 aprile 2019

L'incendio di Notre-Dame



Alcuni commenti all'incendio di NOTRE-DAME, da me pubblicati su:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/04/15/il-magnificat-di-paul-claudel-a-notre-dame/

Dall’omelia del vescovo di Roma della Domenica delle Palme: “Una forma sottile di trionfalismo è la mondanità spirituale, che è il maggior pericolo, la tentazione più perfida che minaccia la Chiesa (De Lubac)” e poi:
Ai piedi della croce, Maria ripensò alle parole con cui l’Angelo le aveva annunciato il suo Figlio: «Sarà grande […]; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32-33). Maria sul Golgota si trova di fronte alla smentita totale di quella promessa: suo Figlio agonizza su una croce come un malfattore. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre; entrambi hanno saputo tacere.

Se non ho capito male, facendo riferimento a quello che mi è stato sempre insegnato, le parole dell’Arcangelo Gabriele avrebbero un tono trionfalistico. Questo sarebbe possibile solo se il Figlio che veniva annunciato fosse solo un uomo. Quanti sovrani, condottieri, tiranni abbiamo visto cadere sotto le spietate rappresaglie della storia incuranti dei tracotanti trionfalismi con i quali si erano annunciati. Questo voler costantemente piegare il Mistero alle categorie del mondo e di, velatamente, soffermarsi sulla "esclusiva" natura umana di Gesù, come sta proponendo una parte della Chiesa di oggi, non è “mondanità spirituale e la tentazione più perfida che minaccia la chiesa"? Maria è l’unica che ha capito che quella infinita sofferenza (che non era solo sofferenza umana) non è la “smentita totale di quella promessa”.

Senza minimamente voler accennare ad un legame tra queste parole e l’incendio della cattedrale di Notre-Dame, come si fa a non considerare questo immane evento come una metafora dell’incendio che imperversa nella Chiesa ?



Il presidente francese dice che ricostruiranno Notre Dame “più bella e più attraente di pria…”. Che cosa riedificheranno, le mura, le vetrate, i pilastri, le volte, il contenitore. Ma del contenuto, a loro, atei, anticristiani, acattolici, pronipoti dei giacobini che già l’avevano distrutta portandone via per sempre il contenuto, quello vero, la bellezza, quella vera, di Nostra Signora, che cosa mai interessa ? Loro che da più di 250 anni ne hanno profanato la vera intenzione, verso la Signora che per la Francia ha avuto, in quegli stessi anni, una predilezione mirabile, rimpiazzando le Virtù Teologali con le tre “false” virtù rivoluzionarie. Lei, che ha una preferenza per le grotte maleodoranti, con una predilezione particolare per l’odore di pecora, non sa che farsene della loro “bellezza”.
Quale grande imbarazzo dover dichiarare al mondo la ricostruzione di quello in cui non credono ! Non sarebbe meglio spianare il luogo, ormai sconsacrato, e costruirci un grande, sfolgorante centro commerciale, alla maniera di quello lì vicino, progettato dallo stesso grande architetto, rinomato esperto di centri commerciali mimetizzati e allegorici, come quello realizzato da noi a San Giovanni Rotondo? Pensi, Sig. Presidente, quale grande avvenimento sarebbe l’inaugurazione, più prestigiosa di quella della Tour Eiffel, alla presenza di papa Bergoglio a consacrare il luogo ai simulacri dorati e abbaglianti di liberté, egalité, fraternité, ad aspergerli con pioggia di champagne d’annata e concedere a tutto il mondo lì presente la sua planetaria benedizione circolare ?



mercoledì 20 marzo 2019

IL CASTELLO CONQUISTATO




Il RE lo aveva lasciato al totale governo dei suoi feudatari, se ne sono succeduti molti negli ultimi anni. L’ultimo, Bogli I, l’uomo che volle farsi re, ha completamente riformato i protocolli, che ritiene siano delle carnevalate, la struttura di potere e le consuetudini millenarie della Contea. Così facendo ha dato libero sfogo a quanto covava da molto tempo. E’ stato facile conquistare il castello, senza combattere, a portoni spalancati e ponte levatoio abbassato. Tra gli ufficiali c’erano elementi del nemico, infiltrati da più di tre generazioni. Tutti gli altri graduati, che avevano giurato fedeltà fino al martirio, che avrebbero dovuto difendere le mura dagli assalti, hanno capitolato, irretiti dai piaceri mondani, plagiati dalla religione del nuovo paradiso terrestre per tutti,  dopo la definitiva profanazione dell'albero della vita.
Il nemico è entrato nel castello in veste di persone normali non riconoscibili che, a poco a poco, si sono sostituiti ai veri dignitari.
Alcuni dei passati feudatari se ne erano accorti e hanno tentato, invano, di porvi rimedio. Ma il nemico è stato avveduto. Nella consapevolezza che il castello, dotato di difese invalicabili, non può essere espugnato militarmente, ha adottato una tattica ambigua e seducente, si è infiltrato a poco a poco in modo subdolo e strisciante, come replicanti programmati a distruggere.
Negli ultimi tempi ogni immagine di glorificazione del Re e della sua famiglia è stata soppressa, sostituendola con pitture moderne incomprensibili e caotiche, la musica che accompagnava i momenti di festa ha ceduto il passo a ritmi ossessivi e soggioganti. Hanno tradito la fedeltà al loro unico Re per concedersi a lontani califfi.
Tutti i funzionari di corte hanno dismesso le loro livree per vestirsi come il popolo, irriconoscibili nella forma, ma anche, ahimè, nella sostanza. Molti, pur non convinti, se ne stanno buoni ad ubbidire anche se a malincuore, ma cercano di non darlo a vedere. Quei pochi che hanno tentato di opporsi sono stati disarmati e messi a tacere. Solo pochissimi continuano, nonostante la completa perdita delle funzioni, a parlare ma vengono detti pazzi, mentre si sta preparando per loro la destrutturazione mentale con tecniche molto sofisticate.
L'aria si è fatta sempre più cupa, persino il cielo è diventato pesante, quasi partecipe delle tenebre dell'anima.
Ora è sistematicamente ostacolata ogni individualità. Vietato appartarsi in solitudine a meditare, sul magistero del Re. Sarebbe considerato un atto di estremo egocentrismo. Un chip sotto pelle, molto evoluto, è in grado di avvertire il tempo passato in connessione con altri… chip e dedurre quello in solitudine. Riesce persino a distinguere la semplice vicinanza, dalla comunicazione. Viene premiata, di un fattore 10, la relazione con stranieri di feudi lontani, sudditi di altri governanti. Non è consentito scendere al di sotto di un "indice giornaliero di relazione" del 98% e, allora, la toilette personale diventa un problema… Nel caso in cui si scenda sotto tale livello si è subito costretti a recuperare, pena la detenzione incatenata, per un lungo periodo, a diretto contatto con la folla assiepata dell'anfiteatro, con il cartello "nemico della fratellanza". I centri di "recupero di relazione" più efficienti, in quanto attribuiscono moltiplicatori di permanenza, sono le latrine collettive, variante supertecnologica di quelle pompeiane.
Tutte le cerimonie ufficiali, che scandiscono la vita del castello, sono presenziate ormai da gente comune, per una totale parificazione degli incarichi perché, qui sta la sottigliezza perversa, tutto viene fatto passare come la sublime realizzazione dei principi di liberté, egalité, fraternité. Solo i super dignitari di corte, tutti grossi e grassi, pelle color rosa “peppa pig”, hanno compiti speciali. Sono selezionati in base al loro elevatissimo livello intellettivo, misurato mediante test quali risoluzione di rebus, sciarade, anagrammi. Ma l’aliquota di punteggio più alta è riservata alla competizione su chi riesce ad abbattere più tradizioni in un dato intervallo di tempo. Si ricorda un certo Gran Ravs, che detiene il record, che riuscì ad abbatterne venti in un giorno. Hanno il compito delicato e fondamentale di sorvegliare anche la minima deroga all’assenza di regole morali, che sono state del tutto abolite. Se l’indicatore di amoralità totale risulta inferiore al 99,9% possono subire condanne. La condanna più tremendamente insopportabile per loro è quella di stare, per più di due giorni, a digiuno da orge  plurisex e cocktail di super erbe OGM.
E’ bandita la speranza, il chip è in grado di avvertire momenti di speranza superiori a 10 sec, solo in questa versione, la prossima arriverà sotto al centesimo. Ci sono correzioni per i bambini che osano nominare “mamma” o “papà”. Visto che, a seguito di leggi emanate di recente, i bambini sono considerati di esclusiva proprietà dell’apparato al potere, vengono subito sottoposti ad un processo di destrutturazione soft, ovviamente, indolore, anzi, rallegrato da giochi suadenti e dolci succulenti. Se un bambino vuole dire “mamma ti voglio bene” deve dire “gen(X) ti voglio bene” oppure può provare a scriverlo, se lo sa fare, perché il chip installato sotto pelle riesce a percepire parole anche sussurrate, mentre non riesce ancora ad inquadrare la scrittura. Sono vietati i generi… le parole non devono finire per vocale, ad indicare il genere, come pure per i nomi e gli articoli. Maria e Mario diventano Mar, Anna diventa Ann e così via. Sono favoriti i nomi presi dal Latino, che possiede il genere neutro, come Signum, Saxum, Fatum, Ingenium…
Sono stati aboliti o riscritti tutti i testi della letteratura non politicamente corretti. Così “I Promessi Sposi” è diventato “I Promessi Conviventi”… Renzo è diventato Renz e Lucia Luc, Padre Cristoforo Gen Maometfor, la monaca di Monza, ovviamente, eliminata assieme al suo monastero, il povero don Abbondio, che recita il breviario, è diventato Fratel Abbond, con in mano l’ufficio delle letture degli scritti di Giordano Bruno e di Lutero, mentre i Brav lo minacciano di non provarci proprio a celebrare il matrimonio normale. L'unico che è riuscito a conservare il proprio nome è l'Innominato. La Divina Commedia è stata bandita, tutte le copie sono state bruciate. Parla di Inferno e Purgatorio e, raccapricciante, di amori tra donne e uomini, condanna la Sodomia e poi… esiste solo il Paradiso per tutti.
Proibito, perché non politicamente corretto, mettere al mondo i figli con metodi naturali !!! Quando una coppia o trio… (per il menage a quattro ci stanno lavorando) decide di avere un figlio, va in un centro super specialistico dove, con l’assistenza del tecnico genetico prenatale, ha la possibilità di scegliere tra infinite combinazioni, su più livelli. I livelli alti sono molto costosi ma è garantita comunque una base di partenza buona. Il supergenio costa molto caro. Solo il 10% dei geni dei genitori possono andare a comporre il codice genetico del nascituro. Ovviamente si può scegliere il sesso, per ora solo tra 120 opzioni possibili, ma i ricercatori della Reale Accademia per la Vita stanno alacremente studiando per arrivare al target di 1000 preferenze. Poi, automaticamente, la macchina, dopo il prelievo dalla banca sterminata dei semi, fa avvenire l’unione delle cellule e la crescita dell’organismo in incubatrice supertecnologica. I “genitori” hanno la possibilità di seguire in tempo reale, sul proprio smartphone, lo sviluppo, così se qualche cosa va storto e non risponde alle specifiche richieste, ad esempio gli occhi di una tonalità di verde non come quella del catalogo, possono recedere dal contratto ed autorizzare la eliminazione. Solo alcuni attributi non possono essere scelti in modo incondizionato, il colore della pelle, fissato per legge, a parte il rosa per i futuri dignitari, a 256 gradazioni di grigio e la parte, riconducibile all’origine genetica, dei caratteri della “arrendevolezza all’indottrinamento” e dell'“assoggettamento acritico” che, ovviamente, devono avere livello 100.
Ma qualcosa, come sempre, non va secondo quanto stabilito. Qualcuno è riuscito ad imparare la tecnica di speranza a intervalli e a comunicarla, per potersi gustare quanto riferito da un veggente a cui è apparsa la Regina. Non gli è sembrato vero di venire avvinto dalla bellezza infinita dopo tante sozzure. Lo ha riferito ai pochi fidati in una grotta segreta. La Regina, potentissima, sfolgorante, intrepida gli avrebbe confidato che il RE non interviene ancora perché vuole vedere quanti gli resteranno fedeli fino alla fine. Poi Lei stessa guiderà l’esercito liberatore che, come la visione ha mostrato, avrà un effetto sterminatore. Una lunghissima sciabola incandescente infilerà i fondoschiena dei dignitari e dei loro proseliti e, come impalati in uno spiedo gigantesco, li condurrà a velocità vertiginosa, tra urla terrificanti, dentro al grande vulcano, che comunica direttamente con l’inferno, quello vero. Tutte le strutture del castello costruite senza il consenso del RE verranno distrutte da tempeste di fuoco spaventose. La REGINA ha precisato che, quando questo accadrà, quelli che saranno rimasti fedeli saranno avvertiti in tempo e dovranno uscire da una porta secondaria senza mai voltarsi, pena la immediata pietrificazione.
POI LA PROMESSA CHE TUTTO TORNERÀ, FINALMENTE, SOTTO IL CONTROLLO DIRETTO DEL GRANDE RE.

Claudio Gazzoli










venerdì 8 marzo 2019

PROFANAZIONE, LETTERA A MONSIGNORE

Ospito la lettera che Miria, mia moglie, ha indirizzato al vescovo di Fermo mons. Rocco Pennacchio, per scongiurare l'evento previsto per domenica 10 marzo 2019 nella CHIESA DI PORTO SAN GIORGIO, di cui è titolare don Mario Lusek. Ovviamente condivido in pieno i contenuti della lettera, aggiungo solo come sia ormai chiaro che la "nuova chiesa" abbia bisogno di queste idiozie per il suo disegno  di screditare, quindi profanare, la chiesa come luogo sacro, tra pizze,  balletti, tango, dipinti e sculture omo, per sdoganare la religione della materia, in bilico tra Marx e Bakunin, dove c'è bisogno di un uomo mito non Dio, di una giustificazione "alta" alla lotta di classe, di questi figliocci e nipoti dello sciagurato '68. Ci sono sacerdoti, irretiti nella dissimulazione ideologica, che perdono il loro tempo, (che dovrebbero interamente dedicare alla salvezza delle anime) per  studiare, organizzare, creare simposi, nell'inclusione del peccato, di ogni peccato, con il solo scopo di conferire dignità alla depravazione, mascherata da buonismo intellettuale, nelle grazie della "signora libertà e signorina anarchia", anarchia dei sensi, della dottrina, dello spirito, della liturgia, della memoria,  magari trovando ispirazione da:
"..... Lingua infuocata Jamina - lupa di pelle scura - con la bocca spalancata -  morso di carne soda -  stella nera che brilla -  mi voglio divertire - nell'umido dolce - del miele del tuo alveare - Sorella mia Jamina - mi perdonerai - se non riuscirò ad essere porco - come i tuoi pensieri - Staccati Jamina - labbra di uva spina -  fatti guardare Jamina - getto di f**a  sazia - e la faccia del sudore -  sugo di sale di cosce - dove c'è pelo c'è amore - sultana delle troie... ". 
E' molto pericoloso lasciarsi ammaliare dalla melodia... E' molto pericoloso confondere l'ideologia con la religione.
 Se bisogna scendere a patti con il maligno per riportare la gente nelle chiese allora è meglio tenerle chiuse.

repetita iuvant: "Tutto ciò che è solido si scioglie nell'aria, tutto ciò che è sacro viene profanato e l'uomo è finalmente costretto ad affrontare i sensi sobri, le sue reali condizioni di vita e le relazioni con la sua specie" Karl Marx
decisamente in linea con quanto dichiarato dal vescovo di Roma a Scalfari:
"Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo"



Eccellenza Reverendissima,

scrivo con la speranza vana di fare una segnalazione, ma nella consapevolezza che con tutta probabilità Lei sia a conoscenza e approvi l’iniziativa di cui all’oggetto di cui allego anche il volantino. Ne sono venuta a conoscenza ieri, mercoledì delle Ceneri e ne sono rimasta sconvolta, amareggiata, arrabbiata e sofferente. Ormai le Chiese sono ridotte a sala mensa, sala ricreazione, sala concerto di ogni tipo. Gesù cacciò i mercanti dal tempio lanciando di certo un monito non solo contro il commercio nella Casa del Signore, ma di certo un richiamo al rispetto del luogo che è la casa del Signore. È davvero sconvolgente che proprio i pastori non abbiano a cuore la custodia della casa del Signore loro affidata e la profanino con iniziative di ogni genere (non mi si dica che non si tratta di profanazione visto che il termine significa annullare o compromettere il carattere sacro di qualcosa).

Far cantare in una Chiesa canzoni con affermazioni del tipo:

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia” o “..a montare l’asino c’è rimasto Dio, il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido” , mi sembra davvero  un affronto a Gesù che magari verrà lasciato tranquillamente custodito nel tabernacolo ad assistere allo spettacolo.

Agli occhi del mondo certo è più accattivante il Vangelo secondo De Andrè così come è di certo più semplice avere questo artista come modello piuttosto che percorrere la strada stretta che indica Gesù Cristo. Visto che attualmente la Chiesa non sembra considerare molto il richiamo di San Paolo “non conformatevi alla mentalità di questo mondo”, anzi sembra che, togliendo il “non” lo applichi spesso come una specie di comandamento, non devono di certo stupire iniziative di questo tipo. Ma grazie a Dio, qualcuno ancora si scandalizza e Le assicuro che non sono la sola. E visto il consiglio che Gesù dà a chi dà scandalo, spero che nasca almeno qualche riflessione da queste mie osservazioni e non le si archivi come frutto di atteggiamenti tradizionalisti o farisaici.

Di certo non mi aspetto grande considerazione, ma non potevo esimermi dallo scrivere perché in questo contesto, chi non parla è connivente. Mi ha colpito e di certo ispirato ciò che un monaco benedettino scrive al termine dell’introduzione ad un suo libro “...l’autore di queste pagine desidera che, quando tutti i finti ponti costruiti a basso costo e col cemento impoverito dalla mancanza di teologia e di pastorale, ma edificati sui pilastri della “politica”, crolleranno tra grandi nuvole di polvere – il ponte Morandi è triste monito –, nessuno possa annoverare, neppure lontanamente, il suo nome tra coloro che sapevano, vedevano, e hanno taciuto.

Anch’io non voglio essere annoverata tra quelli che sapevano, vedevano e hanno taciuto perché non almeno questo peccato me lo risparmio visto che credo fermamente che il Signore tornerà e che ci sarà il giorno del giudizio e che la Sua  misericordia  sarà immeritata, ma non immotivata e non sarà diversa da quella descritta proprio nei vangeli che ha sempre avuto come presupposto il pentimento che invece troppo spesso ormai  si omette di ricordare come necessario. La liturgia ci ha ricordato appena ieri l’invito di Gesù “Convertitevi e credete al Vangelo”, ma non credo intendesse il "vangelo secondo De Andrè". Ma se in questo tempo di Quaresima si vuole proprio proporre questo esempio di vita intriso di ricerca e di dubbio anziché le vite luminose di chi ha incontrato Gesù e incarnato il Vangelo, almeno si abbia la decenza di farlo fuori dalle chiese.

Allora a Lei non posso non rivolgere una supplica accorata: non lasci trasformare le chiese in luoghi che non si distinguono più da qualsiasi altro, non le lasci profanare, lasci che rimangano luoghi di preghiera, luoghi di incontro con il Signore e non luoghi di incontro di qualsiasi tipo.

Con poca speranza e immensa amarezza

Miria Ciucci



venerdì 1 marzo 2019

PROFANAZIONE




il cardinale Bergoglio distribuisce l'Eucarestia




«… con il proponimento di cambiare vita si compie il movimento del pentimento. Non basta il sentimento, per quanto intenso. L’autenticità del pentimento si rende visibile nel cambiamento della vita, nella conversio morum, direbbe S. Benedetto. E’ di questo pentimento che si fa forma di vita, non semplicemente atto puntuale e isolato, che abbiamo soprattutto bisogno. Ne ha bisogno la Chiesa in questa fase difficile e decadente della sua esistenza, costellata da scandali e inadempienze, confusione e corruzione, segnata da abbandoni, distorsioni della vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori. La triste realtà non solo della pedofilia, ma anche e soprattutto della penetrazione dell’omosessualismo clericale diventato idea o ideologia da difendere e promuovere, gli attentati all’unicità del matrimonio indissolubile da parte di teologi e vescovi, l’assuefazione al fenomeno dell’aborto, sono la punta di iceberg di una malattia vasta che ha aggredito la Chiesa e da cui non si può guarire senza pentimento. La riforma ecclesiale, anche la riforma voluta dal Vaticano II, ha bisogno dell’umiltà del pentimento e della conversione come i santi hanno sempre insegnato con la loro vita. Senza pentimento non c’è neppure misericordia, perché quest’ultima comincia a manifestarsi proprio nel pentimento. Senza proposito di conversione, senza cambiamento reale di vita, senza la “fatica dell’obbedienza” alla volontà di Dio, la misericordia è una parola vuota. La prima parola che Gesù pronuncia all’inizio della sua missione pubblica è: “Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino” (Mt 4,17). E durante la sua predicazione ammonisce: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,3.5). Abbiamo sentito spesso l’annuncio della misericordia, in questi ultimi anni. Abbiamo bisogno che ci venga ricordato ora, con altrettanta forza, il pressante invito a pentirsi, chiamando per nome il peccato e i peccati, per evitare la pena che meritiamo e per approdare a un po’ più di amore. Perché “guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is 5,20). Il peggior peccato è il non chiamare più il peccato per nome, rendendo vana e impotente la grazia».
Dalla rivista LA SCALA n. 4/2018 dei monaci benedettini di Noci, editoriale “Dalla misericordia al pentimento”.

Per fortuna, tra i religiosi, c’è qualcuno che parla chiaro, con il coraggio della Fede. Ma c’è dell’altro. La misericordia senza pentimento, nei confronti di un peccato dai contorni sempre più confusi, è abusare del rapporto con Dio, renderlo confidenziale e quindi PROFANO. Serve a preparare il terreno verso la PROFANAZIONE della sessualità, della famiglia, del rapporto esclusivo con Dio.
Per praticare il pentimento, che presuppone la richiesta di perdono, occorre accantonare la centralità dell’uomo che si è fatto dio e riportare Dio al centro. Occorre ricominciare a parlare di morale individuale visto che la nuova Chiesa, come dimostra anche l’ultimo summit in Vaticano, NON PARLA PIÙ DEL PECCATO PER NON OFFENDERE I PECCATORI.  Ora siamo invece alla “industrializzazione” della Dottrina, per renderla compatibile, materializzandola, con il mondo digitale e, perciò, illusorio della modernità. Ma la modernità contiene anche il modernismo, in un connubio ormai imprescindibile che è frantumazione del pensiero, dissoluzione della realtà e sua successiva ricomposizione, proprio come avviene nei circuiti elettronici digitali di uno smartphone. Solo che in questo processo tutto vi può essere introdotto. Il mondo digitale non è più il mondo reale. La religione digitalizzata e poi liquefatta della nuova chiesa non è più la Religione. Tutto può essere accettato. Pollock che spruzza la tela, con pennelli imbevuti di vernice, crea un’opera d’arte modernista, frantuma il pensiero e lo ricompone in modo casuale, separa la materia dalla ragione, che è parte dello spirito. Tutto diventa possibile, come tutto è possibile nelle moderne liturgie. Solo che non si sta imbrattando una tela ma si PROFANA il nostro rapporto con Dio. La separazione, anzi la sottomissione dello spirito alla materia è PROFANAZIONE. E’ un ribaltamento della nostra storia. Per mangiare il pane occorre prima farlo, con amore, come si faceva una volta, avendo cura degli ingredienti, il lievito madre, il grano, la farina, la legna per la cottura. Il pane che noi mangiamo, quello fatto in casa, ha un contenuto enorme di pensieri, gesti, preoccupazioni, in una parola di spirito, che viene prima della materia altrimenti non ci sarebbe il pane. La perdita del legame tra materia e tradizione è PROFANAZIONE della nostra cultura. La perdita del rapporto tra la nostra vita, la Dottrina e la storia è PROFANAZIONE della Religione.
Questi monaci benedettini sono ottimisti, come è giusto che sia, parlano di “distorsioni della vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori…”. Ma dove sono i Vescovi che dovrebbero difendere la Vera Dottrina, occuparsi della salvezza dell'anima individuale, e che invece per calcolo, per paura, per adesione ideologica o, semplicemente perché non ci credono..., chiudono gli occhi e gli orecchi davanti alla sistematica, quotidiana PROFANAZIONE del rapporto formale ed essenziale con Dio, con l’alibi ipocrita, quando va bene, di “difendere la pastorale”. Ma  quale pastorale, quella della evangelizzazione con le canzoni di un festival satanico o della trasgressione della morale personale, della consacrazione delle coppie omo, dell’uso sistematico di categorie plurali che appartengono alla sfera della politica e non della religione. I Vescovi che sospendono a divinis sacerdoti che difendono la Vera Dottrina e poi corrono ad abbracciare quelli “sposati” con partner dello stesso sesso, che orchestrano balli e danze oscene in chiesa, che organizzano il “black friday” della confessione, trasformandola in  merce da baratto, che organizzano la catechesi della famiglia dove non si parla mai della Sacra Famiglia, dove però ti dicono che al centro del matrimonio c’è il talamo, quello di Ulisse e Penelope, che si occupano, molti di loro, unicamente, delle pecore invadenti dei mandriani confinanti e non delle proprie, che traghettano una moltitudine di fedeli inconsapevoli verso la nuova religione della materia, perciò del nulla, trasformando la Rivelazione in un programma PROFANO. Ma se non intervengono sono conniventi! Dovrebbero pentirsi in massa, praticando la conversio morum, per sperare nella misericordia, visto che stanno peccando contro lo Spirito, chiedendo perdono non a Maometto, Lutero, Savonarola, Galileo o Giordano Bruno, ma a Colui che hanno sommamente offeso, per il ruolo che occupano! Non è neanche pericoloso, vista la distanza infinita tra l’emarginazione e il martirio.
Tra chiese trasformate in refettorio, e rappresentazioni lascive davanti all’altare, può sembrare una piccola PROFANAZIONE, quella dei saluti finali del sacerdote, al termine della messa, alla quale ha già fatto cenno, opportunamente, Aldo Maria Valli (https://www.aldomariavalli.it/2019/01/30/sia-lodato-gesu-cristo-limportanza-di-un-saluto-dimenticato/),  ma è significativa dell’aria che si respira. Le messe meno protestanti a cui riesco a partecipare dalle mie parti, terminano con “buona sera o buona domenica…”, ma più spesso con il più trendy “buona serata”, come quello, ormai scontato e obbligato, della cassiera del supermarket. “Buona serata” è l’evoluzione antropologica di “buona sera”, esprime qualcosa di più allargato, valori nuovi, trasgressioni, serate al lume di candela… non più la “sera” immagine mistica di Foscolo o l’atmosfera pacata e devota dell’Angelus di Millet, ma la “serata” intrigante e velatamente trasgressiva dell’appagamento dei sensi. Ma dopo la Benedizione e la pace che cosa aggiungere ? Non ci basta uscire dalla Chiesa con la Benedizione che viene da Dio, vogliamo PROFANARLA con la nostra benedizione.
Ma la madre di tutte le PROFANAZIONI è sistematicamente consumata nei confronti dell’Eucarestia, la più grande eredità che Gesù ha lasciato alla Chiesa. Tale profanazione ha origini lontane, con una forte accelerazione negli ultimi sei anni. L’allentamento della dottrina a favore della “confidenza con Dio”, la smania della protestantizzazione, ha portato alla situazione attuale. Ma visto che POTREBBE ESSERE VERO IL CONTRARIO, è necessaria una svolta, che poi è un ritorno, accettando, con umiltà di avere sbagliato. Il recupero del senso del sacro è il primo passo della riconciliazione con Dio, da parte della Chiesa. In media, in una messa della durata di 45 minuti, sono 30 i minuti dedicati alla liturgia della parola, 2 minuti riservati alla consacrazione, 3 minuti, quando va bene, allo scambio della pace, diventato ormai occasione di saluti, riverenze, salamelecchi, complimenti, convenevoli, arrivederci,  aah, ci sei pure tu? poi ci vediamo stasera in pizzeria, come sta tua cugina?, a quando la lieta novella?, è tanto che non ci vediamo… fatti sentire”, 2 minuti alla distribuzione dell’Eucarestia, rigorosamente sulla mano, come i dolcetti di carnevale ai bambini mascherati, con il supporto, ormai ordinario, del ministro o dei ministri straordinari dell’Eucarestia, 1 minuto alla recita del Padre Nostro da parte di tutti i “celebranti” imitanti il presidente dell’assemblea,  3 minuti alle comunicazioni “di rito” che precedono la benedizione finale, i 4 minuti restanti alle parti che non ho nominato, come il trasporto della pisside dal “recondito” tabernacolo, sempre da parte del ministro straordinario. In merito alla distribuzione dell’Eucarestia, si può annotare che invece di 2 minuti, con l'assistenza del ministro promosso "ordinario", il sacerdote, da solo, ne impiegherebbe 4, magari togliendoli all'omelia. Sarebbe un affronto alla nuova liturgia dell'uomo protagonista ?  Commuove, nel libro "Il curato d'Ars" di Francois Trochu, un episodio del 1807, quando il cardinale Fesh, dopo gli anni cruenti della rivoluzione, presenzia la messa nella cattedrale di Lione: "... il modo curioso e pratico con cui il cardinale Fesh amministrava l'Eucarestia e la confermazione merita di essere citato. Aveva fatto confezionare un vaso di forma allungata, d'argento dorato, che poteva contenere più di tremila particole. Con questo riempiva la pisside, con cui percorreva la chiesa...". Non aveva bisogno di ministri straordinari.
Quando un edificio è pericolante, nonostante la base rocciosa su cui è poggiato, occorre cominciare il risanamento dalla fondazione. Ribadendo il legame profondo tra il sacramento della confessione e la comunione, senza Scomodare San Tommaso d'Aquino ed entrare in questioni teologico/dottrinali di cui non sono competente, voglio riassumere, nei punti che seguono, una proposta, minima, sufficientemente condivisa, di ritorno al Sacro, scontata, con il rischio di apparire ovvia:
1. rimettere il tabernacolo al centro della celebrazione, davanti al sacerdote celebrante;
2. abolire la figura del ministro straordinario dell'Eucarestia e concedere solo al sacerdote di toccare con le mani le particole;
3. permettere ai fedeli di ricevere la particola in ginocchio posizionando un inginocchiatoio tale da accogliere più persone;
4. dare la particola direttamente sulla lingua, non permettendo di darla sulla mano.


pubblicato da:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/02/27/profanazione-avvilire-se-stessi/