
FRAGMENTA di Claudio Gazzoli ------- «….Di fronte a tanta vergogna un solo rimedio penso ci possa essere, che i capaci e gli onesti scendano alla tutela dello Stato e delle sue leggi» Cicerone, processo contro Verre. -------- Stiamo svendendo il nostro paese alle potenze del male, alleate di traditori maldestri e tracotanti, in una utopia senza Dio, sotto il patrocinio del principe delle tenebre. Possiamo fare da soli, in un nuovo Rinascimento, con DIO AL CENTRO.
lunedì 30 novembre 2020
CUPE ANALOGIE
domenica 15 novembre 2020
OLTRE LA DECADENZA
Una chiesa
provvisoria, in una piccola contrada di campagna, una specie di capannone a
forma di croce greca al posto della chiesa in restauro. Sono qui perché un
prete “normale”, forse l’unico della mia diocesi, celebrerà la messa. Una decina di persone in attesa sulle poltroncine imbottite
da aula di formazione, che conversano amabilmente di raccolto, della pioggia
che non viene mai, de “lu porcu da scannà”.
Di solito mi
vado a cercare un posto dove arrivi poco la luce accecante dei riflettori, in
questo caso sostituiti da illuminatori industriali, del tipo di quelli che si
usano nei supermercati. Lo avevo trovato in fondo, dove
comunque c’era una luce con cui, se non mi turbassero la prima e l’ultima
pagina del foglietto, avrei potuto
tranquillamente leggerlo. Il sacerdote, vedendo occupare anche quella zona
della chiesa, forse per un atto di cortesia, come quando si riceve un ospite a
casa, ordina alla assistente di turno di accendere la luce. In un baleno uno
sfolgorio, come fari abbaglianti, ci colpisce e ci espone sul palcoscenico dell’assemblea nella quale vorremmo, invece,
sentirci nulla davanti a Dio. Avevo l’interruttore vicino ed è stato un gesto quasi
automatico spegnerlo e cercare, finalmente, un po’ di raccoglimento. Solo che, iniziata
la lettura del Vangelo, il prete, bruscamente si interrompe e, richiamato da
qualcosa evidentemente più importante, punta il dito verso di noi e fa: “ma
state al buio, accendete quella luce….”. Avrei voluto dirgli, ma non l’ho
fatto, per rispetto dell’atto liturgico, che non era necessario perché non eravamo lì per un ricevimento, ma per
una Luce che nessun faro artificiale può rimpiazzare, che neanche il sole può sovrastare.
Questo
episodio, solo apparentemente banale, perché rappresentativo di un disegno già realizzato, mi ha fatto venire in mente la più struggente,
ma anche profetica, poesia del mio conterraneo, Leopardi. Un po’ sprovveduto,
pensando di trovare “la luna” nel girovagare alla mercé di amici scriteriati e opportunisti,
dopo aver rinunciato alla sua terra bellissima ma arcaica, luminosa ma “oscurantista”,
si ritrova su un casolare alle pendici del Vesuvio, malato ma ispirato. Qui, componendo
il suo testamento poetico, “La Ginestra”, la fa precedere da una perifrasi che non
ci si aspetta: «E gli uomini
vollero piuttosto le tenebre che la luce»
(Giovanni, III, 19). Si potrebbe pensare, ad una prima affrettata valutazione,
che il poeta si fosse convertito, sentendo approssimarsi la fine. Solo che,
invece, molto astutamente e in senso anticristiano, ribaltava il
significato della “LUCE” con quello che noi intendiamo per “TENEBRE”: “gli
uomini vogliono LE TENEBRE della superstizione religiosa piuttosto
che la LUCE della presa di coscienza della verità”. È profonda ed
incolmabile la sua delusione nei confronti degli intellettuali del suo tempo,
che avevano “snaturato” i principi dell’illuminismo per orientarli verso “le
magnifiche sorti e progressive” invece di avvalersi della consapevolezza del
proprio stato per realizzare la “social catena” (fratellanza ?) tra tutti gli
uomini.
“La Ginestra”,
per il suo appello senza speranza, per il suo richiamo malinconico ad un passato
perduto, per la sua consapevole incongruenza, può essere considerata un inno
sconsolato alla DECADENZA. La perifrasi,
tratta dal Vangelo di Giovanni, scaltramente capovolta, è coerente con la rappresentazione
di una decadenza alla quale, pur inconciliabile con il nostro credo, si può
concedere l’onore delle armi, anzi una decadenza nobile e ineluttabile insieme,
perché rivela la fedeltà ai valori della tradizione, come nel colloquio, amaro
e disilluso, del Principe di Salina con il messo piemontese, nel Gattopardo.
Ora, invece,
si respira un’aria di disfacimento, come uno stagno di alghe e rane in
decomposizione, un tanfo insopportabile con il quale hanno ricalibrato le
cellule olfattive della gran parte della popolazione. La decadenza ha i toni
tenui, come i colori dell’autunno, che avverte della fine della buona stagione,
come quelli del crepuscolo che anticipa la notte. Nella decadenza c’è una
speranza, la speranza del giorno nuovo, la speranza di una nuova età dell’oro.
Nel disfacimento c’è il NIENTE.
Mi è capitato
di leggere, per un caso fortuito, perché non me lo vado a cercare,
un brano della lettera di auguri ai “Fratelli Indù” da parte del segretario
della CEI: «la
“vostra festa”… simboleggia la vittoria della luce sulle
tenebre, della verità sulla menzogna, della vita sulla morte..». Bene, ma
la CEI, portavoce dei vescovi italiani e, quindi, della chiesa, non dovrebbe
ribadire, costantemente, con forza, quello che Gesù ha detto «Io sono la
via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» ? Pertanto,
la VITTORIA DELLA LUCE SULLE TENEBRE non spetta solo a Gesù ?.
Siamo tenuti
ad applicare la logica ferrea del «SI - SI, NO - NO», la logica inconfutabile della proprietà
transitiva: se A la pensa come B e B la pensa come C allora A la pensa
come C.
Se “Avvenire”
che è il portavoce della CEI e quindi della chiesa sostiene fortemente lo
sdoganamento del peccato di sodomia e della omosessualità allora vuol dire che
i vescovi italiani e la chiesa pensano che la sodomia vada sdoganata e la
omosessualità accettata.
Se i vescovi
statunitensi appoggiano manifestamente e fervidamente il candidato ultra-abortista
e delegittimatore della famiglia allora vuol dire che la chiesa, ovviamente
quella visibile, è a favore dell’aborto, delle famiglie omo e della pratica scellerata
dell’utero in affitto. Se la maggioranza dei religiosi italiani dà il proprio “consenso
elettorale” ad un partito che propone la pillola abortiva, le unioni civili delle
coppie anormali, la diffusione della pazzesca “teoria gender” nelle scuole, allora
vuol dire che la chiesa è favorevole alla pillola abortiva, alle famiglie anormali,
alla “teoria gender”.
Se si
dichiara che è “PAROLA DI DIO” allora deve essere letta e pronunciata così come
è scritta. Questo vale, ad esempio, per il termine greco originale “eisénkēs”,
tradotto sapientemente e correttamente da San Girolamo con “inducas” e poi,
in volgare, con “indurre”. La nuova traduzione, che ci stanno imponendo,
per motivi di metamorfosi ideologica, di perversa esegesi storicistica, di buonismo strumentale
al nuovo corso è pura mistificazione diabolica.
Ora la chiesa
visibile ha di nuovo ribaltato la sublime affermazione di Giovanni, perché sono
ATEI, credono solo alla luce della loro ragione e dei loro istinti, o alle “ragioni” che il
pensiero corrente vuole imporre al mondo intero. Credono solo al loro infido suggeritore. Il risultato non è la
DECADENZA ma il DISFACIMENTO.
La nuova
chiesa si inchina ai poteri forti del mondo, come, nella poesia, le ginestre sulle pendici del Vesuvio, si piegano al vento infuocato eruttato dalla bocca
del vulcano, direttamente comunicante con i recessi sconfinati dell’averno.
avevo già pubblicato:
https://blogclaudiogazzoli.blogspot.com/2020/01/la-vera-luce-le-vere-tenebre.html
https://blogclaudiogazzoli.blogspot.com/2018/11/cambiato-anche-il-padre-nostro.html
“Credo che il matrimonio omosessuale debba essere riconosciuto come un sacramento perché ciò che costituisce il sacramento del matrimonio è ciò che questo particolare legame umano ha in comune con la vita della Trinità e la vita della Trinità non ha nulla a che fare con la complementarietà di genere o sessuale e niente a che fare con avere figli”.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2020/11/suor-teresa-forcades-e-la-nuova.html
lunedì 2 novembre 2020
IL BENE DELLA CHIESA
«Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» Mt 8,33
Scorrendo le “res
gestae” pubblicate dal vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole, si osserva
che sono circa trenta le chiese riaperte
al culto dopo il terremoto del 2016 e, pertanto, si capiscono meglio alcune cause della “richiesta di dimissioni” pervenuta dal sultano di Santa Marta, prontamente
accolta, sottoscritta, inoltrata e, poi ovviamente, accettata il 29 ottobre scorso.
Eppure non si può dire
che mons. D’Ercole non fosse della linea di Bergoglio, con l’accoglienza interessata dei
pagani, l'inclusione dei depravati e i cenoni di fine anno nelle chiese. Ma non lo è stato fino in fondo. Durante il
primo lockdown aveva dichiarato:
«… bisogna dire che il diritto al Culto ce lo
diate, se non ce lo date ce lo prendiamo, e se ce lo prendiamo è solo un nostro
diritto…È una dittatura quella che impedisce il culto…abbiamo bisogno tutti di
spazi di libertà..».
Parole forti, le
parole che i fedeli dovrebbero aspettarsi da tutti i vescovi, non solo da uno
su 200, che devono essere andate di traverso al sultano, anche per i rapporti
di buon vicinato e di pacata, codarda sottomissione con il sultanato confinante. Ma poi
ai buoni propositi non ha fatto seguito l’azione. Così il pastore, ancora una
volta, ha abbandonato le sue pecore, per arrendevolezza e imbarazzante senso
del dovere. Non come vuole l’apostolo Giacomo: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le
opere?”.
Nella lettera che
spiega le proprie dimissioni il vescovo richiama le parole che Benedetto XVI
pronunciò il giorno prima di abbandonare il proprio pontificato: «Amare la Chiesa significa anche avere il
coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi».
Ma, anche alla luce dello sfacelo avvenuto in questi sette anni, ultimo atto di
una demolizione preparata da molto tempo, è lecito chiedersi che cosa vuol dire
BENE DELLA CHIESA.
Il bene della Chiesa è
la totale rinuncia alla missione che Gesù le ha affidato ?: «Andate dunque e ammaestrate tutte le
nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» Mt 28:19-20.
Il bene della Chiesa è
il dissolvimento del proprio unico Mandato nella palude menzognera delle altre religioni ?
Il bene della Chiesa è
il totale asservimento della propria Santa Dottrina alle imposizioni dell’ideologia
dominante ?
Il bene della Chiesa è
la totale rinuncia alla propria tradizione, agli scritti dei Dottori, agli
esempi dei Santi per adottare i metodi, le concezioni, le utopie della politica
?
Il bene della Chiesa è
lo sciagurato oltraggio al primo comandamento, che tanti guai provocherà al
popolo di Dio, consumato turpemente nella idolatria più triviale, dentro alle
mura Vaticane e persino sulla tomba dell’apostolo fondatore ?
Il bene della Chiesa è
la sistematica alterazione della Parola di Dio, tramandata da secoli di vigilanza
dello Spirito Santo, per farne manifesti rivoluzionari gridati impunemente dai
pulpiti ?
Il bene della Chiesa è
l’accettazione, strumentale e blasfema, del peccato impuro contro natura ?
Il bene della Chiesa è spalleggiare movimenti rivoluzionari armati ?
Il bene della Chiesa è delegittimare la famiglia naturale a favore di sodalizi che scandalizzano persino il diavolo ?
Il bene della Chiesa è
la sistematica profanazione, ora anche igienista e cautelativa, del dono più
prezioso, la Santa Eucarestia ?
Il bene della Chiesa è
la progressiva, persistente deriva verso il protestantesimo o una qualche sua riproposizione massonico-mondialista ?
Il BENE DELLA CHIESA è la totale, suprema adesione al progetto di Gesù Cristo.
Chi ha veramente a cuore il BENE DELLA CHIESA combatte fino al martirio come Sant’Emidio, patrono della città, il primo vescovo su quella stessa cattedra di Ascoli Piceno, che, sotto Diocleziano, ignorò completamente l’ordine del prefetto di non predicare la buona novella, prodigandosi nella conversione di un gran numero di pagani e, per questo, subendo il martirio per decapitazione.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano - diocesi di Fermo, contigua alla diocesi di Ascoli Piceno.
gli avevo già dedicato un commento:
https://blogclaudiogazzoli.blogspot.com/2019/01/sacro-e-profano-2-cenone-in-chiesa.html
sabato 24 ottobre 2020
UNA MACINA GIRATA DA ASINO
«Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» Mt 18,6
La seguente dichiarazione di
Bergoglio che sta facendo il giro del mondo: “Quella che dobbiamo creare è una
legge sulle unioni civili”,
non è che la logica conseguenza di un percorso di sdoganamento della omosessualità
originato dal proposito di realizzare il programma “mondialista”, unito alla frenesia
diabolica di autogiustificazione di una parte consistente della gerarchia, a cominciare dai
livelli più bassi. Credo sia la prima volta nella storia della Chiesa che
viene contraddetto, da parte della sua carica più alta, uno dei suoi principi
fondanti.
La situazione è oltremodo paradossale.
Abbiamo il direttore generale di una grossa squadra di calcio che fa il tifo, esplicitamente,
impudentemente, svergognatamente per altre squadre avversarie, di cui incontra
le tifoserie, istigandole contro la società di cui lui dovrebbe difendere, fino
al sacrificio ultimo di sé, l’onore. Si rifiuta di portare i colori sociali, di
rievocarne la storia, che sta sistematicamente demolendo, le vittorie, si scaglia contro l'opportunità di estendere
la tifoseria, si dedica a pratiche che nulla hanno a che vedere con la storia
della società, con i suoi riti, la sua etichetta. E nessuno dei dirigenti,
quadri, allenatori, giocatori ha da obiettare nulla, tranne qualche caso
sporadico, opportunamente emarginato. Anzi, compatti, inneggiano al grande
direttore, sempre sconvenientemente sorridente, ammaliati dalle sue ossessioni,
le sue alienazioni, le sue panzane, le sue utopie. Pure la gran parte della
tifoseria ha iniziato a seguire queste
nuove mode, scambiandosi le magliette, abbracciando i tifosi avversari, quando
la squadra del “cuore” soccombe, persino intonando i loro canti. Tutti "fuori di testa" !
La responsabilità religiosa dei vertici della Chiesa è
immensa, ma non bisogna trascurare la
SCONFINATA RESPONSABILITÀ
MORALE nei confronti della nostra civiltà, per la confusione generata, per le conseguenze dirette e indirette, verso le famiglie, i bambini, gli adolescenti, i giovani, che dovrebbero trovare negli insegnamenti della
Chiesa la risposta granitica alle loro insicurezze, avere un porto sicuro dove
approdare, per scampare dalla tempesta impetuosa che la modernità,
quotidianamente, gli scatena.
Si leghino tutti una corda al collo, con all’altro capo una grande macina di mulino e
si buttino in mare, magari direttamente dentro a uno dei vulcani sommersi
lungo la rotta tracciata dalle navi dei loro amici trafficanti di uomini, facendosi
dare un passaggio in uno dei tanti viaggi a vuoto verso sud.
Claudio Gazzoli
- Monterubbiano
sabato 17 ottobre 2020
UNO SCISMA NON DICHIARATO
Il sacerdote che arriva con indosso la mascherina in una
chiesa con circa 10 presenti, più i religiosi nel coro, che la indossano proprio
quando arriva il sacerdote, a circa un decina di metri di distanza dall’altare.
Un grande crocefisso ligneo, addolorato e bellissimo, che sovrasta l’altare con
il capo ripiegato nello spasimo, fino quasi a sfiorare il capo del sacerdote, al
culmine più tragico e doloroso della passione, l’officiante che dovrebbe, ma il condizionale
è d’obbligo, celebrare la riproposizione incruenta del sacrificio della croce,
con indosso la mascherina per tutta la durata della messa, compreso il tempo
centrale della consacrazione, partecipando, in tal modo, con la paura di un
virus influenzale, al dolore immenso, sconfinato, al supplizio immane per le centinaia
di percosse inflitte a Gesù. Quale rischio può essere anche lontanamente
paragonabile a quella immensa sofferenza dello spirito e del corpo ? Quale
accostamento può reggere tra la probabilità, molto bassa in quelle condizioni,
di prendersi un’influenza che, in alcuni casi, può essere letale, e la certezza
della passione. Quale biasimo, punizione, può essere paragonabile a tale
umiliazione ? Il richiamo del vescovo ? La delazione di qualche pio protestante
? Quale devota vicinanza vi può essere
se non c’è la benché minima partecipazione ?
Si tratta, a tutti gli effetti, per le maschere,
l’allestimento, l’apparato, di una blasfema mascherata. La banalizzazione della
Liturgia, la delegittimazione della scala gerarchica nel rapporto con il
Signore, la riduzione della messa ad una seduta di formazione aziendale.
È l’ultimo atto della separazione, dal corpo della
Chiesa, dalla sua Dottrina, dalla Tradizione, di un gruppo di potere, che ha
trascinato con sé, avendolo preparato da tempo, la grande maggioranza del
popolo cattolico. Uno scisma non dichiarato, ma altrettanto efficace,
cominciato proprio con la sostituzione della vera Messa con la messa post-protestante.
Nella vera Messa questa mascherata non sarebbe possibile, per la sua
incorruttibilità, il suo rigore formale, la sua sacralità, la sua monodirezionalità.
Ora abbiamo compreso appieno il vero motivo dell’introduzione del Novus Ordo
Missae.
Uno scisma non dichiarato è come un colpo di stato non
manifesto, anzi una sorta di “metamorfosi di stato”, meticolosamente preparato
per tempo, indolore, ma solo apparentemente; sobrio, ma solo in superficie;
temperato, ma solo nella forma, proprio come quello in atto in questo
sciagurato paese. La tirannia camuffata da democrazia è come il “nuovo grande
oriente” camuffato da chiesa cattolica.
Come durante il regime di Pol Pot veniva messa in atto
una lotta spietata a chi portava gli occhiali, ora, con un cambio solo apparente
di prospettiva, ma con la stessa brutalità, le guardie rosse della rivoluzione
impongono le mascherine. La battaglia contro gli ultimi recidivi cattolici assomiglia
molto ai metodi del Mes (Movimento di Educazione Socialista) voluto da Mao per
attuare la sua Rivoluzione Culturale.
Ovvio che tutto questo è cominciato almeno cinquanta
anni fa. Non si potrebbe attuare, in modo così sistematico, una rivoluzione se
non si disponesse di “quadri” preparati per tempo, a predisporne le tappe
decisive:
· L’anno della misericordia, per
preparare il terreno alla “rappresentazione” antropica di Dio. In fondo, oggi,
anche lo Stato perdona, sempre, i cattivi che non esistono.
· L’enciclica «amoris laetitia»,
attacco alla famiglia, apertura alle nuove “famiglie”.
· L'enciclica «laudato sii», madre
terra e pachmamama, attacco a Dio quale Creatore unico e Sovrano su tutte le
cose.
· L’enciclica «“islamici” tutti», la Sacra Scrittura e le vite dei Santi a diabolico supporto e giustificazione dell'ideologia per la definitiva dissoluzione della Chiesa Cattolica visibile.
· Infine il piano dell’invasione
programmata per renderci minoranza numerica, culturale, religiosa e agevolmente
instaurare la dittatura massonico-post-comunista.
Il tutto attuato con l’uso costante, assillante dei compromessi
con il mondo, vedi la sottomissione illegale ai voleri del governo e l’accordo
con la Cina. Gesù poteva, se solo avesse voluto, raggiungere un compromesso con
Pilato, ma pure Anastasia, Agnese, Cecilia, Cristina, Quirico e Giuditta,
Emidio, Gennaro, Cosma e Damiano, Eulalia, Filomena, Ciriaco, Crispina,
Crisogono, Marcellino e Pietro, Saturnino…. Questi qua, invece, l’avrebbero
leccata la statua dell’imperatore Diocleziano…
Da “Ponzio Pilato” di Aldo Schiavone: “Gesù, di fronte a Pilato, non cercò in alcun
modo di sfuggire alla condanna… Pilato prese atto di quale fosse la meta dove
Gesù voleva arrivare. Capì che la sua non era indifferenza di fronte alla fine,
ma che vedeva invece con lucida passione la morte sulla croce come l’unico
esito possibile della propria predicazione, l’ultimo cruciale atto della sua
esistenza terrena, e non voleva a nessun prezzo sottrarvisi.”
Il benessere ha portato l’uomo lontano da Dio perché il
di più non basta mai, è una rincorsa al sempre maggiore appagamento del corpo a
scapito dell’anima. La trasformazione,
culturale e materiale, che ha avuto l’uomo nella società industriale lo ha
portato lontano da Dio. La Chiesa doveva mantenere le posizioni, casomai arroccare, perché
unico rifugio, invece ha ceduto al mondo, anche lei inseguendo l’appagamento
del corpo, o aiutando nella soddisfazione dei bisogni materiali, mettendo al
primo posto la missione terrena. La Chiesa ha sempre aiutato i bisognosi ma lo
faceva da una posizione spirituale, prima viene il rapporto con Dio poi il
rapporto con l’uomo, come sta scritto nella regola di tutti i fondatori degli
ordini religiosi di vita attiva. La Chiesa deve pensare alle nostre anime,
aiutarle affinché possiamo amare il nemico vincendo il nostro orgoglio, vestire
gli ignudi rinunciando alla nostra avarizia, dar da mangiare agli affamati fiaccando
la nostra ignavia, alloggiare i pellegrini, quelli veri, sconfiggendo la nostra
insofferenza, visitare gli infermi, superando la nostra paura. Delle filosofie ateo-marxiste, ecologiste, globaliste, moderniste, non sappiamo che farcene. Senza la Grazia che la Chiesa ci aiuta a
ricevere non riusciremmo a liberarci dalle attrazioni, corporali e
intellettuali, del mondo. Non ce ne faremo una ragione, noi non aduleremo mai
il nuovo imperatore.
P.S.
la nuova chiesa e la nuova religione hanno bisogno di nuovi dei con tanto di imprimatur:
domenica 4 ottobre 2020
TESSITORI DI FRATERNITÁ
Era la sua ultima messa in quella chiesa, da queste parti, dopo tre
anni, nei quali aveva radunato attorno a sé una piccola compagnia di fedeli
cattolici. Molti dei presenti hanno visto il disco dell’ostia illuminarsi,
durante la lunga elevazione. Forse Gesù ha voluto ringraziarlo e salutarlo. Poi
il viaggio a Roma, per essere sottoposto ad una terapia di decattolicizzazione
e, in definitiva, di decristianizzazione, ma solo in apparenza, per fortuna, una
fede forte non si può scalfire.
Ora, smarrito, nell’affannosa, quanto vana, ricerca di una messa
cattolica, celebrata da un prete cattolico, arrivo ad una chiesetta di
quartiere. Mi metto in fondo, con tanto di mascherina, in piedi, ad ascoltare
il sacerdote che proclama: «non bisogna amare Dio, perché Dio non
è vanitoso, dobbiamo amare l’altro….. se Dio ha fallito non dobbiamo preoccuparci
dei nostri fallimenti… dobbiamo sentirci tutti fratelli, come dichiarerà,
domani, il papa ad Assisi annunciando al mondo la sua nuova enciclica “Fratelli
tutti”.»
Poi
la consacrazione, tutti rigorosamente in piedi. Alla comunione, vista l'aria che tira, non ci provo
neanche ad inginocchiarmi e chiedere l’ostia sulla lingua, ma osservo che ad
una signora, che compie questo gesto, viene rifiutata.
Uscendo,
si fa notare il manifesto della Giornata Missionaria che proclama: “TESSITORI
DI FRATERNITÀ”. Ma Gesù ha detto: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato." Mt 28:19. Peccato che, sia al titolo della nuova enciclica, sia all’annuncio
del manifesto, manchi la parola incomparabile, insostituibile, definitiva, “IN
CRISTO GESÙ”.
FRATELLI
TUTTI, sì ma in Cristo e non è un’inezia….
Apocalisse
19:10. "Io sono servo come te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù"
Atti
9:17. Saulo fu considerato, da Anania, un "fratello" solo dopo che ebbe accettato Cristo come Suo Salvatore.
Atti
21:17. "Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente" Solo quelli che erano compagni di fede erano i “fratelli”.
1Corinzi
7:14. "la moglie non credente è santificata nel marito credente." L'uomo è un
credente perciò un fratello: sua moglie non è credente e perciò non è compresa
in questo appellativo.
Giovanni
21:23. Il termine “fratelli” è riferito nella Bibbia solo ai credenti.
1Giovanni 1:3. "quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo." Un individuo non può avere comunione spirituale con dei cristiani finché non ha conosciuto i fatti del Vangelo e finché, naturalmente, non ha agito sulla base di essi, accettando Cristo come suo Salvatore.
1Pietro
2:17. "Onorate tutti. Amate i fratelli. Temete Dio. Onorate il re." C'è un rapporto particolare tra
quelli che sono fratelli in Cristo.
1Tessalonicesi
5:14-15. "Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti." Dobbiamo fare del bene a tutti gli uomini, ma una distinzione sussiste tra quelli che sono “della famiglia dei credenti” e
gli altri.
Efesini
2:19. "Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio." Prima di accettare Cristo come
nostro Salvatore eravamo stranieri; ma quando abbiamo accettato Cristo
come nostro Salvatore, siamo divenuti concittadini li quelli che hanno fatto
altrettanto.
Galati
6:10. "Così dunque, finché ne abbiamo l'opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede." Dobbiamo fare del bene a tutti gli
uomini: ma una linea chiara separa quelli che sono "della famiglia dei
credenti" dagli altri.
Ma, sia chiaro, all’epoca non c’erano i registratori…
Ma
forse è meglio leggerlo tutto Isaia 6,1-13 da cui è tratta l’invocazione del
manifesto: “Eccomi, manda me”.
Poi udii la voce del Signore che diceva:
«Chi manderò? E chi andrà per noi?»
Allora io risposi: «Eccomi, manda me!»
Ed egli disse: «Va', e di' a questo popolo:
"Ascoltate, sì, ma senza capire;
guardate, sì, ma senza discernere!"
Rendi insensibile il cuore di questo popolo,
rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli
occhi,
in modo che non veda con i suoi occhi, non oda
con i suoi orecchi,
non intenda con il cuore,
non si converta e non sia guarito!»
E io dissi: «Fino a quando, Signore?»
Egli rispose: «Finché le città siano
devastate,
senza abitanti,
non vi sia più nessuno nelle case,
e il paese sia ridotto in desolazione;
finché il SIGNORE abbia allontanato gli
uomini,
e la solitudine sia grande in mezzo al paese.
Se vi
rimane ancora un decimo della popolazione,
esso a sua
volta sarà distrutto;
ma, come
al terebinto e alla quercia,
quando
sono abbattuti, rimane il ceppo,
così
rimarrà al popolo, come ceppo, una discendenza santa».
Desolazione e sconforto, croci spezzate, guglie abbattute, chiese incendiate, statue frantumate, edicole sacre demolite, ostie disperse, anime umiliate, equivoci individui, biechi, alcuni incappucciati, altri tatuati con strani segni, che ti guardano minacciosi, perché non sei come loro, un cielo cupo, un’aria fetida, avvelenante, come l’esalazione solforosa di un vulcano, come i miasmi di un cimitero nel pomeriggio caldo di agosto. Gesù, accoglimi nel ceppo! Da lontano solo un piccolo disco nel cielo, bianco e luminoso, più del sole, che mi guida verso casa.
La
sera, ho provato a leggere l’enciclica “fratelli tutti”. Non ce l’ho fatta a
scorrerla per intero, parole, parole, parole, parole, sembra un trattato di
sociopolitica, sono stato sfortunato, ho incontrato una sola volta la parola
Gesù, mai la parola Maria, non riesco ad raggirare più di tanto la mia pazienza, l’ho fatto a tratti, tanto per capire che si tratta di un manifesto ideologico, senza alcuna tensione verso l'Alto, con pochi riferimenti alla Scrittura, asserviti all'ideologia, violento perché arrogante,
cupo, carnale, utopico, ateo, tanto per constatare, amaramente, che il “manifesto del
partito comunista” dice le medesime cose, ma in modo molto meno infido e molto più sintetico.
1173 8.
Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era
davvero illuminato e virtuoso. Appena si furono avviati, incontrarono due
pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: “ Abbi fiducia nel
Signore, fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo:
-- Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi--”. Avanzarono ancora e si
imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le
pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e
sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d'ingiurie e di percosse e li
incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per
disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l'uomo di
Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a
quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là. Francesco,
il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da
uomini, ma da Dio altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della
salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno
e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta
forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava
realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: Io vi darò un linguaggio
e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o
contraddire.
1174 Anche il
Soldano, infatti, vedendo l'ammirevole fervore di spirito e la virtù dell'uomo
di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui.
Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: “Se, tu
col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi.
Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà
ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: Io, con i tuoi sacerdoti,
entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta,
si deve ritenere più certa e più santa ”. Ma il Soldano, a lui: “ Non credo che
qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la
tortura per difendere la sua fede ”. (Egli si era visto, infatti, scomparire
immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d'età
avanzata, appena udite le parole della sfida).
lunedì 21 settembre 2020
IL GRANDE INGANNO
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Telemaco Signorini - Pascoli a Castiglioncello |
«Ma l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono.» Sal 48
Ero bambino, negli anni cinquanta, della generazione nata da genitori
che hanno dovuto ricostruire, se non si apparteneva direttamente alla categoria
dei vincitori, con le proprie mani, una vita dignitosa, una casa, un lavoro, un
sistema di relazioni che la guerra prima, la guerra civile dopo, avevano
disperso, se non del tutto demolito. La modernità, da noi, era arrivata solo in
parte, in alcune zone, in alcune case. Ricordo molte donne di paese con la
brocca in testa, dopo essersi rifornite di acqua alla fontana pubblica o
trasportare, con il secchio di zinco, i panni da lavare al lavatoio. Ricordo i
carri, alcuni bellissimi, trainati da una coppia di buoi, mentre trasportavano il
fieno o il grano, da far macinare al molino a pietra, su cui noi bambini
potevamo, se il contadino acconsentiva, salire al volo. E poi i
fornelli a carbone, la lampada ad acetilene, le candele, perché la corrente era
molto fioca e mancava spesso, le lunghe serate invernali, senza la televisione,
che non era ancora arrivata, davanti al camino acceso che doveva assicurare le
braci per scaldare il letto (la monaca e
lu prete, per chi è di queste parti), l’acqua ghiacciata con cui dovevamo
bagnarci il viso la mattina.
Posso dire che il quadro di costumi, tradizioni, mestieri, relazioni, cultura
popolare, poteva essere paragonabile, ancora negli anni cinquanta, nei piccoli
centri marchigiani dell’interno, a quelli mirabilmente descritti da Leopardi ad
inizio ottocento.
Improvvisamente, come un fiume in piena, è arrivata la modernità. Era
ovviamente impossibile rinunciarvi. Se ti portano l’acqua corrente, i fornelli
a gas, il telefono in casa, il frigorifero, il riscaldamento, la lavatrice, non
ti chiedi che cosa vogliono in cambio, non ti chiedi dov’è l’INGANNO, a parte,
ovviamente, il costo economico. Lo scopri cinquant’anni dopo che volevano e
vogliono le opinioni che dicono loro, le notizie che dicono loro, le nozioni
che dicono loro, la scuola che dicono loro, i modelli di comportamento che
dicono loro, i consumi che dicono loro, i vestiti che dicono loro, i giochi che
dicono loro, la musica che dicono loro, la politica che dicono loro, la
religione che dicono loro, perché vogliono le tue opinioni, i tuoi pensieri, i
tuoi sogni, la tua anima.
Non potevano permettersi di prendersi tutto senza occupare l’anima. Il
Concilio Vat. II è stato convocato per questo, per prendersi, in modo seducente e
pervadente, l’anima del popolo di Dio. Un’anima orientata a Dio, guidata da una
Chiesa perfettamente coerente con il proprio mandato, non confusa dalle
lusinghe del mondo nuovo, non disorientata, sarebbe stata un ostacolo
insormontabile al progetto.
Non intendo ovviamente addentrarmi nella sconfinata, complessa analisi
del Concilio, dei suoi decreti, dei successivi documenti. Lascio questo a
persone molto più competenti di me. Mi limito ad osservare che quando mi sono
deciso di leggerli, vi ho riscontrato una specie di “corruzione” dovuta alla
presenza di alcuni elementi, magari pochissimi rispetto all’insieme, contrari
alla Dottrina della Chiesa, alla sua Missione. Faccio solo l’esempio di Nostra Aetate, in cui in un impianto
cristologico, comunque confuso, mai illuminante il cammino verso Gesù, che nondimeno
pretende di legittimare il rapporto con le altre religioni, la “fratellanza
universale”, l’unità, la dignità umana, i diritti di tutti gli uomini, si
legge “la Chiesa cattolica nulla rigetta
di quanto è vero e santo in queste religioni”. Oggi, dopo sessant’anni,
abbiamo visto dove porta il “vero e santo
in queste religioni”, avendo assistito alla paradossale, infernale
adorazione nei Giardini Vaticani.
Elementi estranei inseriti con una tecnica simile al “drogaggio” dei
semiconduttori, che, con l’aggiunta di microscopiche parti di metalli diversi
al silicio, ne mutano decisamente le proprietà fisiche. Non è un caso che
questo “drogaggio” dei semiconduttori abbia reso possibile la rivoluzione
digitale, mentre il “drogaggio” del concilio ha reso possibile la rivoluzione
della Chiesa. Ha realizzato il disegno di abbattere ogni aspirazione trascendente, per realizzare
modelli di pensiero orizzontale, assoggettando l’anima individuale
all’ideologia del pensiero unico e del partito.
La Chiesa post-conciliare ha seguito passo-passo l’evoluzione laica
del mondo. Non ci siamo chiesti, allora, dov’era l’INGANNO. Tutto ci sembrava
in linea con l’euforia “emancipatrice” di quegli anni.
Così
la rivoluzione musicale pop/rock anni sessanta e subito la chiesa, a ruota, con
le schitarrate nelle chiese e melodie
ritmate a sfondo sentimentale.
Le
assemblee politiche fine anni sessanta e subito la chiesa con la sostituzione
della Messa di sempre con la cena-assemblea, di chiara matrice protestante.
Le
aperture democratiche, la partecipazione, e subito la chiesa con i consigli
parrocchiali, i consigli diocesani, gli incontri sinodali.
La
deriva informale, disinvolta dei costumi e subito i preti ad eliminare la
talare e a rendersi, ormai, irriconoscibili.
La
eliminazione degli elementi formali, nelle relazioni sociali e gerarchici,
nelle responsabilità, e la chiesa subito con la banalizzazione della liturgia.
La
tecnica dell’illuminazione mediante riflettori, con i profluvi di luce
abbagliante, inondante, che rende tutto omogeneo, a favorire la seduzione sulle
cose e subito la chiesa, a ruota, con l’adozione dei riflettori, sempre più
luminosi, nelle chiese.
La
liberazione della donna, la glorificazione dell’omosessualità, la
delegittimazione della famiglia e la chiesa, a ruota, che spalanca le porte dei
seminari a ogni tipo di lascivia, arrivando, è cronaca di ogni giorno, a
benedire, davanti all’altare, le coppie omo o come altro si dice… Il papa
salutando, qualche giorno fa, in piazza San Pietro (ma non so fino a quando
potremo continuare a chiamarla con questo nome), un’associazione di genitori
“lgbt” afferma: «la chiesa ama i bambini lgbt», facendo propria una definizione
generica ultramodernista, nel plauso generale, senza chiarire se li ama perché
li considera vittime di una efferata ideologia autodistruttiva o perché “la
Chiesa castiga il peccato ma accoglie il peccatore…” o perché, semplicemente,
avvalorarlo non è peccato. C’è da chiedersi: “ma la chiesa ama i bambini
normali ?, la chiesa ama le famiglie
normali ?”.
La
strategia dell’indottrinamento acritico e della propaganda ideologica, tipica
della cultura dominante di matrice marxista, che reinterpreta e riscrive la
storia, in senso storicistico, viene fatta propria dalla chiesa nella nuova
esegesi della Sacra Scrittura, nella rielaborazione dei testi sacri. L’esempio
della nuova traduzione del Padre Nostro è quello più eclatante, ma, ovviamente,
non l’unico. Qui l’inganno arriva persino a cambiare le parole del testo greco,
visto che non è riportato in alcun manoscritto il termine corrispondente a “non
ci abbandonare”. Ormai non si tiene in alcun conto della Vulgata di San
Gerolamo, per il quale la traduzione è stata un atto di grande fede, prima che
un esercizio intellettuale, sicuramente Ispirata e sofferta. Innumerevoli sono
gli esempi che si possono fare, mi limito ad uno solo. Dal volume IV Liturgia
delle Ore della CEI ed. 1989, Salmo 109: manca il versetto 6, presente, invece,
nel Breviario Divinum Officium 1960: «Egli giudicherà le nazioni, riempirà [tutto]
di rovine, schiaccerà sulla terra le teste di molti». La traduzione, la
struttura, si adattano alla sensibilità
mutata dell’uomo moderno, semidio, che deve perseguire la felicità terrena, e
quindi non può angosciarsi per parole troppo forti, non deve pensare a cose
cattive come l’Inferno, va assistito, blandito, curato, coccolato.
Ma
l’INGANNO più grande è quello dell’ECUMENISMO, perché nasconde, in modo insidioso
e strumentale, l’accoglimento dell’eresia. Ora sappiamo perché, per la
gerarchia, fosse così auspicabile la migrazione, ormai giunta a compimento,
verso un vago protestantesimo, attento a tutte “aperture” alle quali sono "molto
sensibili" pure loro.
Ridotta
così la religione, in una chiesa che si occupa tanto “ardentemente” delle cose
della vita terrena, anzi di più, del piacere dei corpi e affatto della vita
soprannaturale e quindi della salvezza delle anime, è come prendere un caffè con
gli amici, come fare una gita e sentirsi più buoni, è come fare un giro in
barca e sentirsi in pace con il mondo. Viene a mancare Tutto, la tensione verso
il soprannaturale, il conforto di qualcosa molto più grande di noi. Un’altra
religione.
Gesù
non è andato a rimorchio dei sadducei che rifiutavano la tradizione orale, o dei Farisei, che, invece, la approvavano, non è andato a rimorchio degli Zeloti,
propugnatori della guerra contro i Romani, non ha promosso o fiancheggiato sodalizi
socio-politici. Ha tracciato il sentiero, impervio ma inconfondibile, che siamo
chiamati a seguire pure noi.
Il
grande inganno procura il DELIRIO della ragione e del discernimento. Così accade
che vengano considerati “malati di tradizionalismo” i pochi religiosi ancora “refrattari”
e coraggiosi, che vengono perciò invitati, ma forse è meglio dire obbligati, a
sottoporsi ad un periodo di disintossicazione o “rieducazione”, come nei
migliori regimi comunisti della storia, da parte dei nuovi khmer rossi,
infiltratisi, da più di un secolo, in modo marginale prima, ma sempre
crescente, inarrestabile come orde di Urukhai, nelle strutture della Chiesa. Ora
sono al potere, insolenti, altezzosi, inamovibili, compiaciuti di avere così
zelantemente compiaciuto il loro vero padrone.
Un
sacerdote che conosco, che “si ostina” a dare la comunione in bocca, a fare
omelie parlando soltanto della Scrittura, delle vite dei Santi, Dei Dottori
della Chiesa, dei Novissimi è stato, qualche giorno fa, convocato dal generale
dell’Ordine di appartenenza: «ti mandiamo a Roma» gli ha comunicato, «hai
bisogno di guarire perché sei malato di tradizionalismo…». Solo che, invece, il
sacerdote, peraltro giovane, è sanissimo, mentre il generale dell’Ordine
avrebbe bisogno immediato delle cure di un bravo esorcista.
Il
GRANDE INGANNO è quello consumato, da parte della chiesa, a spese dell’anima
individuale, proponendo spiegazioni agli antipodi rispetto alla tradizione popolare.
Leggo, dal sito santuariodiloreto.it:
“Alcuni indizi fanno pensare che gli
autori del trasporto, non siano stati gli angeli del cielo, ma una famiglia
denominata Angeli. Era il 17 maggio 1900 quando Giuseppe Lapponi, archiatra pontificio
di Leone XIII, indicava di aver letto negli archivi vaticani alcuni documenti
che indicavano una nobile famiglia bizantina di nome Angeli, che salvò i
materiali della Casa della Madonna dalla devastazione mussulmana e li fece
trasportare a Loreto.” Solo che è stato dimostrato, soprattutto grazie alla
dedizione del prof. Nicolini, che questi “documenti” degli archivi vaticani
sono falsi.
Se
“alcuni indizi” sono sufficienti per non credere al trasporto miracoloso
della Santa Casa di Loreto, come possono credere agli innumerevoli miracoli di
cui la pietà cristiana ha conservato la tradizione ? Infatti non credono più
nei miracoli, perché “non spiegabili razionalmente”. Come possono credere alla
moltiplicazione dei pani e dei pesci, creazione della materia dal nulla, in
opposizione al primo, fondamentale, principio della fisica ? Come possono
credere che un corpo, morto da tre giorni, in decomposizione, possa riattivare
tutte le funzioni vitali, fino a riavere la vita nella Risurrezione ? E infatti
non ci credono, visto che molti nella gerarchia sostengono trattarsi di un
simbolo!!
Mettere
in discussione secoli di “pietà popolare” verso la Madonna di Loreto è una
forma di sacrilegio di cui si rendono complici anche blog molto diffusi,
ospitando, in virtù della ingannevole “par condicio”, metodici interventi
dissacratori con evidenti segnali demoniaci, con lo scopo esclusivo, come nei
dibattiti politici, di creare confusione e azzerare ogni valore di verità. Pure
questo zelo è cedimento all’illuminismo, contro la Fede. Ma prima delle
“conquiste” della cosiddetta democrazia, prima della “correttezza
professionale”, viene la coerenza del rapporto con Dio, che non ammette
discussioni, dispute, investigazioni.
La
scorsa settimana, avendo intuito che una religiosa e le sue consorelle,
avrebbero espresso un certo voto, ho pensato bene di informarla che stavano per
dare il proprio consenso e quindi, in una certa misura, condividere il
programma, ad un partito i cui rappresentanti vanno sulle piazze con cartelli “Dio, patria, famiglia che vita de merda”,
favorevole all’aborto, alla raccapricciante pillola abortiva, all’abolizione
della famiglia naturale per assecondare le “famiglie” omo e oltre…, all’adozione,
da parte di queste medesime “famiglie”, di bambini magari nati in provetta e
con l’utero in affitto e a mille altre diavolerie che fanno infuriare persino
Lucifero, invidioso che gli allievi abbiano superato il maestro. La sua
risposta mi ha lasciato interdetto: «tanto
lo fanno pure gli altri…». Ora, a parte la palese, sprovveduta conferma
della mia intuizione, io non avevo proposto alternative, c’è sempre l’opzione
di non dare per forza il consenso se non c’è condivisione. Ho risposto soltanto
che tutte le volte che avevo votato scheda bianca, o che non ero andato a
votare, non avevo sentito l’esigenza di riferirlo in confessione. Quella
risposta, penosamente banale e profana, dimostra quanto la “propaganda dei
vincitori” sia riuscita, negli ultimi sessant'anni, a convalidare l’idea che questi sono i
buoni, che “ogni tanto sbagliano”, mentre quelli sono i “cattivi”,
irrecuperabili. Dimostra quanto i principi fondanti della religione vengano
calpestati dalla faziosità e dai compromessi della politica, quanto l’INGANNO IDEOLOGICO sia
riuscito a disonorare la vocazione di una grande parte di religiosi. O forse è
stato lo stesso inganno ideologico ad averne condizionato la vocazione…
martedì 1 settembre 2020
PIENAMENTE CONFORMATI ALLA MENTALITÀ DI QUESTO SECOLO
Sabato sera 29 agosto
alle 21.30 al rosario nella Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.
Domenica mattina la messa nella stessa basilica. Ingresso compartimentato e
controllato come ad una istallazione nucleare militare. Tutti con mascherina,
in questa immensa navata della basilica che contiene la Porziuncola che fu uno
dei luoghi prediletti della prima comunità fondata da San Francesco.
Risuonano, in questo
grande spazio, le parole di San Paolo della liturgia della messa (Rm 12, 1-2):
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi
rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è
buono, a Lui gradito e perfetto.»
Parole grevi, nel
caldo afoso che rende la respirazione affannosa, parole che fanno riflettere:
sono io che devo rinnovare la mia mente, abbagliata dalle lusinghe del mondo,
per comprendere “ciò che è buono e quindi
gradito a Dio”. O meglio, per ritornare a comprendere ciò che l’evoluzione
del pensiero moderno, garantista e rassicurante, ha inesorabilmente offuscato.
“Ciò che è buono” è coniugato al
presente, non solo perché questo è il tempo della lettera di Paolo, ma perché
questo è il TEMPO DI DIO, un presente senza tempo perché in Dio non vi è
“tempo”. Il riferimento morale è ASSOLUTO, non relativo alle inclinazioni
mutevoli dell’uomo. Per ritornare a comprendere ciò che è GRADITO A DIO, non
ciò che è gradito alla nostra natura volubile.
Risuonano altresì le
parole che Gesù rivolge a Pietro (Mt 16, 21-27):
«Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo
Dio, ma secondo gli uomini»
Queste parole, dure
come il granito, sono rivolte anche a noi, che, figuriamoci, siamo distanti
anni luce dalla contiguità, dalla soggezione di Pietro, in un’epoca
assolutamente pervasa dalla forza del pensiero secolare e i suoi infiniti
corollari.
Ma non è facile
soffermarsi in queste riflessioni. I frati custodi della Basilica sono così
solerti e zelanti nel far rispettare le regole anticovid. In particolare un
frate, che percorre le navate, indicando la propria mascherina, a riprendere,
con sguardo minaccioso, chi non la indossa
come lui, fin sotto gli occhi, a redarguire chi la indossa lasciando scoperte
le narici. Una esibizione inquietante, che uno non si aspetterebbe di trovare in
chiesa, ma in uno stato di regime militare. Poi la distribuzione della
comunione, con tutte le precauzioni igieniche del caso, ovviamente sulle mani.
Non vedo altrettanta cautela
per le anime, miseramente scoperte e confuse davanti all’attacco del male,
diventato, in questo tempo, irriconoscibile, anche per la totale mancanza di
adeguate misure di “prevenzione”. Se il medesimo zelo venisse applicato, da
parte dei religiosi, nei confronti del virus supervirulento del peccato, proponendo
in modo sistematico, richiamando ed offrendo tutti gli antidoti che la Chiesa di Gesù mette a loro disposizione, non ci troveremmo nella situazione disperata di
oggi. Questo e solo questo è il compito della vera Chiesa, la prevenzione, la vigilanza e, quindi, la
salvezza delle anime !
Si respira un'aria
diversa, da qualche anno, ad Assisi. Un’aria pesante che non ha più nulla
dell’aria leggera, fatta di solo Spirito, alle quote elevate, dove la materia
diventa impalpabile come neve fresca.
Si respira un’aria
pesante, intrisa dei pensieri dell’uomo tronfio e autosufficiente di questo
inizio secolo. Un’aria grondante di buonismo, sentimentalismo, ecologismo, ambientalismo, mondialismo,
ecumenismo, panteismo, naturalismo, antropocentrismo, cattocomunismo…. comunismo. Un’aria
pesante che pervade e affonda questi ordini religiosi, destinati, se permanesse l'attuale tendenza, a scomparire, con buona pace del loro fondatore, animato da ben altro zelo.
San Francesco aveva
altre intenzioni, per Assisi: «Benedetta sii tu dal
Signore, città santa a Dio fedele, poiché per te molte anime si salveranno e in
te molti servi dell’Altissimo abiteranno e da te molti saranno eletti al regno
eterno».
San Francesco non ha
redarguito il lebbroso, che non indossava la mascherina, lo ha abbracciato e lo
ha baciato.
sabato 22 agosto 2020
FORMA E SOSTANZA
L’Annunciazione
di Simone Martini, degli Uffizi, non è una raffigurazione realistica del momento dell’Annunciazione. Non vi sono rappresentati l’ambiente
domestico della modesta casa di Maria, come si può vedere a Loreto, gli umili
arredi, le pareti di mattoni. La parete che fa da sfondo è completamente
laminata di oro sfolgorante, mentre la scena è incastonata in un’architettura
gotica. La forma splendida della pala rivela in modo altissimo la
sostanza eccelsa dell’irrompere decisivo di Dio nella storia dell’uomo. La
forma stilizzata, sinuosa, armoniosa, sta qui a sublimare la sostanza grandiosa
di questo evento nella sua dimensione atemporale. Persino Caravaggio ha avuto
bisogno di rinunciare, in parte, al cupo realismo per la sua “Annunciazione”. Tuttavia questo non era più l’uomo del medioevo, ma l’uomo individuo, in attesa di
diventare solo “formalmente” individuo che ha, sostanzialmente, perduto il
rapporto con il Creatore.
La
forma è lo strumento che ci è stato dato, per azione dello Spirito Santo, in
duemila anni, per cercare di comprendere la sostanza di Dio, guidandoci in una dimensione non profana, molto diversa dall'ordinario. Ha lo
scopo di delimitare la sostanza della fede trattenendola da facili, umane
deviazioni.
Non
solo, la forma si può dire che “da corpo alla sostanza”. Il corpo e sangue di
Gesù nell’eucarestia sono “accolti” nella
forma del pane e del vino. L’olio profumato con il quale Maria di Betania ungeva i piedi di Gesù
è la forma che permette di magnificare la sostanza della rivelazione.
La
forma liturgica ha lo scopo di avvicinarci a Dio, che a Mosè dice «Non
avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è
suolo sacro!». Non si incontra Dio come si incontra un amico, mantenendo i
calzari, magari mettendosi comodi, seduti.
L’incontro
con Dio deve comportare aspetti, movimenti, parole diversi dalla norma, deve
rispondere a precise espressioni che ne determinano la forma sacra. Come il protocollo rigido delle udienze di
persone che rivestono un ruolo importante. Non si va ad incontrare il Presidente
della Repubblica in jeans, magari lacerati, con i capelli e la barba incolti….
non si verrebbe ammessi. Questi aspetti formali che fanno parte di un
protocollo diventano, nell’udienza con Dio, forma sacra.
Il
sacro è la forma terrena del divino. Terrena, non profana, accessibile
all’esperienza umana mediante segni rituali che consentono all’uomo di mettersi
in contatto con Dio. Nell’antica Roma, il segno principe del sacro era il fuoco
accudito dalle Vestali. Ogni profanazione del fuoco sacro comportava la morte. Gesù
stesso vi ha fatto ricorso, usando elementi materiali, ma peculiari dell’esperienza
umana, quali segni mediatori del rapporto con Dio, forme terrene del divino. Il
pane, il vino, l’acqua del battesimo, la terra mescolata alla propria saliva, il
balsamo con cui è stato unto il suo corpo.
La
liturgia è la forma sacra della rappresentazione del rito dovuto a Dio da parte
del popolo. Mentre la preghiera individuale può essere libera, seguire i
percorsi intimi del cuore, la preghiera collettiva ha bisogno di una struttura,
una forma. Non vi può essere alterazione, manipolazione, soggettivismo. La
struttura rigida della liturgia, così come è stata ispirata dalla tradizione,
ha lo scopo di guidare coralmente il popolo verso Dio.
La
stessa distribuzione dell’Eucarestia ha un forte contenuto di preghiera, non
individuale, perché vi interviene il sacerdote, che pronuncia la formula di
rito e poi somministra. Pertanto, deve avere una forma liturgica univoca. La
deriva post-conciliare e odierna, che lascia libertà ai fedeli di riceverla in
piedi, o in ginocchio, sulla lingua o sulla mano, portarla in bocca stando
fermi o camminando, è soppressione della forma, svilimento del contenuto
eminentemente sacro del gesto liturgico, offesa a Gesù.
Il
percorso postconciliare di azzeramento del sacro è dovuto passare per la
liquefazione della forma, dalla messa novus
ordo, alla liturgia, all’architettura delle chiese, al canto gregoriano.
Bergoglio,
che appena eletto rinuncia alla mozzetta rossa, simbolo della somma dignità, ad
imitazione del sangue della Passione, proclama che la sua funzione non è quella
“sacra” di vicario di Cristo ma quella, solo profana, di leader di una chiesa
visibile che ha perduto ogni legame formale e, quindi, sostanziale, con il soprannaturale.
La
stessa talare, ormai abbandonata dalla maggioranza dei sacerdoti, è la forma orante,
che ordina, difende il corpo consacrato a Dio. L’abbandono della talare è il regalo più spassoso fatto al demonio.
Padre Pio raccontò ad un suo confratello di una sera, in cui era
in solitudine e stava pregando: “Sentii
il fruscio di un abito e vidi un giovane frate trafficare all’altare maggiore,
come se spolverasse i candelabri e sistemasse i portafiori.
Convinto che a riordinare
l’altare fosse fra Leone, poiché era l’ora della cena, mi accosto alla
balaustra e gli dico: Fra Leone, vai a cenare, non è tempo di spolverare e
aggiustare l’altare”.
Ma il frate gli rispose e non era la voce di fra Leone, dunque,
Padre Pio gli chiese chi fosse: “Sono un
vostro confratello, che qui fece il noviziato. L’ubbidienza mi dette l’incarico
di tenere pulito e ordinato l’altare maggiore, durante l’anno di prova. Purtroppo,
più volte mancai di rispetto a Gesù Sacramentato, passando davanti all’altare,
senza riverire il Santissimo, conservato nel Tabernacolo. Per questa grave
mancanza, sono ancora in Purgatorio”.
Dopo essersi così spiegato, quel frate disse che il Signore gli
aveva concesso di chiedere clemenza, proprio a Padre Pio, perché sarebbe
rimasto ancora in Purgatorio, solo fino a quando lui avesse pensato fosse
opportuno: “Io, credendo di essere
generoso verso quell’anima sofferente, esclamai: vi starai fino a domattina
alla Messa conventuale”. Quell’anima urlò: “Crudele!”, poi cacciò un grido
e sparì. Quel grido lamento mi produsse una ferita al cuore, che ho sentito e
sentirò tutta la vita. Io, che per delega divina avrei potuto mandare
quell’anima immediatamente in Paradiso, la condannai a rimanere un’altra notte
nelle fiamme del Purgatorio”.
Conviene
abbassare l’asticella fino a terra ?
Molte
volte, nelle cose dell’uomo, la forma serve a mascherare la vera sostanza. Come
la forma reale della democrazia quando serve a mascherare una reale dittatura. Nel
rapporto "grave" con il soprannaturale, forma e sostanza sono così intimamente
congiunte che non è possibile sminuire la prima senza oltraggiare la seconda.
Qualche
settimana fa’, un sacerdote delle mie parti, ad una donna che chiedeva di
ricevere la comunione sulla lingua, ha risposto: “ma signora, lei guarda alla forma, è la sostanza quello che conta…”.
Certo, dal macellaio, non in chiesa.
La
parola "sacerdote" viene dal latino “sacer”, sacro. Nella oggettivazione del
Sacro la forma rende possibile la sostanza. Un sacerdote che non capisce
questo, semplicemente, non può fare il sacer-dote.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano