giovedì 21 novembre 2019

ABBANDONATE DAI PASTORI




Le caprette da sole riporteranno a casa le mammelle gonfie di latte - e gli armenti non temeranno i grandi leoni. - La culla stessa effonderà per te deliziosi fiori. - Morirà anche il serpente e la ingannevole erba del veleno - morirà; dovunque nascerà l’amomo assiro.
Virgilio  - Bucolica IV
Una sera di tanti anni fa, potevo avere sette anni, una di quelle sere cupe d’inverno, con il freddo vento da est a sferzare le case e a scombussolare i tetti, quando si ha voglia solo di andare a letto, per trovarlo fortunatamente riscaldato, con il braciere (per chi è di queste parti, “la monaca e lu prete”), un pastore bussò alla nostra porta per chiedere un caffè caldo perché, diceva, non poteva addormentarsi, proprio quella notte. I lupi, a causa della neve prolungata, erano scesi dalla montagna fino quasi al mare e lui doveva sorvegliare, assieme ai suoi cani, il gregge che gli era stato affidato. Non erano ancora arrivati i pastori dai paesi dell’Est, parlava un dialetto arcano ma comprensibile, perché le persone umili si fanno sempre capire. Veniva dalla zona di Campobasso, dove aveva lasciato la famiglia per accettare questo lavoro più a nord. Non avevo mai conosciuto un pastore, li avevo visti ma non “sentiti”. Capitava spesso di incontrare greggi di pecore in transumanza anche dalle nostre parti, nel sud delle Marche.
Ricordo gli ululati di quella notte quando, prima di addormentarmi, con il vento che sibilava paurosamente lungo i vicoli del paese, pensavo a quell’uomo nella bufera a custodire le sue pecore e a me, che non vi avrei resistito neanche un minuto. Ora, per una naturale trasposizione della metafora, ci ripenso sempre quando rifletto sulle nostre anime, quando vedo altri pastori, altre pecore, altri pascoli, altri lupi, altre tempeste.
Ora tutto è cambiato. Quel poco che era rimasto della pastorizia, che per millenni ha avuto un ruolo basilare  nella nostra economia, è stato sopravanzato dalla pastorizia industriale, dove primaria è diventata la produzione degli agnelli, da cucinare al forno con le patate o a scottadito, mentre la lana viene quasi sempre eliminata, dove il trasporto con autocarri ha preso il posto della transumanza. Completamente perduto, pertanto, il circolo virtuoso che legava la pastorizia all’agricoltura e alla vita dei nostri paesi.
Così come è completamente perduto il circolo virtuoso che legava l’affannosa transumanza della nostra anima verso i veri pascoli di alta quota, con la scorta premurosa dei pastori, grandi conoscitori dei sentieri sicuri.
L’unica che non ha mai dimenticato l’odore delle pecore, dopo duemila anni, è la Vergine Maria, che per i pastori ha sempre avuto una particolare predilezione.
Portano le pecore su valli paludose a cibarsi di cicuta, sambuco ed altri arbusti cattivi e le lasciano insidiare dalle sabbie mobili, seducendole con erbe che passano, unicamente, per il tubo digerente, illudendole di avere ricompense più accattivanti nelle false terre promesse di pascoli senza limiti, ma, intanto, cancellano la loro memoria con suadenti melodie per farle sentire diverse, per far dileguare il loro istinto naturale, sostituendolo con l’istinto artificiale dell’unica appartenenza.
Di notte, i pastori, le lasciano sole, mentre loro si riuniscono in sabba idolatrici ad adorare orrende statue e poi, ammucchiate degenerate, libagioni a tutti gli dei falsi della terra di sotto.
Il pastore capo, ora, familiarizza con i lupi, gli bacia i piedi e, assieme ai suoi fedelissimi pastori, li invocano, li esaltano, li blandiscono, li omaggiano , hanno occhi solo per loro, senza sapere che, quando meno se lo aspettano, li sbraneranno, perché i lupi non si lasciano ammaestrare, anzi, pensano di essere i privilegiati. Arrivano ad ululare fin sotto ai recinti, non per spaventare, per ora, ma per lodare il pastore, fargli sentire la loro vicinanza di comuni intendimenti. Fa accordi con i capibranco dei lupi, delle iene e degli sciacalli (per l’occasione affratellati) cedendo a loro il diritto di scotennare tutte le pecore che vorranno e, quelle che sopravviveranno, di allevarle per divorarsele a poco a poco. Hanno completamente ripudiato millenni di consuetudini che, perfezionate dal tempo e dalla pietà, illuminavano, anche di notte, il percorso impervio verso la salvezza, solo per assecondare gli scellerati costumi dei loro nuovi compagni. Anzi, fanno finta di non vedere, arrivando persino a giustificare le loro pratiche criminose, come quella di uccidere gli agnellini ancora nel grembo della loro madre o di far accoppiare tra di loro, per il proprio esclusivo piacere, i montoni. Sono come invasati da una frenesia ossessiva che li porta a perseguire il proposito malefico di farne scomparire persino la specie.
A volte, chi riesce a decifrare il loro belare, sente alcune pecore, quelle ancora resistenti, bisbigliare: “vogliamo i pascoli di alta quota, le erbe croccanti e dolci di Campo Imperatore, i prati remoti del monte Vettore, l’acqua fresca delle sorgenti dei monti della Laga”. Vogliamo ricominciare a cantare:

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

Ma vale, ancora oggi più che mai, il monito del grande Sant’Agostino:
Mai dunque succeda che veniamo a dirvi: VIVETE COME VI PARE! State tranquilli! DIO NON CONDANNERA’ NESSUNO: basta che conserviate la fede cristiana. Egli vi ha redenti, ha sparso per voi il sangue: quindi non vi dannerà. Che se vi viene la voglia d’andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine CHE MALE C’È? E queste feste che si celebrano nell’intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e, come essa crede, si esilara, mentre in realtà si rovina, alle mense pubbliche, andateci pure, celebratele tranquilli: tanto LA MISERICORDIA DI DIO E’ SENZA LIMITI E TUTTO LASCERA’ CORRERE!... Dio chiederà conto delle sue pecore ai cattivi pastori; chiederà conto della loro morte“ Sant’Agostino, Discorso 46.
Una volta, molto spesso, si ricordava un Santo della Chiesa… Oggi viene considerato, anche questo, “superato”… Superati invece sono i modernisti, superati nell’animo ancora prima di nascere, superati nello spirito in quanto pervasi completamente e irrimediabilmente dalla materia, superati nei sensi, inebriati e sopraffatti dall’effluvio della carne, superati e sovrastati dal loro protettore, perché non hanno capito, o meglio, lo hanno strumentalizzato, che la Parola è un regalo immenso e immutabile che Dio ha fatto all’uomo di sempre per guidarlo, come i binari di un treno, diritti e inamovibili. È l’uomo che deve camminare sui binari, non i binari che devono seguire l’uomo !!
Pochissimi sono i pastori che non ci stanno ma nessuno ha il coraggio di scovare le origini odierne del male, dalle parti del residence Santa Marta.
I loro discorsi contengono molte domande, senza risposta e sono zeppi di condizionali: ”si dovrebbe, parrebbe che, si ha l’impressione che, dovrebbe consistere in, sembra dare una lettura di, sembrano non rendersi conto di, sarebbe importante che, sentiamo necessario evitare strade che, ci sarebbero i fedeli che, l’eventuale indegnità, la possibile eresia, è quasi un’apostasia……“   non è un dire SÌ, SÌ, NO, NO.
Non è più tempo di condizionali. Al massimo, anche se raramente, si sente dire: “si può solo pregare…”. Ma Gesù, osservando lo scempio che, davanti ai suoi occhi, si compiva nella casa del Padre, quella volta non si è messo a pregare, ma ha scacciato i mercanti dal Tempio.
È giusto porre le domande, ma in questa notte senza fine, in questa solitudine dell'anima abbandonata sulla brughiera, melmosa e puzzolente, dagli aguzzini dell'ideologia planetaria dominante, in questo nuovo calvario dello Spirito, avremmo bisogno anche delle RISPOSTE.
Non abbiamo più niente da difendere, occorre contrattaccare, senza temporeggiare. Non ci servono tanti Quinto Fabio Massimo, abbiamo disperatamente bisogno di uno Scipione.







2 commenti:

  1. Un Scipione , si , e come fece su Cartagine , dia ordine di spargere il sale che brucia su questo luogo demoniaco .

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    1. lo Scipione che intendevo io è l’Africano, quello che ha sconfitto Annibale, l’INVASORE. Quello che ha fatto cospargere il sale dopo aver distrutto Cartagine era l’Emiliano, suo nipote. Comunque va bene cospargere il sale, ma occorrerebbe l’intera salina di Santa Margherita di Savoia (casuale l’accostamento…) per cospargere di sale i Giardini Vaticani, la Basilica di San Pietro e Santa Maria in Transpontina…

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