domenica 20 marzo 2022

I COSTRUTTORI DI PONTI

 



19 marzo 2022
Oggi è San Giuseppe, l’archetipo del padre nel mistero immenso della Sacra Famiglia. Qualche anno fa siamo andati ad ascoltare una conferenza sulla famiglia tenuta da un frate cappuccino di Loreto a San Liberato. In un’ora e tre quarti non ha mai nominato la Sacra Famiglia, ha fatto solo riferimento ad “Amoris Laetitia” che ha detto testuale: “noi non possiamo ancora comprenderne la grandezza perché è destinata alle future generazioni…”. Se ce ne saranno, mi è venuto da pensare, mentre cercavo di immaginare cose bruttissime per non scoppiare a ridere. Quando glielo fatto notare non ha saputo che cosa rispondere. Ormai nessun sacerdote ne parla più perché non bisogna creare divisioni ma “costruire ponti”. Parlano come i pupazzetti con la voce registrata. Il fatto è che i “ponti” che sta costruendo la Chiesa sono tutti sul fiume Acheronte, ma solo per agevolarne il passaggio, visto che si potrebbe guadare o prendere il "traghetto", nella palude puzzolente della "città dolente" di cui si cominciano da tempo ad avvertire i miasmi.
In alcune scuole, per espressa, democratica decisione dei “collegi docenti” ( a proposito, mi piacerebbe scriverci un libro... ma avrebbe vita breve...) è stato vietato di festeggiare la festa del papà, per non offendere le “unioni diverse….”. Penso che di tutte le porcherie che ci stanno propinando questa qui non sarebbe venuta in mente neanche a Lucifero che diventa ancora più rosso dalla bile per non averla pensata lui…







martedì 8 marzo 2022

DE PROFUNDIS PER UNA CIVILTÁ



De profùndis clamàvi ad te, Dòmine;
Dòmine, exàudi vocem meam.
Fiant àures tuae intendèntes
in vocem deprecatiònis meae.
Sal 129

Mio nonno materno ha passato 3 anni in trincea, nella prima guerra, ricevendo anche un attestato di elogio. Mio padre ha dedicato alla “patria” i migliori anni della sua vita, prima in guerra poi in una lunga prigionia in Sud Africa, uno degli ultimi contingenti ad essere liberati. Noi bambini degli anni cinquanta siamo cresciuti con il senso della patria, a partire dalla scuola, con le poesie di soggetto patriottico imparate a memoria, le canzoni, gli inni, le parate del 4 novembre e della colonia estiva, con la bandiera nazionale che ci contendevamo a portarla. Ma ora, davanti a questo sfacelo, a questa dissoluzione delle nostre radici, della nostra cultura popolare, dei principi fondanti della nostra civiltà, della comune sottomissione a Dio, dei nostri confini, del senso stesso della nostra italianità liquefatta nel brodo rivoltante della “fratellanza” imposta perché funzionale al progetto di annientamento, dello spianamento delle diversità quali sorgenti primarie della nostra evoluzione; davanti ad una classe politica indecente che non si degna di biasimare, a partire dal grado più alto, un “ministro degli esteri” che si permette di rivolgere parole insensate, disgustose, ingiuriose, inopportune nei confronti del capo di stato di una grande nazione, irresponsabile al punto da mettere al rischio la vita stessa di milioni di persone, annientando millenni di civiltà diplomatica che noi abbiamo insegnato al mondo, prima con Roma poi con Venezia, quando nessun romano si sarebbe rivolto in quel modo ad Annibale, suo più grande nemico, neanche quando intravedevano il suo accampamento “ad portas”, davanti a tutta la presente trivialità e miseria morale di un popolo irriconoscibile, mi vergogno di essere italiano.

Claudio Gazzoli