giovedì 25 febbraio 2021

PAURA DELLA LIBERTÀ

 




 "Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi"  Mt 10,16

Si respira un'aria pesante e non è per la mascherina... Non è più possibile fare battute perché il rullo compressore internetelevisivo ha spianato i cervelli e ogni atomo di ironia, sale insostituibile della vera indipendenza, consentendo solo una visione appiattita, bidimensionale, senza prospettiva, priva della necessaria vista dall’alto di cose che apparirebbero in tutta la loro insipienza, sotto i rilievi mostruosi dell’empietà. Mi è capitato più volte, ultimamente, di suscitare disagio nei miei interlocutori solo per aver accennato ad una battuta non in linea col pensiero dominante. Ormai non c'è più un barlume di libertà, quella vera, quella del pensiero. Ormai c'è solo PAURA, artificialmente dissimulata dalla gaiezza ipocrita di massa, paura come categoria filosofica, archetipo che ispira ogni pensiero, paura che fermenta ogni azione, ogni reazione, ogni decisione. Paura che disarma ogni sicurezza,  che sopprime ogni parvenza di giudizio assoluto, che nell’Assoluto ha il suo fondamento. Davanti ad un pensiero singolare ti guardano come il bambino guardava E.T. per la prima volta, stupefatti e impauriti perché hai provato a destabilizzare le loro certezze, ad introdurre un elemento oggettivo nel relativo dispotico ammantato di falsa liberalità.  Paura del dirigente, del capoufficio, della preside, del vescovo, del prete, della badessa, della consorella, della catechista, della ministra straordinaria, del collega, del sindaco, del primario, dell'amico, del fratello. Paura del giudizio degli altri, del senso comune, dell'isolamento scontato, della solitudine, della salute, del futuro, di rimanere fuori dal giro, paura di professare la normalità, di remare controcorrente, paura di essere estromesso, come gli intrusi, dai guardiani e non poter gustare fino in fondo l’ultima goccia di miele, stomachevole ma seducente, opportunamente preparato per i fuchi voluttuosi del grande alveare. Paura di deludere il falso padrone, abilmente dissimulato sotto la "mascherona" del buonismo imperante.

La paura del covid ha modellato il cemento finale di tutte le paure inculcate in questi 60 anni, astutamente pacifiste e perciò sostitutive della grande paura della guerra, disposte a cancellare l’unica paura veramente fruttuosa, quella del destino della nostra anima, della quale non si parla più, essendo stata rimpiazzata dalla lusinga perversa e fraudolenta della salvezza per tutti.

Paura di non partecipare al piacere di regime, paura di perdere il contatto della mandria e cadere preda dei lupi, ma poi chi sono i veri lupi? Paura di apparire normali, in un mondo in cui questo è l’unico modo per essere veramente originali, paura del sentiero impervio, come calvario,  insidioso, ma luminoso, della libertà.

Claudio Gazzoli







martedì 16 febbraio 2021

CURSUS HONORUM

 


"Hai rovesciato i potenti dai troni" Lc 1,52

A Roma, anche nel privilegio di rampolli di una famiglia patrizia, se si ambiva ad accedere ai gradi più alti della magistratura, occorreva percorrere tutte le tappe della carriera, cominciando ovviamente dal servizio militare nelle legioni. Qui, se si possedevano le necessarie capacità di sopportazione della fatica e ci si distingueva per doti di comando si poteva accedere al tribunato militare. Dopo 10 anni, qualora la “fortuna” avesse concesso la permanenza in vita, si poteva percorrere la carriera politica vera e propria: questore, edile, pretore, console. Questo garantiva che ai vertici dello stato ci fossero uomini che avevano un’esperienza diretta dell’organizzazione dello stesso, che ne conoscevano il peso, le articolazioni, le contraddizioni, le tecniche, l’odore, i compromessi da compiere per il bene della “cosa pubblica”.

Questi qua invece, molti di loro, che si ritrovano a guidare dicasteri che l’evoluzione della macchina statale, con le sue innumerevoli leggi, regolamenti, norme, ordinamenti, connessioni, interrelazioni, ne ha esponenzialmente ingigantito la complessità, che cosa hanno fatto, prima, nella vita? Quali sono i loro “fondamentali” imprescindibili per guidare quel Dicastero? In quale ufficio, hanno lavorato con il massimo profitto? quale grande organizzazione hanno diretto con beneficio? Quali sezioni periferiche e centrali hanno gestito? Quali situazioni complesse hanno coordinato e risolto con successo? E non è una consolazione pensare che, come si dice, stanno lì per rispondere a disposizioni impartite da altri perché lo Stato deve avere il suo decoro.

Invece ora fondamentale è l’arroganza, la protervia di un potere effimero perché ottenuto non già con un mandato individuale basato sulla conoscenza della persona ma con un mandato di partito acquisito con la ratifica del popolo che, una volta ogni 5 anni, mette una “croce” su un simbolo dentro una cabina angusta e traballante. Poi per i restanti 4 anni e 364 giorni “chi si è visto si è visto”… Di questo “rito” fondante della Democrazia, ora rimane solo il fondale logoro di un teatrino in cui si rappresenta, sistematicamente, la parodia di una gestione del potere che nulla ha a che vedere con i programmi elettorali, le promesse, gli schieramenti.

Per la Chiesa dovrebbe valere lo stesso principio, con una differenza. Nel cursus honorum di un vescovo o di un sacerdote i fondamentali riguardano il possesso degli elementi basilari della Dottrina,  il legame incessante con la tradizione, mentre non hanno alcun valore gli acrobatismi in bicicletta, suonare chitarre, pilotare droni, confezionare pacchi, preparare pizze o cantare canzoncine. Poi sono importanti le capacità organizzative, ma solo se supportate da una fede incrollabile, come gli esempi eccelsi di Sant'Ambrogio, Sant’Alfonso Maria de' Liguori, il Santo curato D’Ars. Invece hanno scardinato, per piacere al mondo, come dice qualcuno, millenni di tradizione, favorendo la "industrializzazione" della fede a spese di un "artigianato” plurisecolare, incomparabile, parallelamente al programma che sta portando avanti il "governo mondiale". Chi costruisce un violino o esegue una doratura o restaura un mobile antico o semplicemente prepara il pane o la pasta al forno, fa riferimento ad un susseguirsi di esperienze, di concetti continuamente migliorativi, in virtù del controllo costante dei risultati, un deposito plurisecolare tramandato che costituisce la NOSTRA CULTURA. L'anima per essere "restaurata", assistita, “dorata” ha bisogno di artigianato elevato. Di Industria 4.0 non sa che farsene. Ha bisogno di essere accompagnata da guide sincere sul percorso battuto da millenni, arduo e scosceso, a volte insidioso della salvezza. Nei secoli della caduta o, per meglio dire, decadenza dell’Impero Romano d’Occidente e poi dopo i disastri della Guerra Gotica, gli uomini e le donne di ogni grado sociale hanno potuto contare sul sostegno, la guida, la vicinanza della Chiesa che aveva conservato se non accresciuto il suo potere, potevano contare sulle conoscenze materiali e spirituali di religiosi che avevano custodito gelosamente il sapere, le tecniche, le pratiche della civiltà greco-romana e del deposito della Vera Dottrina.

Ora, tutti insieme nella grande ammucchiata, ne vogliono distruggere totalmente le fondamenta, avendo altresì nelle gerarchie della Chiesa un alleato potente e soprattutto nell’uomo “venuto dalla fine del mondo” che, a capo di uno stato straniero, si intromette in modo pesante nelle scelte politiche di questo sfortunato paese, da cui prende solo i benefici, senza che nessuno, ma proprio nessuno, gli ricordi che questa è interferenza negli affari interni italiani. Un uomo venuto dalla fine del mondo, in senso reale ma anche figurato, per perseguire la fine della nostra Civiltà, senza curarsi minimamente, anzi calpestando impunemente, le storie, le battaglie, le vittorie e le sconfitte, le rinunce, i patimenti che l’hanno generata. Un uomo venuto dalla fine del mondo che usa i suoi scherani e i suoi organi di informazione per avallare, se non proporre, modelli di comportamento agli antipodi della nostra tradizione cristiana e cattolica, utilizzando, in modo perverso, l’enorme potere di persuasione che “non avrebbe se non gli fosse stato dato dall’Alto”, invece di occuparsi della devastazione spirituale e morale della Istituzione di cui, molto indecorosamente, occupa il Trono, avallando le più sfrenate condotte da parte di religiosi che ormai di religioso mantengono solo il nome.

Nessuna cellula del mio corpo, nessuna porzione della mia coscienza è dalla parte di questi qua.

Mi sento orgogliosamente Italiano solo in quanto geneticamente e culturalmente legato a quelle origini che ora vogliono cancellare per farci entrare nella grande fratellanza, così come si vuole nei consessi dei potenti in grembiulino e cappuccio, per i quali l’Italia è solo "una mera espressione geografica”.

Sono dalla parte di quelli che l’hanno protetta contro i barbari, come papa Leone Magno, di quelli che l’hanno difesa, come i “Viva Maria” contro l’aggressione Napoleonica, dalla parte di quelli che l’hanno resa grande, come Ottaviano Augusto, dalla parte di quelli che l’hanno riunificata, come Dante Alighieri, dalla parte di quelli che l’anno impreziosita, come Raffaello, dalla parte di quelli che l’hanno rispettata, come mio padre, partendo in massa per guerre di cui non capivano neanche il senso, dalla parte di quelli che l’hanno onorata, soccombendo sulle trincee alpine o sulle distese ghiacciate della Russia meridionale, dalla parte di quelli che l’hanno riscattata, come Salvo D’Acquisto, dalla parte di quelli che l’hanno glorificata, morendo nel compito arduo di farne rispettare le leggi, come Carlo Alberto Dalla Chiesa, dalla parte di quelli che l’hanno risollevata, con il sacrificio della propria vita, come Enrico Mattei, dalla parte di quelli che l’hanno sostenuta, con una vita intera dedicata al lavoro, alla famiglia, al rapporto con Dio.

Claudio Gazzoli