lunedì 30 aprile 2018

PANE con Lievito Madre… secondo le mie esperienze “sofferte”




PANE con Lievito Madresecondo le mie esperienze “sofferte” (con l’assistenza “speciale” di nonna Lisa)

1.  Rinfresco del lievito madre
Il giorno precedente alla panificazione, verso le 21.00, prelevo (dal contenitore in frigorifero) il lievito madre in quantità pari a 75 gr ogni 500 gr di farina finale utilizzata (quella utilizzata la mattina in cui preparo l’impasto finale). Il mio è un lievito di consistenza abbastanza soffice, rinfrescato ogni 4/5 giorni, con l’equivalente in peso di farina e il 50 % di acqua.
Lo rinfresco con acqua minerale (non deve avere cloro) riscaldata a circa 30 °C e farina, in quantità circa corrispondente al lievito, poi impasto fino ad ottenere una “biga” di consistenza morbida. Occorre regolarsi per le proporzioni di acqua e farina… io, per un impasto finale del peso di circa 4 kg (circa 2 kg di farina finale), uso circa 300 gr di lievito madre, 150 gr di acqua e circa 300 gr di farina.
Metto l’impasto in forma di palla in un contenitore di plastica, coperto da un canovaccio inumidito. Lo lascio tutta la notte.
3.  Preparazione dell’impasto finale
1.   La mattina prelevo l’impasto e lo verso nella planetaria (o in una ciotola + grande x chi lo fa a mano). Aggiungo acqua minerale, riscaldata a circa 30°C. Per il quantitativo di acqua occorre regolarsi.. nella mia preparazione ne uso circa 1 litro. Si può dire circa 500 gr di acqua ogni kg di farina finale.
2.   Preparo la farina finale. Qui ognuno può provare vari tipi di farina.. io la prendo direttamente al molino. Uso farina biologica - BASE w 200 -e la mischio in questa proporzione: 80 % di farina tipo 0,  20 % di farina di grani antichi (Iervicella, Solina…) macinata a pietra. A volte aggiungo anche farina integrale ma in quantità non superiore al 10% perché non avendo glutine mi sballa la lievitazione.. Nella mia preparazione la farina finale è circa 2 Kg.
3.   Sciolgo, nella ciotola o nella planetaria, l’impasto nell’acqua e, prima di aggiungere la farina, metto circa 1/3 di bicchiere d’acqua dove ho disciolto: un cucchiaino di malto d’orzo (ha una consistenza simile al miele, si può acquistare nei negozi di prodotti biologici…), un cucchiaino di miele, circa 1 gr. Ovviamente queste sono le mie proporzioni che vanno poi adattate.  
4.   Comincio a mettere la farina, poco per volta, setacciandola, impasto con un forchettone nel contenitore, aggiungo la soluzione di acqua e miele, poi metto a lavorare nella planetaria alla minima velocità. Aggiusto di farina o di acqua.. l’impasto non deve essere troppo duro ma neanche troppo molle. Faccio andare la planetaria x circa 5 min poi aggiungo il sale, precedentemente sciolto in 1/3 di bicchiere d’acqua tiepida (circa 5 gr ogni kg di farina… la quantità può variare.. il pane pugliese ne ha circa il doppio). Termino la lavorazione nella planetaria per altri 8/10 min circa (non di continuo.. lo faccio riposare, alcuni minuti, 2 volte).
4.  Lievitazione finale
1.      PRIMA LIEVITAZIONE: verso l’impasto dalla planetaria sulla tavola, lo lavoro circa 1 min, lo metto in una ciotola, coperto da un canovaccio inumidito, per un TEMPO dipendente dalla temperatura ambiente. Il tempo di lievitazione è molto importante per evitare sotto o sopra lievitazioni. Provo a proporre un grafico, che deriva dalla mia esperienza, da una farina w200, da un lievito madre rinfrescato come sopra:

  
2.      SECONDA LIEVITAZIONE: prelevo l’impasto, lo verso sulla tavola e lo suddivido in 2, 3 o 4 pezzature, a seconda della grandezza delle pagnotte finali che voglio ottenere (il peso della pagnotta dopo la cottura è circa il 15% in meno della pasta iniziale).
Lavoro ogni pagnotta in questo modo: la stendo con le mani fino ad ottenere una “pizza” circolare o rettangolare di 30 cm, faccio le PIEGHE, ripeto questo procedimento almeno 2 volte. Ho notato che le PIEGHE sono molto importanti per dare consistenza alla pagnotta, prima di metterla in forno. Credo che aumentino la struttura del glutine. Faccio le pieghe in questo modo… ma ci sono varie scuole di pensiero… Lascio riposare le pezzature per circa 10 minuti.

Poi faccio le pagnotte finali a seconda della forma del pane che voglio ottenere: per il filoncino classico allargo la massa, come sopra, fino ad una lunghezza di 25/30 cm, lo ripiego nel senso della lunghezza 3 o 4 volte, chiudo bene le estremità (non deve uscire il gas della fermentazione).  Metto a LIEVITARE sulla tavola coprendo le pezzature con un canovaccio inumidito e una coperta di pile ripiegata, per un tempo di circa 2 ore. Provo a proporre un grafico anche per la seconda lievitazione, come sopra spiegato. Prima di metterle in forno, faccio un taglio centrale in ognuna delle pagnotte lievitate.


5.  Cottura del pane
E’ ovvio che questo lavoro viene esaltato dal forno a legna.. però viene bene anche nel forno di casa. La temperatura iniziale non deve essere inferiore a 240°C e comunque occorre fare esperienza e, probabilmente, farne bruciare qualcuna o averle bianche… Le lascio nel forno circa 1 ora. Quando le togo dal forno, per non raffreddarle troppo bruscamente, le copro, per la prima mezzora, con un panno di lana (non pile).                                                                        
Buon divertimento           Claudio







venerdì 20 aprile 2018

IN CHIESA SI VA PER PREGARE



Sabato scorso ho assistito, alla messa delle 10 in una nota Basilica della mia regione. Il celebrante, al termine della messa, ha voluto ricordare che "il Papa dice che la chiesa è luogo sacro dove si prega". E’ scontato che il messaggio era per coloro che entrano in chiesa come turisti con tanto di riprese e foto smart. Ma perché c'è bisogno di citare il Papa ? (..tuttavia per questo bisogno ho qualche sospetto....) Non basta l'autorità del religioso celebrante ? Sarebbe come se il titolare di un ristorante avesse bisogno del parere del presidente della sua associazione per ricordare che il ristorante è fatto per mangiare.. Ma, a parte simili scontate considerazioni, mi è venuto di pensare a quali e quante profanazioni vengono compiute sotto gli occhi dei Vescovi... Fin qui tutto nella “norma”.. Se non fosse che, più tardi, a casa, mi sono imbattuto in questo video:

mercoledì 4 aprile 2018

ESSERE "GRANDI" PER IL VESCOVO DI ROMA



niente è buono o cattivo in sé, ma nel nostro pensiero..  (Amleto: atto II, scena II)

Vorrei ritornare sull’argomento della “celebrazione” di certi personaggi, abortisti, fatta dagli alti gradi del Vaticano, sia perché, profondamente indignato come cattolico, non riesco a capacitarmi, sia perché credo che tale atteggiamento riveli, più di altre clamorose esternazioni, la linea della chiesa attuale e la rivoluzione in atto.
Appartengo alla generazione dell’immediato dopo guerra degli anni ’50. Sono di un paese come tanti di quell’Italia stremata, impoverita, umiliata, raggirata ma piena di speranza. Solo che la speranza non si mangia, non c’era da arrivare a fine mese ma a fine giornata. Non era ancora arrivata la televisione, noi bambini avevamo gli stessi giochi mirabilmente rappresentati nei mosaici di Piazza Armerina, sporchi e malconci con le scarpe rotte e gli inserti metallici sotto le suole, sfiniti dalle scorribande ma liberi, felici, solari. La libertà controllata era una conseguenza, non una scelta. Nessuna delle nostre madri aveva un impiego fisso ma avevano da impiegare il tempo, senza riposo, per necessità, per consuetudine familiare, per provvedere alla casa, alla cena, alla vita, alla dignitosa celebrazione delle feste religiose, nel cibo e nell’abbigliamento, con il sole, la pioggia, il freddo dei geloni, senza sapere che cosa fosse la malattia, anche quando c’era. Una delle occupazioni principali delle donne di paese, prima della tecnologia domestica globale, era lavare i panni al “lavatoio pubblico”. Se ne vedono gli effetti sulle mani di mia madre e delle donne della sua età, quelle che non hanno avuto la fortuna di impiegarsi in parlamento, deformate dall’artrosi ma senza lamenti o rimpianti. I figli, a volte numerosi, partoriti a casa, erano un dono di Dio, da far crescere, senza la pedagogia ideologica allora nascente, ma con la cultura della tradizione, la pratica quotidiana, la divisione chiara tra buono e cattivo, la distinzione netta tra generi, di cui, ovviamente, nessuno metteva in dubbio la inviolabile complementarietà, prima dello sfacelo. Finalmente in Chiesa, decorose, a fare dono a Dio del loro sacrificio. Hanno contribuito in modo oscuro, ma determinante, alla rinascita del Paese.
Poi, negli anni in cui TUTTO doveva essere cambiato (compresa la Chiesa), di cui ricorre una penosa e fasulla celebrazione, hanno continuato la vita di sempre, con profonda dignità. Non se ne sono andate in giro a praticare aborti con pompe da bicicletta e, poi, a riderci su o, infatuate, a manifestare con il gesto del “triangolo fatto con le dita, unendo le punte dei pollici e quelle degli indici…a formare, in mezzo, il vuoto, il varco di libertà attraverso cui passò una rivoluzione..”.. E quale rivoluzione, quale libertà! la libertà della perdita di un’identità, di un compito fondamentale, la emancipazione per totale imitazione del maschio, la confusione dei ruoli, il centralismo del piacere pilotato dalla sessualità, l’esibizionismo triviale e scandaloso, la seduzione letale del potere, la totale delegittimazione della famiglia quale cellula fondante della nostra cultura, fin dall’epoca preromana, ma è solo una piccola parte…
Se “quella” è una grande italiana che cosa dire di queste umili donne? Ma poi, per essere grandi agli occhi di Dio, perché a noi cattolici solo quello interessa, non bisogna farsi piccoli?  "Grande" forse per la commissione svedese, ma il Papa non è la guida dell’intellighenzia che governa il mondo! o SI! A sentire certe glorificazioni, che, essendo reiterate, non possono essere frutto del caso, senza ripensamenti, correzioni o compensazioni, viene da percepire i “miasmi dell’Inferno” che hanno impregnato i luoghi del potere dei rampolli di quella rivoluzione che nulla, ma proprio nulla, ha a che vedere con il messaggio Evangelico.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano (FM)

lettera aperta a Padre Raniero Cantalamessa


Può essere utile per capire meglio il clima che stiamo vivendo nella Chiesa. Mia moglie ed io avevamo deciso di partecipare, la settimana successiva alla Pasqua, a quattro giorni di catechesi, tenuti da Padre Raniero Cantalamessa, sul seguente tema: “Cristo, nostra Pasqua è stato Immolato. Il Mistero Pasquale meditato e vissuto”. Avevamo la speranza, di incontrare, di chiarire, di comunicare, di illuminare… Non siamo riusciti a parlare con il relatore, nessuno dei presenti ci è riuscito, si è tolto, sistematicamente, dalla nostra premura, con sperimentata abilità, disponendo attorno alla propria persona una barriera altera e invalicabile. Il tema è stato trattato, come è ovvio, dal predicatore della Casa Pontificia, in modo elevato. L’ultimo giorno l’argomento è sembrato fuori tema… poi abbiamo capito: la “giustificazione per fede”, della lettera ai Romani, ha introdotto il tema della "giustificazione" di Lutero, in occasione dei 500 anni, e tutta la serie delle attuali “giustificazioni” della Chiesa.


«Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25-27)

Chi sarà, con P. Cantalamessa, il religioso prostrato, "benedetto" al convegno evangelico ?
Reverendo padre Raniero Cantalamessa,
avrei voluto proporle, se solo me lo avesse consentito, queste brevi riflessioni….
Sono solo uno che cerca di percorrere la strada, non facile, del discernimento… è per questo che mi trovo qui. Ma sento di aver fatto un errore, provocato dal potere enorme che la televisione ha nella nostra vita, anche quando, come nel mio caso, si fa del tutto per esserne fuori. Non abbiamo la percezione del potere della dissimulazione mediatica che ci costringe a vivere nel mondo ingannevole e affabulatorio, conforme allo “spirito del tempo”. Ho seguito sempre, negli ultimi 4 anni di messa in onda, anche ricorrendo alla registrazione, le sue catechesi del sabato pomeriggio. Così siamo venuti, mia moglie ed io, con fervore, a questi incontri di meditazione. Ho voluto partecipare, soprattutto, perché mi permettevo di considerarmi un suo amico, come faceva supporre la sua costante esclamazione “carissimi amici” e il suo sorriso che io, spettatore ingenuo, ritenevo rivolto a me stesso.
Sono venuto, pertanto, non per il “personaggio”, ma per la persona che supponevo di incontrare. Non l’avrei molestata con domande capziose, con l’unico scopo di assecondare la mia patetica vanagloria. Avrei solo cercato un contatto, uno sguardo, una presenza che potesse condurre nel profondo, oltre il compiacimento della mente, persino oltre il cuore, quelle riflessioni sul fine ultimo ed unico del nostro essere. Così non è stato. Beninteso, il tema è stato da lei trattato, come ovviamente ci si aspettava, in modo altissimo, semplice ed erudito. Ci ha accompagnato, malgrado le sue personali difficoltà, in un percorso avvincente e sommamente rigoroso, attraverso il Mistero fondamentale della Passione. Ha condotto con mano la nostra mente a percepire una parte minima, ma grande, di quello che lei conosce. Ci ha fatto ascoltare, per quello che possiamo con i nostri sensi, l’eco lontana, lieve, impercettibile del soffio dello Spirito. Solo su alcuni punti, che non riguardano direttamente la Dottrina della Chiesa, ma più la sua Politica, soprattutto con riferimento alla ricorrenza dei 500 anni, dove peraltro è lecito avere le proprie opinioni, mi sono potuto concedere di non essere d’accordo. Ciononostante mi permetto di dirle che mi aspettavo di più. Ma non c’è stato il tempo né l’opportunità.
Mi ha sempre commosso Gesù che, invece di affrettarsi a fuggire da chi cerca di lapidarlo, si sofferma con un cieco, vicino alla piscina di Siloe, per ridare a lui la luce. È quella Luce che noi vorremmo guardare, inconfondibile, tra mille altre luci che il mondo ogni giorno accende in un bagliore artificiale che deve rendere tutto uguale. Forse se lei avesse dato meno spazio al “personaggio”, senza consentire ad alcuno di farle capire che avrebbe voluto solo avvicinarla come persona. Forse se lei non avesse dovuto affrettarsi ad uscire dalla sala per raggiungere, da solo, l’ascensore. Forse se non avesse dovuto finire in fretta il suo pasto per lasciare la sala mensa e raggiungere il suo telefono, nascosto ma rumoroso, avrebbe avuto più tempo per guardarsi intorno, incontrare, ascoltare, senza parlare, confrontarsi con persone in ricerca, con tutte le suore che si sono prodigate, in questi tre giorni, per rendere gioiosa, come è giusto che sia, l’esposizione della Verità, che hanno dovuto accettare, con rispetto, l’umiliazione per un programma improvvisamente cambiato, che hanno messo grande cura e decoro in ogni più piccola attività, che hanno accolto ogni goccia dell’acqua che lei ha dispensato. Proprio cento anni fa’, a tre piccoli pastori, cattolici romani, che di decoroso indossavano solo l’umiltà, che conoscevano solo qualche decina di parole del loro dialetto, senza saperle né leggere né scrivere, è stato fatto il grandioso dono di guardare quello che tutte le intelligenze terrene unite non potrebbero neanche lontanamente immaginare. Questa è la vera, grande ricorrenza, dove non c’è da dimostrare niente, semmai da guardare più a fondo, dove non servono sofisticati compromessi per far quadrare tesi indimostrabili.
Inoltre se avesse guardato con più attenzione avrebbe potuto notare, tra le persone, “disperse nei pensieri del loro cuore”, me compreso, (e del loro smartphone), una suora minuta il cui nome, Leonia, non corrisponde certo, ma solo apparentemente, al suo temperamento e, tuttavia, affabile e premurosa, con una voce sottile perché il cuore non proclama. Avrebbe potuto ascoltare, senza parlare, i suoi racconti, le sue semplici esortazioni, la sua genuina saggezza che le viene da una vita passata a contatto con gli ultimi, quelli veri, quelli che siamo soliti non solo ignorare ma anche giudicare. Avrebbe potuto osservare la luce particolare che emana dal suo sguardo, dai suoi occhi, la pacatezza unita alla serenità dello spirito, il vestito smagliante dell’umiltà, l’ascolto attento, la premura nel dispensare consigli semplici ma pieni di Parola. Avrebbe potuto ammirare la sua fede antica, senza compromessi, come quella delle donne anziane di paese della mia infanzia, come quella delle donne che hanno condiviso la Passione, non la sua fede razionale, ma tutta la sua persona che la giustifica davanti a Dio.
È un vero peccato (ma è solo un modo di dire...) che lei non abbia avuto questa opportunità, perché dietro allo sguardo timido e discreto di Suor Leonia, tra le pieghe dell’abito, che poi è anche il suo, tra le parole lievi pronunciate nella sua originale cadenza, avrebbe potuto scorgere, con gli occhi del cuore, questa volta oltre l’eco lontana dello Spirito, Gesù in persona.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano (FM)