martedì 16 agosto 2022

DOVE LA CHIESA FIORISCE

 


La testimonianza di mia moglie Miria, pubblicata da Aldo Maria Valli il 16 luglio 2022.

Testimonianza / Ecco dove la Chiesa fiorisce. E perché

di Miria Ciucci



Ormai da diversi anni ci definiamo cattolici erranti, come pecore senza pastore in cerca di scampoli di Chiesa viva e vera. E dobbiamo essere grati al Signore che, in questa landa spesso desolata, non ci ha lasciati mai troppo tempo senza incontrare qualche luce e qualche piccola oasi che rinfranchi il cuore. Occorre tener desto il desiderio e investire tempo e spesso macinare parecchi chilometri. E così quattro anni fa, si direbbe quasi per caso, ma piuttosto direi per una di quelle che una nostra amica monaca chiama “Dio-incidenze”, siamo approdati a un corso di esercizi spirituali guidati da un sacerdote mai sentito nominare. Ma il tema degli esercizi, “I Novissimi”, ormai completamente sparito da omelie, catechesi e meditazioni, faceva sperare di poter trovare un pastore ancora degno di tale nome. Nello spazio di condivisione finale mio marito disse: “Faccio volentieri trecento chilometri per incontrare un prete normale”. Già, un prete normale, ed è lui stesso a dire, a chi lo definisce speciale, che non fa altro che proporre quello che la Chiesa ha sempre indicato, ma che purtroppo non propone più, se non in qualche oasi sperduta, come appunto Staggia Senese. Mai sentita nominare prima di questa circostanza questa località che non è neanche un comune, ma una frazione di poco più di duemila abitanti. Ma questo è il metodo del Signore, che sceglie sempre ciò che non è degno di nota, anche in luoghi come Betlemme e Nazaret, per manifestare la Sua gloria.
E cosa è mai accaduto in questo luogo? È arrivato un sacerdote che, iniziando col riunire un gruppo di quattro giovani, si ritrova oggi a guidare una comunità viva dove sono presenti anche giovani famiglie che non hanno paura di mettere al mondo dei figli e, udite udite, nascono anche vocazioni alla vita consacrata. Il segreto di tutto questo non sembra essere qualche sbalorditiva trovata pastorale, ma sano nutrimento con la Parola di Dio ed il Catechismo della Chiesa cattolica, con conferenze per conoscere le nostri radici cristiane e mettere in guardia dalle derive che oggi infestano la nostra realtà, con una scuola parentale per proteggere i più piccoli dall’azione di indottrinamento che ormai è lo scopo principale della scuola di Stato. Aria da respirare a pieni polmoni, per cui da tutta Italia molti partecipano agli esercizi spirituali proposti e accompagnano i loro figli al campo-scuola estivo.
Finalmente quest’anno siamo riusciti anche noi a far partecipare nostra figlia al campo-scuola guidato da don Stefano, anche forzando un po’ la mano perché a tredici anni ormai le proposte dei genitori si accolgono con reticenza, per non parlare della fede che si cerca di trasmettere e che a quell’età viene messa in discussione. Ormai da tempo la nostra piccola, che a cinque-sei anni, con entusiasmo, partecipava al rosario in parrocchia, guidando anche la recita di una posta, andava a messa malvolentieri e rifiutava la proposta di approfondire il catechismo con me per supplire a quello piuttosto banale proposto dalla parrocchia, incentrato sui temi più disparati come amicizia, adolescenza, solidarietà e molto poco su Gesù Cristo e la Sua Chiesa, e ci giudicava strani, quando non pazzi e comunque sempre esagerati. L’abbiamo accompagnata in questo luogo meraviglioso in mezzo al bosco, lasciandola, imbronciata e diffidente, tra una quarantina di ragazzini e ragazzine che non conosceva, con la promessa che se non le fosse piaciuto non ci sarebbe tornata più. In una chiesa di un paesino poco distante ho acceso una candela davanti alla statua della Madonna affidando a Lei questa esperienza. Da una parte eravamo certi che il suo cuore potesse essere raggiunto, ma dall’altra la sua resistenza sembrava così forte da non lasciare spazio a troppe certezze sull’esito.
L’esito, devo dire, è stato migliore di ogni più rosea aspettativa. D’altronde come in tutte le cose che fa il Signore. Se all’andata non vedeva l’ora di venir via, quando è arrivato il momento di ripartire non è stato facile convincerla a salutare e andare. Come non ricordare le parole del salmo 125? “Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni”. Se le opere si giudicano dai frutti, come giustamente ci indica Gesù, questa è inequivocabilmente opera Sua. Don Stefano è uno strumento, come tutti gli animatori ed aiutanti che mettono a disposizione il loro tempo per supportarlo. L’impressione che ho avuto riprendendo mia figlia e sentendola raccontare questa esperienza è quella di uno sconvolgimento, un mutamento soprattutto di giudizio, dato dall’incontro con qualcosa di nuovo e affascinante che non aveva messo in conto. Il sentimento più evidente che ha manifestato è la meraviglia. “Mamma, tutta un’altra cosa”. Che cosa? “Praticamente tutto”. “Don Stefano è un sacerdote che crede veramente”: evidentemente quelli incontrati sulla sua strada finora non le avevano trasmesso questa certezza della fede. “Quanto è bello stare tra cristiani”: evidentemente non aveva fatto mai esperienza di comunità cristiana. E a noi genitori, prima scartati come pazzi, si è aperta la possibilità di una revisione del giudizio, perché forse l’esperienza che più l’ha toccata è stata quella di sentirsi a casa, di non sentirsi strana.
La nostra società ormai è talmente scristianizzata che chi prova a proporre davvero la fede si sente un extraterrestre. Normale, visto che Gesù stesso ci ha detto “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15,18-19). Il problema è che questo accade anche dentro le realtà ecclesiali, spesso pervase e corrotte dal pensiero del mondo, in nome dell’inclusione e della misericordia che si traduce nel non distinguere più il bene dal male per non offendere la sensibilità di qualcuno. È la Chiesa liquida, figlia della società liquida dalla quale non vuole sentirsi odiata. Questo processo però mi fa ricordare un passo della Scrittura: “Come pecore sono avviate agli Inferi, sarà loro pastore la morte” (Salmo 49). Se non si distingue il bene dal male, l’uomo, naturalmente inclinato al male, si farà trascinare inevitabilmente verso il basso.
Il campo-scuola, una full immersion di soli cinque giorni, ma evidentemente intensi, ha aiutato nostra figlia a maturare un giudizio sulla sostanza delle cose, o meglio, a distinguere ciò che ha sostanza da ciò che non ne ha, ciò che ha sapore da ciò che non ne ha. Inaspettatamente al ritorno è stata disponibile a riprendere l’approfondimento del catechismo, non come un peso, come gli appariva le poche volte che ero riuscita a proporglielo, ma con interesse e partecipazione. E non è stata l’esperienza giocosa che molti possono immaginare ad entusiasmarla. Ci ha raccontato la giornata: due ore di gruppo studio la mattina e due ore il pomeriggio. Ragazzini dagli undici ai tredici anni. Se quanto proposto non fosse stato ricco di sostanza sarebbero fuggiti a gambe levate. E poi mi ha colpito un’altra cosa del suo racconto: “Nel tempo libero Don Stefano era spesso presente e potevamo fargli delle domande o parlare”, per cui anche il tempo libero che poteva essere dedicato al gioco veniva magari impiegato ad approfondire qualcosa. E, meraviglia delle meraviglie, il momento più bello? Quello del silenzio. Mezz’ora di silenzio per la riflessione personale ogni giorno. Ce li vedete i ragazzini undici-tredici anni? No, perché nessuno li prende sul serio e nessuno gli propone qualcosa di interessante. È il segno della vittoria sul mondo della nostra fede.
Allora io ho un suggerimento per le alte cariche della Chiesa: smettete di inventare strategie pastorali (ho visto addirittura che sono proposti dei master di pastorale!) e di rincorrere il mondo per allargare le fila dei fedeli che puntualmente invece si riducono. Dice sempre mio marito che qualunque azienda con un minimo di spirito di sopravvivenza di fronte agli evidenti risultati fallimentari di questo metodo avrebbe cambiato strategia. Guardate dove crescono i frutti e proponete Gesù, la Sua Parola e la dottrina di sempre della Sua Chiesa e la vedrete fiorire come a Staggia, dove non è stato seminato altro che questo, e da tutta Italia ce ne andiamo a nutrire. E dove fiorisce la Chiesa si incontra Gesù e il nostro cuore e quello di ogni uomo della terra, che ricerca Lui, in Lui trova pace.









venerdì 12 agosto 2022

LASCIATE STARE I SANTI

 

Carducci, Boudelaire e Manzoni


Il 15 luglio, a Lapedona, vicino a Fermo, durante la festa del patrono, nel corso della processione e poi in chiesa, si intonava l’Inno a San Quirico. Credo che si intoni ancora oggi, ma le feste patronali dei nostri paesi hanno completamente perduto l’antico fervore, oltreché il vero significato. Composto intorno gli anni ’30 del novecento, su una base musicale ripresa dall’Inno a Sant’Antonio di Padova, è formato da cinque quartine di endecasillabi dei quali riporto i primi due versi dell’ultima strofa:
Sacri a te salgano le preci e i voti
Dall’alma schiera dei tuoi devoti.
Tutta la poesia è tecnicamente ineccepibile e rivela la maestria e la preparazione del suo compositore, al quale il verso in rima baciata veniva molto bene. Per questo doveva certamente sapere che, per il primo verso dell’ultima strofa, stava facendo la citazione dell’ultima strofa dell’Inno a Satana di G. Carducci:
Sacri a te salgano
Gl'incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
De i sacerdoti.
Così una moltitudine di fedeli, da quasi un secolo, intona, senza saperlo, parte di una poesia che Carducci ha composto in una notte, in odio verso la Chiesa Cattolica, in onore e, dico io, su ispirazione del suo grande protettore. Lo dice Carducci stesso in una lettera al Filopanti: «..l’anima mia, dopo anni parecchi di ricerche e di dubbi e di esperimenti penosi, aveva alla fine ritrovato il suo verbo; e “Verbum caro factum est”». Poi, in altra occasione, precisava: «non è mia intensione combattere il cristianesimo, bensì la Chiesa come entità storica, avida di potere, nemica del progresso e timorosa della libertà di pensiero». Come dice Pietro Gibellini in “Giosuè Carducci Tutte le poesie – Newton Compton”: «Il demonio celebrato nelle balzellanti quartine è il principio stesso dell’essere, inteso come idea MASSONICO-POSITIVISTA... La bellezza della natura, lo sguardo di una donna, le gioie dell’amore e i piaceri del convito, gli ardimenti dell’animo e della mente, l’ispirazione poetica, tutto è ricondotto a Satana».
Non vi sono dubbi che il filo conduttore di quasi tutti gli scrittori della seconda metà dell’Ottocento fosse l’appartenenza alla Massoneria. Sei anni prima di questa composizione, nel 1857, un grande poeta francese, Charles Boudelaire, pure lui FRAMASSONE, pubblicava le Litanie di Satana, di cui riporto la “preghiera” finale:
Gloria e lode a te, Satana, nell’alto
dei Cieli, ove regnasti, e nel profondo
dell’Inferno, ove, vinto, sogni in silenzio!
Fa’ che un giorno la mia anima riposi accanto a te
sotto l’Albero della Scienza, quando sulla tua fronte,
come nuovo Tempio, si spanderanno i rami!.
Quando ci dicono, primariamente a scuola, che la nostra letteratura, ma più in generale la nostra cultura moderna, è figlia dei fermenti “positivi” e romantici dei primi dell’Ottocento che, “finalmente” hanno dato una spallata alla vecchia concezione della vita che la Chiesa aveva inculcato per secoli, tarpando le ali alle “magnifiche sorti e progressive”, dobbiamo ricordare che tutto quello che ha portato alla situazione odierna è stato sistematicamente, oscuramente, implacabilmente pilotato dalla MASSONERIA. E pure per il “padre” della nostra letteratura moderna, della evoluzione della lingua, Alessandro Manzoni, FRAMASSONE anche lui, vale quanto affermato da B. Croce, chiaramente insospettabile,  nel 1941: «Alessandro Manzoni, ricco dei più velenosi succhi dell'illuminismo francese, non vede nel Cattolicesimo se non un umanitarismo sociale con dei riti da godere più che da approfondire…». Sembra scritta per la Chiesa di oggi e, infatti, proprio qui occorreva arrivare.
Ma allora perché inserire, in un inno innocuo del patrono di un paesino irrilevante, un verso il cui senso doveva per forza passare quasi del tutto ignorato ? Per attuare una strategia di lungo periodo che, in tre secoli, gradualmente, impercettibilmente ci ha portato nella landa desolata, ricoperta di cenere, in cui siamo ora, con una tecnica che, come altre volte ho detto, può essere chiamata “drogaggio”. Il drogaggio è il metodo che ha praticamente dato avvio all’elettronica dei semiconduttori e consiste nell’inserire particelle infinitesimali di elementi estranei, ad esempio arsenico, su una base di un materiale molto comune, silicio, mutandone in modo significativo le proprietà elettriche. Esso può essere diretto o esplicito oppure indiretto o subdolo, contaminante e in quest'ultima modalità è stato utilizzato nell'inno. Se si prendono, uno per uno, i documenti del Concilio VII, si può constatare quanto questa tecnica è stata utilizzata in modo diretto, ora possiamo dire, con successo. Se prendiamo, ad esempio, la Costituzione Apostolica NOSTRA AETATE, su di un tessuto certamente in linea rispetto alla tradizione della Chiesa, pur trattando un argomento delicato, ad un certo punto si legge, a proposito del rapporto con tutte le altre religioni: «La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è VERO E SANTO in queste religioni». Ecco l’elemento estraneo, l’arsenico, introdotto per modificare in modo sostanziale la Dottrina millenaria della Chiesa.
L'introduzione di questi elementi estranei ha prodotto un avvelenamento lento del nostro sentire il rapporto con Dio, facendo via via cadere le pecore nel precipizio, come il gregge del pastore Oak, del bellissimo “Via dalla Pazza Folla” di Thomas Hardy.






mercoledì 3 agosto 2022

LO ZELO TEMPESTIVO DEL VESCOVO DI FERMO

 



Un episodio di cronaca locale sollecita il vescovo di Fermo ad emettere un comunicato per far osservare un minuto di silenzio, in sostituzione dell’omelia, durante la messa di domenica. Si tratta di un episodio di violenza individuale che viene, al solito, utilizzato per panegirici di carattere generale. Pertanto un popolo reso completamente remissivo fino all’autodistruzione, che accetta tutto sulla propria pelle, dalla sostituzione etnica alla demolizione totale del proprio passato, dalla omologazione più triviale alla normalizzazione di depravazioni distruttive, fino all’autocommiserazione, fino alla inoculazione coatta, viene trattato, per fini di sporca ideologia, come la più vile delle genie.
Ora a parte il fatto che sarebbe opportuno che tutte le omelie di ogni domenica venissero sostituite dal silenzio, perché il Vangelo trasmette ad ognuno molto di più delle sciatterie che siamo costretti ad ascoltare, io mi chiedo e vorrei chiedere a sua eccellenza, se solo ne avessi la possibilità, perché mai un analogo silenzio non viene adottato per gli italiani che subiscono la medesima sorte, per le chiese che vengono profanate, distrutte, incendiate, per i milioni di esseri umani uccisi, ogni anno, prima di nascere, per le migliaia di cristiani che, ogni anno, vengono massacrati (solo in Nigeria 4.650 l’anno scorso, il 78% dei fedeli ammazzati in tutto il mondo), per la sistematica, costante demolizione della famiglia, così come l’ha voluta Nostro Signore, di cui il festival di Monte Urano costituisce una vicina manifestazione, per lo scandalo delle carnevalate che, nel mese di giugno, molestano le nostre città, per la partecipazione deferente del papa di Santa Romana Chiesa e di una decina di cardinali e vescovi ad un rito di stregoneria, con tanto di evocazione degli “spiriti”, per la manifesta violazione del primo dei Comandamenti di Dio e la conseguente, prevedibile ricaduta su tutto il suo popolo, esattamente come già avvenuto con l'adorazione della pachamama sulla tomba dell'Apostolo ?


P.S. ho postato questo commento sul portale della Diocesi di Fermo, lunedì scorso, ma, ovviamente, non è stato pubblicato. Strano perché loro sono aperti a tutte le "aperture", a tutte le "inclusioni", loro sono "non divisivi".