martedì 13 aprile 2021

LA DEVOZIONE ORIZZONTALE

 



LA MESSA È FINITA
Un’ora e un quarto di supplizio, alla messa di domenica, si fa per dire, nulla rispetto al Vero Supplizio di Nostro Signore.
4500 secondi, non un solo secondo di silenzio, neppure durante la Consacrazione, addolcita da canti e suoni. Nessuna possibilità di raccoglimento, il dissolvimento dell’anima individuale nella psiche collettiva e conviviale, suggestionata dai canti schitarrati del più mieloso sentimentalismo. La luce dei riflettori che filtra anche a palpebre chiuse, che pervade lo spazio e illumina i falsi protagonisti, escludendo qualsiasi rifugio interiore alla nostra umiliazione davanti al Sacrificio. La musica pop melodica, suggestiva per lo stomaco, non per l’anima. La mancanza totale di pathos, di pietà, di devozione, che solo il silenzio e la mortificazione rendono possibili. La Messa non è una festa di popolo. L’uomo al centro, penoso protagonista di un rito che ormai ha perduto, pur nella sua versione semimodernista, ogni riferimento alla sua istituzione sulla salita del Calvario e ai piedi della Croce, dove non c'è spazio per i convenevoli e per gli inchini della devozione orizzontale.
Mi sarei aspettato: «Lo spettacolo è finito, andate in pace», ma la messa è finita... non sono andato “in pace”.

Claudio Gazzoli



LA VERA MESSA











giovedì 1 aprile 2021

IL NUOVO PAGANESIMO

 



Alcune feste religiose derivano dalla trasformazione di antiche feste pagane. Ora sta avvenendo il contrario, le feste religiose, a partire da quelle più importanti, vengono tramutate in feste pagane. Non il ritorno agli dei pagani, come quello voluto da un imperatore filosofo, Flavio Claudio Giuliano, avverso al cristianesimo, ma la transizione, ormai compiuta, verso un nuovo paganesimo che utilizza gli stessi simboli a cui è stato completamente alterato il significato originario. Così il profluvio di uova di cioccolata di tutti i gusti e colori e delle colombe disposte a piramide nei supermercati stanno ad inneggiare al ritorno della primavera, al ciclo della vita che riprende sotto la spinta della “madre terra”. Ma i nuovi dei, che poi non sono altro che il travestimento poliedrico del serpente antico, sono assetati di sangue, così il sabato santo, proprio alla vigilia della festa religiosa più importante, mentre l’altare è totalmente spoglio, mentre la Chiesa è in raccoglimento per Gesù che giace nel sepolcro in attesa della definitiva vittoria sulla morte, in alcune chiese viene allestita la “vaccinazione di massa”. Questa è la festa lugubre del nuovo paganesimo.

La tensione della settimana santa si percepiva nell’aria, nel silenzio, nella liturgia, nella processione del Venerdì Santo ed evaporava nel bagliore infinito del giorno di Pasqua. Il lunedì di Pasqua, Pasquetta, andavamo da nonna per il pranzo con i parenti, come ogni anno. La coratella d’agnello con le uova come antipasto e poi i vincisgrassi, cotti nel forno a legna, la papera in umido, poi ovviamente il pollo arrosto con le patate, il rosbif e tanti contorni di erbe di campagna. Capitava quasi sempre una bellissima giornata di primavera, dove si sentiva davvero «del prunalbo l’odorino amaro», l’aria limpida e fresca in una campagna ancora incontaminata, la luce radiosa della Risurrezione proiettata nell’azzurro del cielo.

A noi bambini, la mattina, appena arrivati, mia nonna regalava un uovo lesso ciascuno, colorato di azzurro o rosa con tanti puntini bianchi. Poi sul tavolo apparecchiato sull’aia, con la tovaglia bianca ricamata, la pizza pasquale, che da noi non è col formaggio come nell’ascolano ma dolce e di un giallo intenso con la crosta molto scura. Ci faceva anche assaggiare un goccio di vino cotto. Questa era la festa luminosa di Nostro Signore.

Claudio Gazzoli - Monterubbiano