martedì 17 giugno 2025

NAVE ALLA DERIVA

Il nuovo comandante che prende in mano la nave, con gravissime falle nella carena, provocate dagli scogli e dai fondali sui quali, ignobilmente, per impudenza, negligenza, insolenza, inettitudine, volontà di autodistruzione o distruzione preordinata, il precedente comandante, assieme a quasi tutto il suo equipaggio di alcolizzati ed invasati, ha portato la nave, dovrebbe individuare, quale indifferibile, la riparazione delle falle, visto che le pompe non riescono più ad estrarre l’acqua e la nave rischia l’affondamento con tutti i suoi passeggeri.
I malanni che, ormai da diversi decenni, affliggono la Chiesa non hanno tutti lo stesso valore. Appartengono ad una scala gerarchica sulla quale ai primissimi posti ci sono, come è ovvio, i problemi che si riferiscono alla sfera spirituale, anche perché è in quella sfera che avviene la vera battaglia. Tra questi, limitandomi a quello che occupa il primo posto, vi è il continuato SACRILEGIO compiuto verso le Sacre Specie, migliaia di volte al giorno. Tale sacrilegio riguarda sia l’aspetto della riverenza dovuta e del modo in cui vengono trattate le Sacre Specie, sia la disposizione d’animo di chi si accosta alla Santa Eucarestia. Questo Sacrilegio continuato (voragini nella carena della nave) alimenta la metastasi in corso e costituisce un processo in crescita continua, autoalimentato, di per sé irreversibile.
Allora, qui le cose sono due:
-          o il comandante (Vicario di Cristo) riconosce che questo è l’accidente da affrontare SUBITO e per esso  non occorrono procedure, documenti di duecentocinquanta pagine, impegni economici, corsi di formazione, compromessi politici o il terrore di sembrare “divisivi”; bastano due righe, come: “l’Eucarestia deve essere distribuita SOLO dal sacerdote, con l’assistenza di un chierico per il piattino, rigorosamente in bocca, al ricevente opportunamente inginocchiato ed in stato di assenza di peccato mortale”;
-          oppure non ritiene che questo (e diversi altri dello stesso ordine) sia un problema e crede più urgente raddrizzare, con discrezione, i quadri sulle pareti delle cabine, ma allora non è adatto al ruolo di comandante.
Gesù non si è recato dai custodi del Tempio ad esporre umilmente che quel mercato, tra l’altro nel cortile antistante il tempio vero e proprio, era inopportuno e che, evitando di apparire troppo divisivi, occorreva convincere i mercanti a spostarsi poco più in là. Gesù è stato “rigido” e quella severità gli è costata il supplizio della croce.
C’è una separazione infinita tra le cose del mondo, di sviluppo irrimediabilmente orizzontale, governate e quindi soggiogate dalla politica, con tutti i suoi tentacoli,  e le cose dello spirito, di sviluppo eminentemente verticale. Prima della soppressione forzata del potere temporale del papa, i liberal/massoni sostenevano, strumentalmente, che il papa dovesse occuparsi esclusivamente delle cose dello spirito. Ma i papi di allora riuscivano a contemperare la parte spirituale e quella temporale, anche perché quest’ultima discende direttamente dalla prima. Ora che non esiste più, per i motivi che sappiamo, il potere temporale, paradossalmente i papi si occupano quasi esclusivamente delle sostanze corporee; anzi si preoccupano di piegare lo spirito sotto le forche caudine del mondo. Il Vicario di Cristo non deve aver paura di offendere gli uomini, deve avere il terrore di offendere Dio.

Troppo estremo ?
«Fatto pertanto un flagello con cordicelle, li scacciò tutti dal tempio con le loro pecore e buoi» Giov 2:15. Ma che cosa se ne faceva Gesù di una frusta di cordicelle, non è buona “per rovesciare i tavoli” !
«Ma Gesù le rispose: Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta»  Luca 10,41-42.

 

 

  

martedì 10 giugno 2025

CIVIS ROMANUS SUM

È una percezione che ho cominciato ad avere più di venti anni fa, ma ora appare definitiva, NON MI SENTO ITALIANO.
Come a messa, ci sto fisicamente ma non con la coscienza che vaga alla ricerca della vera messa…. così sono cittadino di questo Stato perché le leggi me lo hanno imposto, sono cittadino con il corpo, con la mia biologia certificata dalla tessera sanitaria e censita dal codice fiscale, con i miei dati anagrafici da loro amministrati, per le tasse che pago, ma non con l’intelletto, non con l’animo. Sono cittadino romano, poi cristiano dello Stato Pontificio, stato di diritto confiscato dai massoni del cosiddetto risorgimento.
Mi sento di appartenere a questa nazione Italia, che amo, l’Italia di Virgilio, che fa dire ad Enea, in fuga da Troia ed in vista delle coste del Salento:
«Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis
cum procul obscuros collis humilemque videmus
Italiam».
(E già, fugate le stelle, arrossiva l'aurora, quando vediamo lontano oscuri colli e, umile sull’orizzonte, l’Italia.) - trad. V. Sermonti.

Gli uomini di allora, di cui ho potuto solo sfiorare la conoscenza, non avevano il problema di questa dicotomia. Loro erano, internamente ed esteriormente un’unica entità. È la modernità che ha costretto, chi vuole essere sé stesso – e mai come oggi questo ha un suo profondo significato – ad essere diviso tra una parte esteriore, senza la quale non ti fanno vivere e una parte interiore.
Avevamo un’antica, unica identità, eravamo già un popolo, eravamo già una nazione, che si riconosceva in principi comuni come il campanile, il focolare, la parrocchia (cfr. “Le Due Italie” di Massimo Viglione). Paradossalmente, ora che siamo Stato, non abbiamo più una identità comune, se non quella indeterminata, perché ingiunta, dell’appartenenza al mondo globalizzato, avvalorata da quello strumento che ormai costituisce un’appendice delle nostre mani (e del nostro cervello...). Ma anche questo fa parte della storia, il preordinato azzeramento di una identità precisa, riconoscibile, ereditaria, era il presupposto per la collettivizzazione dei “cittadini” , per la evaporazione delle coscienze nella nebulosa svolazzante e caotica del mondo senza Dio.

N.B
NAZIONE (dal vocabolario Treccani): Il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica.