lunedì 17 dicembre 2018

IL NATALE DI NONNA LISA


Lo aveva cercato invano per tutto il pomeriggio, quel bambinello di terracotta. Glielo aveva regalato suo padre, quando era bambina, acquistandolo da un mercante napoletano che girava con il suo carro trainato da due cavalli malconci. Da allora lo aveva sempre messo nel presepio, che aveva preparato tutti gli anni e, anche se liso e scalfito, pure, solo quello per lei era Gesù Bambino. Lo aveva allestito anche quest’anno, per far felici le due nipotine, nonostante gli acciacchi e l’artrosi che le bloccava le dita ormai deformi. Superati i settant’anni, risentiva dei movimenti di una vita trascorsa senza mai fermarsi, fin da ragazza, neanche con la febbre, perché la "vergara" non deve mai ammalarsi, a lavare, cucinare, pulire, custodire gli animali, quelli spettanti a lei, le pecore, la capretta, le galline e la “viocca” con i pulcini, le oche, le papere, i conigli e poi zappare nei campi e nell’orto, raccogliere la legna in fascine per il forno e il camino, sbiancare le lenzuola di canapa con la cenere, fare il formaggio con il latte di pecora, preparare il pane cotto nel forno, lavorare al telaio, trasportare in testa la brocca dell’acqua per bere e cucinare dalla fontana pubblica, preparare la colazione da portare al campo, con il canestro, il fuoco per le erbe cotte e le patate del pasto serale. Chissà, forse lo aveva messo in un posto diverso dal solito, anche se gli sembrava di averlo riposto insieme a tutti gli altri, nella solita scatola di cartone, con la Madonna e San Giuseppe, di creta dipinta, che lei stessa aveva modellato, in quarta elementare, l’ultima classe da lei frequentata. La faceva sentire orgogliosa, ma anche fortunata, aver imparato a leggere e scrivere,  con il bravo maestro che insegnava anche le arti e i mestieri, facendo costruire trenini a vapore ai bambini, e bambole e pupi alle bambine. Si sentiva spossata, dopo la giornata passata a preparare, per il pranzo di Natale, il brodo di cappone per la stracciatella, la coratella di agnello con le uova, la pizza e il fristingo con i fichi secchi. Aveva anche preparato il pollo, da cuocere, arrosto con le patate, nel forno a legna, la mattina di Natale. Portava con sé un dolore intenso, costante alle anche, che diventava lancinante ad ogni passo, ad ogni piegamento. Ciononostante aveva intenzione di percorrere, a piedi, il chilometro di strada bianca per recarsi alla messa di mezzanotte, all’impossibile ci era abituata.
Guardava sconsolata la mangiatoia vuota e si era decisa a farlo di marzapane, quando d’improvviso, mentre veniva attirata da una goccia d’acqua che stava per cadere dal soffitto,  un cono di luce policroma e vivida, più del sole a mezzogiorno, proveniente dalla mangiatoia, la avvolse e, per un istante infinitesimo del suo tempo, si ritrovò, stupita e incantata, a viaggiare, lei che solo una volta aveva visto il mare, nell’oceano infinito senza tempo della dimensione che solo a Dio appartiene. Continuava a guardare il presepio ma, ora, c’era Gesù bambino vero, vivo, con le braccine alzate a toccare le mani di Giuseppe, i pastori veri, i fuochi veri, le pecore vere, sotto un cielo stellato, sfavillante come lei non aveva mai visto. Poi, attonita eppure serena, il suo sguardo incrociava quello di Maria, provata ma bellissima, come tutte le mamme dopo il parto, avvolta da un incanto paradisiaco. Le sorrise per un attimo che sembrava eterno, avrebbe voluto parlarle ma si sentì svenire, per un momento perse i sensi e si ritrovò seduta, sul pavimento, come se fosse uscita da un lunghissimo sonno, davanti al suo presepio, mentre la goccia colpiva la testa del pastore di cartapesta. Lo guardava sorpresa, ancora confusa, e con quale meraviglia scorse, sulla paglia della mangiatoia, il bambino di terracotta riapparso lindo, luccicante, riverniciato a nuovo.
Ci mise del tempo per riaversi, mentre si incamminava, in quella notte stellata, dopo la pioggia, che solo alla lontana ricordava quella vista poco prima, fredda ma placida, verso la chiesa per assistere alla messa. Si chiedeva perché proprio a lei questo tuffo straordinario nel Mistero, mentre decideva che avrebbe mantenuto il segreto. Non sentiva più il dolore alle anche e non poteva distogliersi da quel sorriso, che sognava di riguardare, magari osservando la statua della Madonna delle Grazie, nel piccolo santuario dove si stava recando e pensava che, ora, poteva anche morire per rivederlo.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano


Dedicato a tutte le donne che, con umiltà, come Maria, si sono votate interamente alla famiglia, senza mai alcun segno di vanagloria,  di esibizione, di esteriorità, conducendo una vita che con i modelli odierni sarebbe considerata “sprecata”, che hanno offerto a Dio la propria sofferenza, che allevavano con cura e amore tutti i figli che arrivavano, privandosi di tutto per loro, che solevano dire sempre, davanti alle avversità, “sarà come Dio vorrà”.



Nessun commento:

Posta un commento