il cardinale Bergoglio distribuisce l'Eucarestia |
«… con il proponimento di cambiare vita si compie
il movimento del pentimento. Non basta il sentimento, per quanto intenso.
L’autenticità del pentimento si rende visibile nel cambiamento della vita,
nella conversio morum, direbbe S. Benedetto.
E’ di questo pentimento che si fa forma di vita, non semplicemente atto
puntuale e isolato, che abbiamo soprattutto bisogno. Ne ha bisogno la Chiesa in
questa fase difficile e decadente della sua esistenza, costellata da scandali e
inadempienze, confusione e corruzione, segnata da abbandoni, distorsioni della
vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori. La
triste realtà non solo della pedofilia, ma anche e soprattutto della
penetrazione dell’omosessualismo clericale diventato idea o ideologia da
difendere e promuovere, gli attentati all’unicità del matrimonio indissolubile
da parte di teologi e vescovi, l’assuefazione al fenomeno dell’aborto, sono la
punta di iceberg di una malattia vasta che ha aggredito la Chiesa e da cui non
si può guarire senza pentimento. La riforma ecclesiale, anche la riforma voluta
dal Vaticano II, ha bisogno dell’umiltà del pentimento e della conversione come
i santi hanno sempre insegnato con la loro vita. Senza pentimento non c’è
neppure misericordia, perché quest’ultima comincia a manifestarsi proprio nel
pentimento. Senza proposito di conversione, senza cambiamento reale di vita,
senza la “fatica dell’obbedienza” alla volontà di Dio, la misericordia è una
parola vuota. La prima parola che Gesù pronuncia all’inizio della sua missione
pubblica è: “Convertitevi, perché il
regno di Dio è vicino” (Mt 4,17). E durante la sua predicazione ammonisce:
“Se non vi convertirete, perirete tutti
allo stesso modo” (Lc 13,3.5). Abbiamo sentito spesso l’annuncio della
misericordia, in questi ultimi anni. Abbiamo bisogno che ci venga ricordato
ora, con altrettanta forza, il pressante invito a pentirsi, chiamando per nome
il peccato e i peccati, per evitare la pena che meritiamo e per approdare a un
po’ più di amore. Perché “guai a coloro
che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la
luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is
5,20). Il peggior peccato è il non chiamare più il peccato per nome, rendendo
vana e impotente la grazia».
Dalla rivista LA SCALA n.
4/2018 dei monaci benedettini di Noci, editoriale “Dalla misericordia al pentimento”.
Per fortuna, tra i religiosi, c’è qualcuno che parla chiaro, con il coraggio della Fede. Ma c’è dell’altro. La misericordia senza pentimento, nei confronti di un peccato dai contorni sempre più confusi, è abusare del rapporto con Dio, renderlo confidenziale e quindi PROFANO. Serve a preparare il terreno verso la PROFANAZIONE della sessualità, della famiglia, del rapporto esclusivo con Dio.
Per praticare il
pentimento, che presuppone la richiesta di perdono, occorre accantonare la
centralità dell’uomo che si è fatto dio e riportare Dio al centro. Occorre
ricominciare a parlare di morale individuale visto che la nuova Chiesa, come
dimostra anche l’ultimo summit in Vaticano, NON PARLA PIÙ DEL PECCATO PER NON
OFFENDERE I PECCATORI. Ora siamo invece
alla “industrializzazione” della Dottrina, per renderla compatibile,
materializzandola, con il mondo digitale e, perciò, illusorio della modernità.
Ma la modernità contiene anche il modernismo, in un connubio ormai
imprescindibile che è frantumazione del pensiero, dissoluzione della realtà e
sua successiva ricomposizione, proprio come avviene nei circuiti elettronici
digitali di uno smartphone. Solo che in questo processo tutto vi può essere
introdotto. Il mondo digitale non è più il mondo reale. La religione
digitalizzata e poi liquefatta della nuova chiesa non è più la Religione. Tutto
può essere accettato. Pollock che spruzza la tela, con pennelli imbevuti di
vernice, crea un’opera d’arte modernista, frantuma il pensiero e lo ricompone
in modo casuale, separa la materia dalla ragione, che è parte dello spirito.
Tutto diventa possibile, come tutto è possibile nelle moderne liturgie. Solo
che non si sta imbrattando una tela ma si PROFANA il nostro rapporto con Dio.
La separazione, anzi la sottomissione dello spirito alla materia è
PROFANAZIONE. E’ un ribaltamento della nostra storia. Per mangiare il pane
occorre prima farlo, con amore, come si faceva una volta, avendo cura degli
ingredienti, il lievito madre, il grano, la farina, la legna per la cottura. Il
pane che noi mangiamo, quello fatto in casa, ha un contenuto enorme di
pensieri, gesti, preoccupazioni, in una parola di spirito, che viene prima
della materia altrimenti non ci sarebbe il pane. La perdita del legame tra
materia e tradizione è PROFANAZIONE della nostra cultura. La perdita del
rapporto tra la nostra vita, la Dottrina e la storia è PROFANAZIONE della Religione.
Questi monaci
benedettini sono ottimisti, come è giusto che sia, parlano di “distorsioni
della vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori…”.
Ma dove sono i Vescovi che dovrebbero difendere la Vera Dottrina, occuparsi della salvezza dell'anima individuale, e che invece per calcolo, per paura, per adesione ideologica o, semplicemente perché non ci credono..., chiudono gli occhi e gli orecchi davanti alla sistematica, quotidiana
PROFANAZIONE del rapporto formale ed essenziale con Dio, con l’alibi ipocrita,
quando va bene, di “difendere la pastorale”. Ma
quale pastorale, quella della evangelizzazione con le canzoni di un
festival satanico o della trasgressione della morale personale, della
consacrazione delle coppie omo, dell’uso sistematico di categorie plurali che
appartengono alla sfera della politica e non della religione. I Vescovi che
sospendono a divinis sacerdoti che difendono la Vera Dottrina e poi corrono ad
abbracciare quelli “sposati” con partner dello stesso sesso, che orchestrano
balli e danze oscene in chiesa, che organizzano il “black friday” della confessione,
trasformandola in merce da baratto, che
organizzano la catechesi della famiglia dove non si parla mai della Sacra
Famiglia, dove però ti dicono che al centro del matrimonio c’è il talamo,
quello di Ulisse e Penelope, che si occupano, molti di loro, unicamente, delle pecore invadenti dei mandriani confinanti e non delle proprie, che traghettano una moltitudine di fedeli
inconsapevoli verso la nuova religione della materia, perciò del nulla, trasformando la Rivelazione
in un programma PROFANO. Ma se non intervengono sono conniventi! Dovrebbero
pentirsi in massa, praticando la conversio
morum, per sperare nella misericordia, visto che stanno peccando contro lo
Spirito, chiedendo perdono non a Maometto, Lutero, Savonarola, Galileo o
Giordano Bruno, ma a Colui che hanno sommamente offeso, per il ruolo che
occupano! Non è neanche pericoloso, vista la distanza infinita tra l’emarginazione
e il martirio.
Tra chiese
trasformate in refettorio, e rappresentazioni lascive davanti all’altare, può
sembrare una piccola PROFANAZIONE, quella dei saluti finali del sacerdote, al
termine della messa, alla quale ha già fatto cenno, opportunamente, Aldo Maria
Valli
(https://www.aldomariavalli.it/2019/01/30/sia-lodato-gesu-cristo-limportanza-di-un-saluto-dimenticato/), ma è significativa dell’aria che si respira.
Le messe meno protestanti a cui riesco a partecipare dalle mie parti, terminano
con “buona sera o buona domenica…”, ma più spesso con il più trendy “buona
serata”, come quello, ormai scontato e obbligato, della cassiera del
supermarket. “Buona serata” è l’evoluzione antropologica di “buona sera”,
esprime qualcosa di più allargato, valori nuovi, trasgressioni, serate al lume
di candela… non più la “sera” immagine mistica di Foscolo o l’atmosfera pacata
e devota dell’Angelus di Millet, ma la “serata” intrigante e velatamente
trasgressiva dell’appagamento dei sensi. Ma dopo la Benedizione e la pace che
cosa aggiungere ? Non ci basta uscire dalla Chiesa con la Benedizione che viene
da Dio, vogliamo PROFANARLA con la nostra benedizione.
Ma la madre di
tutte le PROFANAZIONI è sistematicamente consumata nei confronti
dell’Eucarestia, la più grande eredità che Gesù ha lasciato alla Chiesa. Tale
profanazione ha origini lontane, con una forte accelerazione negli ultimi sei
anni. L’allentamento della dottrina a favore della “confidenza con Dio”, la
smania della protestantizzazione, ha portato alla situazione attuale. Ma visto
che POTREBBE ESSERE VERO IL CONTRARIO, è necessaria una svolta, che poi
è un ritorno, accettando, con umiltà di avere sbagliato. Il recupero del senso
del sacro è il primo passo della riconciliazione con Dio, da parte della
Chiesa. In media, in una messa della durata di 45 minuti, sono 30 i minuti
dedicati alla liturgia della parola, 2 minuti riservati alla consacrazione, 3
minuti, quando va bene, allo scambio della pace, diventato ormai occasione di
saluti, riverenze, salamelecchi, complimenti, convenevoli, arrivederci, “aah, ci sei pure tu? poi ci vediamo stasera
in pizzeria, come sta tua cugina?, a quando la lieta novella?, è tanto che
non ci vediamo… fatti sentire”, 2 minuti alla distribuzione dell’Eucarestia,
rigorosamente sulla mano, come i dolcetti di carnevale ai bambini mascherati,
con il supporto, ormai ordinario, del ministro o dei ministri straordinari
dell’Eucarestia, 1 minuto alla recita del Padre Nostro da parte di tutti i
“celebranti” imitanti il presidente dell’assemblea, 3 minuti alle comunicazioni “di rito” che
precedono la benedizione finale, i 4 minuti restanti alle parti che non ho
nominato, come il trasporto della pisside dal “recondito” tabernacolo, sempre
da parte del ministro straordinario. In merito alla distribuzione
dell’Eucarestia, si può annotare che invece di 2 minuti, con l'assistenza del
ministro promosso "ordinario", il sacerdote, da solo, ne
impiegherebbe 4, magari togliendoli all'omelia. Sarebbe un affronto alla nuova
liturgia dell'uomo protagonista ?
Commuove, nel libro "Il
curato d'Ars" di Francois Trochu, un episodio del 1807, quando il
cardinale Fesh, dopo gli anni cruenti della rivoluzione, presenzia la messa
nella cattedrale di Lione: "... il modo curioso e pratico con cui il
cardinale Fesh amministrava l'Eucarestia e la confermazione merita di essere
citato. Aveva fatto confezionare un vaso di forma allungata, d'argento dorato,
che poteva contenere più di tremila particole. Con questo riempiva la pisside,
con cui percorreva la chiesa...". Non aveva bisogno di ministri
straordinari.
Quando un
edificio è pericolante, nonostante la base rocciosa su cui è poggiato, occorre
cominciare il risanamento dalla fondazione. Ribadendo il legame profondo tra il
sacramento della confessione e la comunione, senza Scomodare San Tommaso
d'Aquino ed entrare in questioni teologico/dottrinali di cui non sono
competente, voglio riassumere, nei punti che seguono, una proposta, minima, sufficientemente
condivisa, di ritorno al Sacro, scontata, con il rischio di apparire ovvia:
1. rimettere il tabernacolo al centro della celebrazione, davanti al sacerdote celebrante;
2. abolire la figura del ministro straordinario dell'Eucarestia e concedere solo al sacerdote di toccare con le mani le particole;
2. abolire la figura del ministro straordinario dell'Eucarestia e concedere solo al sacerdote di toccare con le mani le particole;
3. permettere ai fedeli di ricevere la particola
in ginocchio posizionando un inginocchiatoio tale da accogliere più persone;
4. dare la particola direttamente sulla lingua,
non permettendo di darla sulla mano.
pubblicato da:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/02/27/profanazione-avvilire-se-stessi/
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https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/02/27/profanazione-avvilire-se-stessi/
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