venerdì 1 marzo 2019

PROFANAZIONE




il cardinale Bergoglio distribuisce l'Eucarestia




«… con il proponimento di cambiare vita si compie il movimento del pentimento. Non basta il sentimento, per quanto intenso. L’autenticità del pentimento si rende visibile nel cambiamento della vita, nella conversio morum, direbbe S. Benedetto. E’ di questo pentimento che si fa forma di vita, non semplicemente atto puntuale e isolato, che abbiamo soprattutto bisogno. Ne ha bisogno la Chiesa in questa fase difficile e decadente della sua esistenza, costellata da scandali e inadempienze, confusione e corruzione, segnata da abbandoni, distorsioni della vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori. La triste realtà non solo della pedofilia, ma anche e soprattutto della penetrazione dell’omosessualismo clericale diventato idea o ideologia da difendere e promuovere, gli attentati all’unicità del matrimonio indissolubile da parte di teologi e vescovi, l’assuefazione al fenomeno dell’aborto, sono la punta di iceberg di una malattia vasta che ha aggredito la Chiesa e da cui non si può guarire senza pentimento. La riforma ecclesiale, anche la riforma voluta dal Vaticano II, ha bisogno dell’umiltà del pentimento e della conversione come i santi hanno sempre insegnato con la loro vita. Senza pentimento non c’è neppure misericordia, perché quest’ultima comincia a manifestarsi proprio nel pentimento. Senza proposito di conversione, senza cambiamento reale di vita, senza la “fatica dell’obbedienza” alla volontà di Dio, la misericordia è una parola vuota. La prima parola che Gesù pronuncia all’inizio della sua missione pubblica è: “Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino” (Mt 4,17). E durante la sua predicazione ammonisce: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,3.5). Abbiamo sentito spesso l’annuncio della misericordia, in questi ultimi anni. Abbiamo bisogno che ci venga ricordato ora, con altrettanta forza, il pressante invito a pentirsi, chiamando per nome il peccato e i peccati, per evitare la pena che meritiamo e per approdare a un po’ più di amore. Perché “guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is 5,20). Il peggior peccato è il non chiamare più il peccato per nome, rendendo vana e impotente la grazia».
Dalla rivista LA SCALA n. 4/2018 dei monaci benedettini di Noci, editoriale “Dalla misericordia al pentimento”.

Per fortuna, tra i religiosi, c’è qualcuno che parla chiaro, con il coraggio della Fede. Ma c’è dell’altro. La misericordia senza pentimento, nei confronti di un peccato dai contorni sempre più confusi, è abusare del rapporto con Dio, renderlo confidenziale e quindi PROFANO. Serve a preparare il terreno verso la PROFANAZIONE della sessualità, della famiglia, del rapporto esclusivo con Dio.
Per praticare il pentimento, che presuppone la richiesta di perdono, occorre accantonare la centralità dell’uomo che si è fatto dio e riportare Dio al centro. Occorre ricominciare a parlare di morale individuale visto che la nuova Chiesa, come dimostra anche l’ultimo summit in Vaticano, NON PARLA PIÙ DEL PECCATO PER NON OFFENDERE I PECCATORI.  Ora siamo invece alla “industrializzazione” della Dottrina, per renderla compatibile, materializzandola, con il mondo digitale e, perciò, illusorio della modernità. Ma la modernità contiene anche il modernismo, in un connubio ormai imprescindibile che è frantumazione del pensiero, dissoluzione della realtà e sua successiva ricomposizione, proprio come avviene nei circuiti elettronici digitali di uno smartphone. Solo che in questo processo tutto vi può essere introdotto. Il mondo digitale non è più il mondo reale. La religione digitalizzata e poi liquefatta della nuova chiesa non è più la Religione. Tutto può essere accettato. Pollock che spruzza la tela, con pennelli imbevuti di vernice, crea un’opera d’arte modernista, frantuma il pensiero e lo ricompone in modo casuale, separa la materia dalla ragione, che è parte dello spirito. Tutto diventa possibile, come tutto è possibile nelle moderne liturgie. Solo che non si sta imbrattando una tela ma si PROFANA il nostro rapporto con Dio. La separazione, anzi la sottomissione dello spirito alla materia è PROFANAZIONE. E’ un ribaltamento della nostra storia. Per mangiare il pane occorre prima farlo, con amore, come si faceva una volta, avendo cura degli ingredienti, il lievito madre, il grano, la farina, la legna per la cottura. Il pane che noi mangiamo, quello fatto in casa, ha un contenuto enorme di pensieri, gesti, preoccupazioni, in una parola di spirito, che viene prima della materia altrimenti non ci sarebbe il pane. La perdita del legame tra materia e tradizione è PROFANAZIONE della nostra cultura. La perdita del rapporto tra la nostra vita, la Dottrina e la storia è PROFANAZIONE della Religione.
Questi monaci benedettini sono ottimisti, come è giusto che sia, parlano di “distorsioni della vera fede e dell’insegnamento morale anche da parte di alcuni pastori…”. Ma dove sono i Vescovi che dovrebbero difendere la Vera Dottrina, occuparsi della salvezza dell'anima individuale, e che invece per calcolo, per paura, per adesione ideologica o, semplicemente perché non ci credono..., chiudono gli occhi e gli orecchi davanti alla sistematica, quotidiana PROFANAZIONE del rapporto formale ed essenziale con Dio, con l’alibi ipocrita, quando va bene, di “difendere la pastorale”. Ma  quale pastorale, quella della evangelizzazione con le canzoni di un festival satanico o della trasgressione della morale personale, della consacrazione delle coppie omo, dell’uso sistematico di categorie plurali che appartengono alla sfera della politica e non della religione. I Vescovi che sospendono a divinis sacerdoti che difendono la Vera Dottrina e poi corrono ad abbracciare quelli “sposati” con partner dello stesso sesso, che orchestrano balli e danze oscene in chiesa, che organizzano il “black friday” della confessione, trasformandola in  merce da baratto, che organizzano la catechesi della famiglia dove non si parla mai della Sacra Famiglia, dove però ti dicono che al centro del matrimonio c’è il talamo, quello di Ulisse e Penelope, che si occupano, molti di loro, unicamente, delle pecore invadenti dei mandriani confinanti e non delle proprie, che traghettano una moltitudine di fedeli inconsapevoli verso la nuova religione della materia, perciò del nulla, trasformando la Rivelazione in un programma PROFANO. Ma se non intervengono sono conniventi! Dovrebbero pentirsi in massa, praticando la conversio morum, per sperare nella misericordia, visto che stanno peccando contro lo Spirito, chiedendo perdono non a Maometto, Lutero, Savonarola, Galileo o Giordano Bruno, ma a Colui che hanno sommamente offeso, per il ruolo che occupano! Non è neanche pericoloso, vista la distanza infinita tra l’emarginazione e il martirio.
Tra chiese trasformate in refettorio, e rappresentazioni lascive davanti all’altare, può sembrare una piccola PROFANAZIONE, quella dei saluti finali del sacerdote, al termine della messa, alla quale ha già fatto cenno, opportunamente, Aldo Maria Valli (https://www.aldomariavalli.it/2019/01/30/sia-lodato-gesu-cristo-limportanza-di-un-saluto-dimenticato/),  ma è significativa dell’aria che si respira. Le messe meno protestanti a cui riesco a partecipare dalle mie parti, terminano con “buona sera o buona domenica…”, ma più spesso con il più trendy “buona serata”, come quello, ormai scontato e obbligato, della cassiera del supermarket. “Buona serata” è l’evoluzione antropologica di “buona sera”, esprime qualcosa di più allargato, valori nuovi, trasgressioni, serate al lume di candela… non più la “sera” immagine mistica di Foscolo o l’atmosfera pacata e devota dell’Angelus di Millet, ma la “serata” intrigante e velatamente trasgressiva dell’appagamento dei sensi. Ma dopo la Benedizione e la pace che cosa aggiungere ? Non ci basta uscire dalla Chiesa con la Benedizione che viene da Dio, vogliamo PROFANARLA con la nostra benedizione.
Ma la madre di tutte le PROFANAZIONI è sistematicamente consumata nei confronti dell’Eucarestia, la più grande eredità che Gesù ha lasciato alla Chiesa. Tale profanazione ha origini lontane, con una forte accelerazione negli ultimi sei anni. L’allentamento della dottrina a favore della “confidenza con Dio”, la smania della protestantizzazione, ha portato alla situazione attuale. Ma visto che POTREBBE ESSERE VERO IL CONTRARIO, è necessaria una svolta, che poi è un ritorno, accettando, con umiltà di avere sbagliato. Il recupero del senso del sacro è il primo passo della riconciliazione con Dio, da parte della Chiesa. In media, in una messa della durata di 45 minuti, sono 30 i minuti dedicati alla liturgia della parola, 2 minuti riservati alla consacrazione, 3 minuti, quando va bene, allo scambio della pace, diventato ormai occasione di saluti, riverenze, salamelecchi, complimenti, convenevoli, arrivederci,  aah, ci sei pure tu? poi ci vediamo stasera in pizzeria, come sta tua cugina?, a quando la lieta novella?, è tanto che non ci vediamo… fatti sentire”, 2 minuti alla distribuzione dell’Eucarestia, rigorosamente sulla mano, come i dolcetti di carnevale ai bambini mascherati, con il supporto, ormai ordinario, del ministro o dei ministri straordinari dell’Eucarestia, 1 minuto alla recita del Padre Nostro da parte di tutti i “celebranti” imitanti il presidente dell’assemblea,  3 minuti alle comunicazioni “di rito” che precedono la benedizione finale, i 4 minuti restanti alle parti che non ho nominato, come il trasporto della pisside dal “recondito” tabernacolo, sempre da parte del ministro straordinario. In merito alla distribuzione dell’Eucarestia, si può annotare che invece di 2 minuti, con l'assistenza del ministro promosso "ordinario", il sacerdote, da solo, ne impiegherebbe 4, magari togliendoli all'omelia. Sarebbe un affronto alla nuova liturgia dell'uomo protagonista ?  Commuove, nel libro "Il curato d'Ars" di Francois Trochu, un episodio del 1807, quando il cardinale Fesh, dopo gli anni cruenti della rivoluzione, presenzia la messa nella cattedrale di Lione: "... il modo curioso e pratico con cui il cardinale Fesh amministrava l'Eucarestia e la confermazione merita di essere citato. Aveva fatto confezionare un vaso di forma allungata, d'argento dorato, che poteva contenere più di tremila particole. Con questo riempiva la pisside, con cui percorreva la chiesa...". Non aveva bisogno di ministri straordinari.
Quando un edificio è pericolante, nonostante la base rocciosa su cui è poggiato, occorre cominciare il risanamento dalla fondazione. Ribadendo il legame profondo tra il sacramento della confessione e la comunione, senza Scomodare San Tommaso d'Aquino ed entrare in questioni teologico/dottrinali di cui non sono competente, voglio riassumere, nei punti che seguono, una proposta, minima, sufficientemente condivisa, di ritorno al Sacro, scontata, con il rischio di apparire ovvia:
1. rimettere il tabernacolo al centro della celebrazione, davanti al sacerdote celebrante;
2. abolire la figura del ministro straordinario dell'Eucarestia e concedere solo al sacerdote di toccare con le mani le particole;
3. permettere ai fedeli di ricevere la particola in ginocchio posizionando un inginocchiatoio tale da accogliere più persone;
4. dare la particola direttamente sulla lingua, non permettendo di darla sulla mano.


pubblicato da:
https://cronicasdepapafrancisco.com/2019/02/27/profanazione-avvilire-se-stessi/




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