Telemaco Signorini - Pascoli a Castiglioncello |
«Ma l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono.» Sal 48
Ero bambino, negli anni cinquanta, della generazione nata da genitori
che hanno dovuto ricostruire, se non si apparteneva direttamente alla categoria
dei vincitori, con le proprie mani, una vita dignitosa, una casa, un lavoro, un
sistema di relazioni che la guerra prima, la guerra civile dopo, avevano
disperso, se non del tutto demolito. La modernità, da noi, era arrivata solo in
parte, in alcune zone, in alcune case. Ricordo molte donne di paese con la
brocca in testa, dopo essersi rifornite di acqua alla fontana pubblica o
trasportare, con il secchio di zinco, i panni da lavare al lavatoio. Ricordo i
carri, alcuni bellissimi, trainati da una coppia di buoi, mentre trasportavano il
fieno o il grano, da far macinare al molino a pietra, su cui noi bambini
potevamo, se il contadino acconsentiva, salire al volo. E poi i
fornelli a carbone, la lampada ad acetilene, le candele, perché la corrente era
molto fioca e mancava spesso, le lunghe serate invernali, senza la televisione,
che non era ancora arrivata, davanti al camino acceso che doveva assicurare le
braci per scaldare il letto (la monaca e
lu prete, per chi è di queste parti), l’acqua ghiacciata con cui dovevamo
bagnarci il viso la mattina.
Posso dire che il quadro di costumi, tradizioni, mestieri, relazioni, cultura
popolare, poteva essere paragonabile, ancora negli anni cinquanta, nei piccoli
centri marchigiani dell’interno, a quelli mirabilmente descritti da Leopardi ad
inizio ottocento.
Improvvisamente, come un fiume in piena, è arrivata la modernità. Era
ovviamente impossibile rinunciarvi. Se ti portano l’acqua corrente, i fornelli
a gas, il telefono in casa, il frigorifero, il riscaldamento, la lavatrice, non
ti chiedi che cosa vogliono in cambio, non ti chiedi dov’è l’INGANNO, a parte,
ovviamente, il costo economico. Lo scopri cinquant’anni dopo che volevano e
vogliono le opinioni che dicono loro, le notizie che dicono loro, le nozioni
che dicono loro, la scuola che dicono loro, i modelli di comportamento che
dicono loro, i consumi che dicono loro, i vestiti che dicono loro, i giochi che
dicono loro, la musica che dicono loro, la politica che dicono loro, la
religione che dicono loro, perché vogliono le tue opinioni, i tuoi pensieri, i
tuoi sogni, la tua anima.
Non potevano permettersi di prendersi tutto senza occupare l’anima. Il
Concilio Vat. II è stato convocato per questo, per prendersi, in modo seducente e
pervadente, l’anima del popolo di Dio. Un’anima orientata a Dio, guidata da una
Chiesa perfettamente coerente con il proprio mandato, non confusa dalle
lusinghe del mondo nuovo, non disorientata, sarebbe stata un ostacolo
insormontabile al progetto.
Non intendo ovviamente addentrarmi nella sconfinata, complessa analisi
del Concilio, dei suoi decreti, dei successivi documenti. Lascio questo a
persone molto più competenti di me. Mi limito ad osservare che quando mi sono
deciso di leggerli, vi ho riscontrato una specie di “corruzione” dovuta alla
presenza di alcuni elementi, magari pochissimi rispetto all’insieme, contrari
alla Dottrina della Chiesa, alla sua Missione. Faccio solo l’esempio di Nostra Aetate, in cui in un impianto
cristologico, comunque confuso, mai illuminante il cammino verso Gesù, che nondimeno
pretende di legittimare il rapporto con le altre religioni, la “fratellanza
universale”, l’unità, la dignità umana, i diritti di tutti gli uomini, si
legge “la Chiesa cattolica nulla rigetta
di quanto è vero e santo in queste religioni”. Oggi, dopo sessant’anni,
abbiamo visto dove porta il “vero e santo
in queste religioni”, avendo assistito alla paradossale, infernale
adorazione nei Giardini Vaticani.
Elementi estranei inseriti con una tecnica simile al “drogaggio” dei
semiconduttori, che, con l’aggiunta di microscopiche parti di metalli diversi
al silicio, ne mutano decisamente le proprietà fisiche. Non è un caso che
questo “drogaggio” dei semiconduttori abbia reso possibile la rivoluzione
digitale, mentre il “drogaggio” del concilio ha reso possibile la rivoluzione
della Chiesa. Ha realizzato il disegno di abbattere ogni aspirazione trascendente, per realizzare
modelli di pensiero orizzontale, assoggettando l’anima individuale
all’ideologia del pensiero unico e del partito.
La Chiesa post-conciliare ha seguito passo-passo l’evoluzione laica
del mondo. Non ci siamo chiesti, allora, dov’era l’INGANNO. Tutto ci sembrava
in linea con l’euforia “emancipatrice” di quegli anni.
Così
la rivoluzione musicale pop/rock anni sessanta e subito la chiesa, a ruota, con
le schitarrate nelle chiese e melodie
ritmate a sfondo sentimentale.
Le
assemblee politiche fine anni sessanta e subito la chiesa con la sostituzione
della Messa di sempre con la cena-assemblea, di chiara matrice protestante.
Le
aperture democratiche, la partecipazione, e subito la chiesa con i consigli
parrocchiali, i consigli diocesani, gli incontri sinodali.
La
deriva informale, disinvolta dei costumi e subito i preti ad eliminare la
talare e a rendersi, ormai, irriconoscibili.
La
eliminazione degli elementi formali, nelle relazioni sociali e gerarchici,
nelle responsabilità, e la chiesa subito con la banalizzazione della liturgia.
La
tecnica dell’illuminazione mediante riflettori, con i profluvi di luce
abbagliante, inondante, che rende tutto omogeneo, a favorire la seduzione sulle
cose e subito la chiesa, a ruota, con l’adozione dei riflettori, sempre più
luminosi, nelle chiese.
La
liberazione della donna, la glorificazione dell’omosessualità, la
delegittimazione della famiglia e la chiesa, a ruota, che spalanca le porte dei
seminari a ogni tipo di lascivia, arrivando, è cronaca di ogni giorno, a
benedire, davanti all’altare, le coppie omo o come altro si dice… Il papa
salutando, qualche giorno fa, in piazza San Pietro (ma non so fino a quando
potremo continuare a chiamarla con questo nome), un’associazione di genitori
“lgbt” afferma: «la chiesa ama i bambini lgbt», facendo propria una definizione
generica ultramodernista, nel plauso generale, senza chiarire se li ama perché
li considera vittime di una efferata ideologia autodistruttiva o perché “la
Chiesa castiga il peccato ma accoglie il peccatore…” o perché, semplicemente,
avvalorarlo non è peccato. C’è da chiedersi: “ma la chiesa ama i bambini
normali ?, la chiesa ama le famiglie
normali ?”.
La
strategia dell’indottrinamento acritico e della propaganda ideologica, tipica
della cultura dominante di matrice marxista, che reinterpreta e riscrive la
storia, in senso storicistico, viene fatta propria dalla chiesa nella nuova
esegesi della Sacra Scrittura, nella rielaborazione dei testi sacri. L’esempio
della nuova traduzione del Padre Nostro è quello più eclatante, ma, ovviamente,
non l’unico. Qui l’inganno arriva persino a cambiare le parole del testo greco,
visto che non è riportato in alcun manoscritto il termine corrispondente a “non
ci abbandonare”. Ormai non si tiene in alcun conto della Vulgata di San
Gerolamo, per il quale la traduzione è stata un atto di grande fede, prima che
un esercizio intellettuale, sicuramente Ispirata e sofferta. Innumerevoli sono
gli esempi che si possono fare, mi limito ad uno solo. Dal volume IV Liturgia
delle Ore della CEI ed. 1989, Salmo 109: manca il versetto 6, presente, invece,
nel Breviario Divinum Officium 1960: «Egli giudicherà le nazioni, riempirà [tutto]
di rovine, schiaccerà sulla terra le teste di molti». La traduzione, la
struttura, si adattano alla sensibilità
mutata dell’uomo moderno, semidio, che deve perseguire la felicità terrena, e
quindi non può angosciarsi per parole troppo forti, non deve pensare a cose
cattive come l’Inferno, va assistito, blandito, curato, coccolato.
Ma
l’INGANNO più grande è quello dell’ECUMENISMO, perché nasconde, in modo insidioso
e strumentale, l’accoglimento dell’eresia. Ora sappiamo perché, per la
gerarchia, fosse così auspicabile la migrazione, ormai giunta a compimento,
verso un vago protestantesimo, attento a tutte “aperture” alle quali sono "molto
sensibili" pure loro.
Ridotta
così la religione, in una chiesa che si occupa tanto “ardentemente” delle cose
della vita terrena, anzi di più, del piacere dei corpi e affatto della vita
soprannaturale e quindi della salvezza delle anime, è come prendere un caffè con
gli amici, come fare una gita e sentirsi più buoni, è come fare un giro in
barca e sentirsi in pace con il mondo. Viene a mancare Tutto, la tensione verso
il soprannaturale, il conforto di qualcosa molto più grande di noi. Un’altra
religione.
Gesù
non è andato a rimorchio dei sadducei che rifiutavano la tradizione orale, o dei Farisei, che, invece, la approvavano, non è andato a rimorchio degli Zeloti,
propugnatori della guerra contro i Romani, non ha promosso o fiancheggiato sodalizi
socio-politici. Ha tracciato il sentiero, impervio ma inconfondibile, che siamo
chiamati a seguire pure noi.
Il
grande inganno procura il DELIRIO della ragione e del discernimento. Così accade
che vengano considerati “malati di tradizionalismo” i pochi religiosi ancora “refrattari”
e coraggiosi, che vengono perciò invitati, ma forse è meglio dire obbligati, a
sottoporsi ad un periodo di disintossicazione o “rieducazione”, come nei
migliori regimi comunisti della storia, da parte dei nuovi khmer rossi,
infiltratisi, da più di un secolo, in modo marginale prima, ma sempre
crescente, inarrestabile come orde di Urukhai, nelle strutture della Chiesa. Ora
sono al potere, insolenti, altezzosi, inamovibili, compiaciuti di avere così
zelantemente compiaciuto il loro vero padrone.
Un
sacerdote che conosco, che “si ostina” a dare la comunione in bocca, a fare
omelie parlando soltanto della Scrittura, delle vite dei Santi, Dei Dottori
della Chiesa, dei Novissimi è stato, qualche giorno fa, convocato dal generale
dell’Ordine di appartenenza: «ti mandiamo a Roma» gli ha comunicato, «hai
bisogno di guarire perché sei malato di tradizionalismo…». Solo che, invece, il
sacerdote, peraltro giovane, è sanissimo, mentre il generale dell’Ordine
avrebbe bisogno immediato delle cure di un bravo esorcista.
Il
GRANDE INGANNO è quello consumato, da parte della chiesa, a spese dell’anima
individuale, proponendo spiegazioni agli antipodi rispetto alla tradizione popolare.
Leggo, dal sito santuariodiloreto.it:
“Alcuni indizi fanno pensare che gli
autori del trasporto, non siano stati gli angeli del cielo, ma una famiglia
denominata Angeli. Era il 17 maggio 1900 quando Giuseppe Lapponi, archiatra pontificio
di Leone XIII, indicava di aver letto negli archivi vaticani alcuni documenti
che indicavano una nobile famiglia bizantina di nome Angeli, che salvò i
materiali della Casa della Madonna dalla devastazione mussulmana e li fece
trasportare a Loreto.” Solo che è stato dimostrato, soprattutto grazie alla
dedizione del prof. Nicolini, che questi “documenti” degli archivi vaticani
sono falsi.
Se
“alcuni indizi” sono sufficienti per non credere al trasporto miracoloso
della Santa Casa di Loreto, come possono credere agli innumerevoli miracoli di
cui la pietà cristiana ha conservato la tradizione ? Infatti non credono più
nei miracoli, perché “non spiegabili razionalmente”. Come possono credere alla
moltiplicazione dei pani e dei pesci, creazione della materia dal nulla, in
opposizione al primo, fondamentale, principio della fisica ? Come possono
credere che un corpo, morto da tre giorni, in decomposizione, possa riattivare
tutte le funzioni vitali, fino a riavere la vita nella Risurrezione ? E infatti
non ci credono, visto che molti nella gerarchia sostengono trattarsi di un
simbolo!!
Mettere
in discussione secoli di “pietà popolare” verso la Madonna di Loreto è una
forma di sacrilegio di cui si rendono complici anche blog molto diffusi,
ospitando, in virtù della ingannevole “par condicio”, metodici interventi
dissacratori con evidenti segnali demoniaci, con lo scopo esclusivo, come nei
dibattiti politici, di creare confusione e azzerare ogni valore di verità. Pure
questo zelo è cedimento all’illuminismo, contro la Fede. Ma prima delle
“conquiste” della cosiddetta democrazia, prima della “correttezza
professionale”, viene la coerenza del rapporto con Dio, che non ammette
discussioni, dispute, investigazioni.
La
scorsa settimana, avendo intuito che una religiosa e le sue consorelle,
avrebbero espresso un certo voto, ho pensato bene di informarla che stavano per
dare il proprio consenso e quindi, in una certa misura, condividere il
programma, ad un partito i cui rappresentanti vanno sulle piazze con cartelli “Dio, patria, famiglia che vita de merda”,
favorevole all’aborto, alla raccapricciante pillola abortiva, all’abolizione
della famiglia naturale per assecondare le “famiglie” omo e oltre…, all’adozione,
da parte di queste medesime “famiglie”, di bambini magari nati in provetta e
con l’utero in affitto e a mille altre diavolerie che fanno infuriare persino
Lucifero, invidioso che gli allievi abbiano superato il maestro. La sua
risposta mi ha lasciato interdetto: «tanto
lo fanno pure gli altri…». Ora, a parte la palese, sprovveduta conferma
della mia intuizione, io non avevo proposto alternative, c’è sempre l’opzione
di non dare per forza il consenso se non c’è condivisione. Ho risposto soltanto
che tutte le volte che avevo votato scheda bianca, o che non ero andato a
votare, non avevo sentito l’esigenza di riferirlo in confessione. Quella
risposta, penosamente banale e profana, dimostra quanto la “propaganda dei
vincitori” sia riuscita, negli ultimi sessant'anni, a convalidare l’idea che questi sono i
buoni, che “ogni tanto sbagliano”, mentre quelli sono i “cattivi”,
irrecuperabili. Dimostra quanto i principi fondanti della religione vengano
calpestati dalla faziosità e dai compromessi della politica, quanto l’INGANNO IDEOLOGICO sia
riuscito a disonorare la vocazione di una grande parte di religiosi. O forse è
stato lo stesso inganno ideologico ad averne condizionato la vocazione…
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