Si respira un'aria pesante e non è per la
mascherina... Non è più possibile fare battute perché il rullo compressore
internetelevisivo ha spianato i cervelli e ogni atomo di ironia, sale
insostituibile della vera indipendenza, consentendo solo una visione
appiattita, bidimensionale, senza prospettiva, priva della necessaria vista
dall’alto di cose che apparirebbero in tutta la loro insipienza, sotto i
rilievi mostruosi dell’empietà. Mi è capitato più volte, ultimamente, di
suscitare disagio nei miei interlocutori solo per aver accennato ad una battuta
non in linea col pensiero dominante. Ormai non c'è più un barlume di libertà,
quella vera, quella del pensiero. Ormai c'è solo PAURA, artificialmente
dissimulata dalla gaiezza ipocrita di massa, paura come categoria filosofica, archetipo che ispira ogni pensiero, paura che fermenta ogni azione, ogni
reazione, ogni decisione. Paura che disarma ogni sicurezza, che sopprime ogni parvenza di giudizio
assoluto, che nell’Assoluto ha il suo fondamento. Davanti ad un pensiero
singolare ti guardano come il bambino guardava E.T. per la prima volta,
stupefatti e impauriti perché hai provato a destabilizzare le loro certezze, ad
introdurre un elemento oggettivo nel relativo dispotico ammantato di falsa
liberalità. Paura del dirigente, del
capoufficio, della preside, del vescovo, del prete, della
badessa, della consorella, della catechista, della ministra straordinaria, del
collega, del sindaco, del primario, dell'amico, del fratello. Paura del giudizio
degli altri, del senso comune, dell'isolamento scontato, della solitudine,
della salute, del futuro, di rimanere fuori dal giro,
paura di professare la normalità, di remare controcorrente, paura di essere
estromesso, come gli intrusi, dai guardiani e non poter gustare fino in fondo
l’ultima goccia di miele, stomachevole ma seducente, opportunamente preparato
per i fuchi voluttuosi del grande alveare. Paura di deludere il falso padrone, abilmente dissimulato sotto la
"mascherona" del buonismo imperante.
La paura del covid ha modellato il cemento
finale di tutte le paure inculcate in questi 60 anni, astutamente pacifiste e perciò sostitutive
della grande paura della guerra, disposte a cancellare l’unica paura veramente
fruttuosa, quella del destino della nostra anima, della quale non si parla più,
essendo stata rimpiazzata dalla lusinga perversa e fraudolenta della salvezza
per tutti.
Paura di non partecipare al piacere di
regime, paura di perdere il contatto della mandria e cadere preda dei lupi, ma
poi chi sono i veri lupi? Paura di apparire normali, in un mondo in cui questo
è l’unico modo per essere veramente originali, paura del sentiero impervio,
come calvario, insidioso, ma luminoso,
della libertà.
Claudio Gazzoli
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