lunedì 3 giugno 2024

ROMA, IL DISFACIMENTO DOPO LA DECADENZA


 


Sono stato a Roma il fine settimana, non per il 2 giugno, ricorrenza che per me semplicemente non esiste, anche se mi sono trovato a passare per via Dei Fori Imperiali (a cui probabilmente bisognerebbe cambiare nome…) sabato pomeriggio durante i preparativi per la sfilata di quel che rimane di un esercito che dovrebbe invece difenderci dagli assalitori, di tutti i tipi. Nessuno ci dice quanto costa allestire una ventina di tribune con circa 500 posti ognuna.
Ero alloggiato in una struttura in zona Prati gestita da suore, quasi tutte di colore. Buona l’ospitalità, come ho espresso alla suora di turno prima di ripartire, aggiungendo: “solo un appunto che riguarda quei mosaici con gli occhi neri della vostra cappella”, “perché che cos’hanno che non va ?”, “conosce un certo Marko Rupnik ?”; la risposta è stata una fragorosa risata. Me ne sono andato, avrei voluto dirgli che mi sembrava inopportuna, ma non avrebbe capito, mentre quella risata era assolutamente rivelatrice del livello di percezione della situazione da parte dei religiosi, e pure questo fa parte della storia.
Premetto che amo questa città e non perché ci ho vissuto quattro anni, questo semmai sarebbe un buon motivo per odiarla, ma perché Roma rappresenta l’inizio e la fine, dove la forza delle cose travalica l'evanescenza della memoria, l’inarrivabile apogeo di tutto il cammino umano, la città eterna come ha voluto Nostro Signore, che ha scelto di nascere nel corso e nel territorio del suo impero, dove ha chiesto che si recassero Pietro e Paolo per fondare la Sua Chiesa, quella Eterna e Indistruttibile.
Avevo osservato la sua decadenza fiera, negli anni ottanta, quando ci vivevo, ora ne sperimento dolorosamente l’aggressione assecondata e il disfacimento, il luogo di ritrovo della bruttezza, la preda lacerata di gabbiani, islamici e cinesi. Roma, la città più agognata, ha subito nove invasioni nel corso della sua storia; in quella dei Visigoti del 410, Alarico, entrato in città, ben difesa dalle possenti mura Aureliane, grazie ad alcuni traditori che, di notte, gli avevano aperto le porte, aveva ordinato di risparmiare i luoghi di culto e tutti coloro che vi si fossero rifugiati. Ora i traditori sono all’interno della città, nelle sue stesse istituzioni particolari e nazionali, negli stessi luoghi della cristianità.
Devono portare a termine il disegno di cancellare la nostra civiltà e, per ottenerlo, stanno bombardando il pilastro centrale, nella sua armatura fisica e spirituale. Ma noi, Roma, non ti abbandoneremo, per non doverci ricredere esclamando “Domine, quo vadis ? ”.
 
 
 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento