Lo scorso anno, proprio in
quel periodo, aveva preso la varicella e non aveva potuto partecipare alla
feste natalizie, l’anno addietro era troppo piccolo per poter ricordare.
Aveva sentito mamma e papà
parlare della festa del sole ma non capiva, a scuola si parlava di festa
dell’inverno e del sole che riprendeva a salire, avevano preparato una tavolo
con molto muschio, una culla con dentro Topolino, poi c’erano molti pupazzetti strani, due maschietti che si baciavano, due femminucce che si accarezzavano, maschietti
vestiti da femminucce, famiglie strane con due uomini o due donne, pupazzetti con lo smartphone che chattavano e una grande
scritta «W la pace W il mondo nuovo».
La sera di Natale a casa
c’erano molti invitati per il cenone con lo scambio dei doni, l’inno alla gioia
e altre canzoni. Poi lo zio aveva intonato “imagine” con la chitarra. Si erano
sentiti tanto uniti e buoni, calorosi, cordiali, festosi ed erano stati tutti
felici. Poi tutti piatti succulenti, con tanti cereali colorati, cucinati in
vari modi. La cena era iniziata con una
poesia dedicata alla “madre terra”: «madre
terra ti ringraziamo per aver offerto questi doni della vite e del grano,
perfezionati dal lavoro dell’uomo, che stasera appagheranno i nostri sensi inebriati
dall’amore cosmico».
C'erano tanti cartellini colorati, sull'albero di Natale, con su scritto “W la
dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, “tutti diritti per tutti”, “libera
la tua energia”, “sei il tuo Dio”,
“lasciati pervadere dal Cosmo”, ”lgbt è bello”, “W la magnifica Trinità: Liberté, Égalité, Fraternité ”, ma questi non li aveva
proprio capiti… non capiva nulla… Le palle colorate però erano belle, emettevano
una luce che a guardarla si rimaneva incantati, quasi ci si addormentava.
Aveva sentito dire che a
Natale si rievoca la nascita di Gesù, ma lui questo Gesù non lo conosceva
proprio. Gli sembrava che una volta ne avesse parlato la maestra di religione,
ma poi lo aveva dimenticato perché, piuttosto, preferiva dedicare tanto spazio
a personaggi molto più importanti, assieme ad un nome che non sapeva
pronunciare, paciamama, ma di questo Gesù, sì forse… Solo un suo compagno di
classe gli aveva detto che andava tutte le domeniche in chiesa, con sua madre e
suo padre a pregare Gesù, ma lui queste chiese non le aveva mai viste. Gli dava
da fare i disegni a casa con tutti profili panciuti di uno che dicevano santo e
i mille turbanti di un grande profeta, ma non gli aveva mai dato da disegnare
Gesù. Diceva ai bambini che dovevano imparare a conoscere tutte le religioni
del mondo così che, da grandi, come avrebbero scelto la professione, avrebbero
scelto anche la religione.
Poi la mamma gli aveva spiegato
che sì, diverse persone festeggiano il Natale in quel modo, ma noi siamo gente
per bene e moderna, per noi il Natale è la festa del ciclo cosmico della vita
planetaria che ritorna con la risalita del sole.
A scuola avevano organizzato
una festa di Natale. Gli avevano messo un vestito bianco con una coccarda color
argento sul colletto e, all’ingresso della sala, davanti ai genitori e parenti,
avevano intonato l’Alleluia. Le maestre avevano spiegato a loro che si trattava
di un canto gioioso di lode per acclamare il dio dell’universo e della
fratellanza universale, la madre terra, il sole che permette il rinnovarsi
della vita e il ciclo dell’acqua. Alla fine della festa avevano cantato
“Aggiungi un posto a tavola”. Gli era piaciuta molto quella canzone, il suo
ritmo, la sua dolcissima melodia a ricordare l’ospitalità verso il diverso da
noi, in tutti i modi e sensi che, gli avevano spiegato, lui non poteva ancora
capire.
Ma non vedeva l’ora di
uscire, con mamma e papà, per tuffarsi nella festa e nelle luminarie della sua
città. Ma, in mezzo a quella folla festosa e quei bambini vivaci, sentiva che
gli mancava qualcosa. Non era la cioccolata calda o le giravolte sulla pista del
ghiaccio, ma neanche il giro sulla giostra e i regali dei babbi natale tutti uguali che dicevano le
stesse cose, che avevano le stesse barbe finte. In fondo le mille luci erano
simili a quelle del grande centro commerciale, i travestimenti di babbi natale
e befane, come a carnevale, gli effetti fantasmagorici di luci e proiezioni,
come al cinema e le giostre proprio le stesse del luna park. Lui si guardava
intorno a cercare questo Gesù di cui aveva sentito parlare.
Poi, nell’istante in cui la
mamma si apprestava a stendere la mano per prendere un pacco dono dalla
bancarella, sentì un leggero tocco sulla spalla, si girò e vide un bambino
biondo bellissimo, più o meno della sua età, che gli si era avvicinato e lo guardava
con un sorriso dolce. Lo prese per mano e lo condusse verso una chiesa, che era
proprio dall’altra parte della strada affollata. Il portone era socchiuso e,
una volta dentro, si ritrovò a camminare al buio, accompagnato dalla mano calda
del bambino. Vide da lontano una luce e, mentre si avvicinava, riconobbe un
presepio, molto più grande di quello della scuola con Topolino. Ma questo era
diverso, aveva pupazzetti che erano quasi veri, vestiti in modo strano, antico,
che facevano mille mestieri. C’era una
grotta che sembrava vera, illuminata dall’interno da una luce dorata con mille
riflessi che sfavillavano sul viso di una mamma bellissima, inginocchiata
davanti al suo pargoletto, che assomigliava incredibilmente al bimbo che lo
teneva per mano. Pareva nevicare, ma non era neve. Sembravano coriandoli dai
mille colori che sfavillavano come lucciole e, invorticandosi, componevano
un’iscrizione che lui sapeva benissimo leggere: “Gloria all’Unico Vero Dio”. Si
sentì tirare la mano verso un sentiero che saliva attorno alla grotta, fino ad
una spianata, da dove poteva ammirare un prato meraviglioso con fiori dai mille
colori sfolgoranti, come non aveva mai visto prima, parecchi di più di quelli
dell’arcobaleno. Sentiva un senso di pace e di compiacimento, molto più di
quando lo portavano a gustare la tazza di cioccolata calda, molto più di
quando, la sera, la mamma lo abbracciava forte e gli dava la buona notte. Poi
all’improvviso si sentì tirare più forte e si ritrovò a volare, non sapeva
come, con il bambino biondo che ora aveva riconosciuto come Gesù. Dovevano
volare ad una velocità vertiginosa e, cosa strana, non sentiva il vento a
premergli sugli occhi come quando filava in bicicletta. Vedeva un’infinità di
luci venirgli incontro, degli stessi innumerevoli colori dei fiori, che
formavano un lungo tunnel variopinto. Poi d’un tratto sentì la mano del bambino
biondo che lo stava lasciando e si ritrovò di nuovo con i piedi per terra a
salutarlo, mentre si allontanava con un sorriso complice e dolcissimo. La mamma
stava riponendo la scatola nella borsa quando si era voltata per dirgli: «per
un attimo mi era sembrato di averti perso, ma dov’eri ?» e il bambino, ancora
disorientato ma luminoso: «mamma, ho
visto il Vero Natale ! ».
pubblicato sul blog di Marco Tosatti il 25 dicembre 2019
*Un padre del deserto scattò una foto a Gesù Eucarestia solennemente esposto.
Risultò questa tenera e commovente immagine di Gesù Bambino.
pubblicato sul blog di Marco Tosatti il 25 dicembre 2019
*Un padre del deserto scattò una foto a Gesù Eucarestia solennemente esposto.
Risultò questa tenera e commovente immagine di Gesù Bambino.
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