giovedì 1 aprile 2021

IL NUOVO PAGANESIMO

 



Alcune feste religiose derivano dalla trasformazione di antiche feste pagane. Ora sta avvenendo il contrario, le feste religiose, a partire da quelle più importanti, vengono tramutate in feste pagane. Non il ritorno agli dei pagani, come quello voluto da un imperatore filosofo, Flavio Claudio Giuliano, avverso al cristianesimo, ma la transizione, ormai compiuta, verso un nuovo paganesimo che utilizza gli stessi simboli a cui è stato completamente alterato il significato originario. Così il profluvio di uova di cioccolata di tutti i gusti e colori e delle colombe disposte a piramide nei supermercati stanno ad inneggiare al ritorno della primavera, al ciclo della vita che riprende sotto la spinta della “madre terra”. Ma i nuovi dei, che poi non sono altro che il travestimento poliedrico del serpente antico, sono assetati di sangue, così il sabato santo, proprio alla vigilia della festa religiosa più importante, mentre l’altare è totalmente spoglio, mentre la Chiesa è in raccoglimento per Gesù che giace nel sepolcro in attesa della definitiva vittoria sulla morte, in alcune chiese viene allestita la “vaccinazione di massa”. Questa è la festa lugubre del nuovo paganesimo.

La tensione della settimana santa si percepiva nell’aria, nel silenzio, nella liturgia, nella processione del Venerdì Santo ed evaporava nel bagliore infinito del giorno di Pasqua. Il lunedì di Pasqua, Pasquetta, andavamo da nonna per il pranzo con i parenti, come ogni anno. La coratella d’agnello con le uova come antipasto e poi i vincisgrassi, cotti nel forno a legna, la papera in umido, poi ovviamente il pollo arrosto con le patate, il rosbif e tanti contorni di erbe di campagna. Capitava quasi sempre una bellissima giornata di primavera, dove si sentiva davvero «del prunalbo l’odorino amaro», l’aria limpida e fresca in una campagna ancora incontaminata, la luce radiosa della Risurrezione proiettata nell’azzurro del cielo.

A noi bambini, la mattina, appena arrivati, mia nonna regalava un uovo lesso ciascuno, colorato di azzurro o rosa con tanti puntini bianchi. Poi sul tavolo apparecchiato sull’aia, con la tovaglia bianca ricamata, la pizza pasquale, che da noi non è col formaggio come nell’ascolano ma dolce e di un giallo intenso con la crosta molto scura. Ci faceva anche assaggiare un goccio di vino cotto. Questa era la festa luminosa di Nostro Signore.

Claudio Gazzoli - Monterubbiano





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