domenica 16 maggio 2021

IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

 




Abbiamo tutto, ma proprio tutto, o meglio non ci manca niente, accuditi da uno stato che pensa per noi, alla nostra salute, ai nostri svaghi, alle nostre informazioni, al nostro futuro, alle nostre preferenze, alla nostra indipendenza, alla nostra libertà, alla loro verità, ma poi anche nostra, ovviamente, che non ci fa mancare cure, medicine, soccorsi, tutti con il nostro medico solerte e meticoloso nel seguire l'evoluzione del nostro stato fisico e morale, computerizzato con i dati del database sterminato delle medicine, così sollecito a mandarci dallo specialista per ogni piccolo disturbo, a prescriverci gli esami più tecnologici, che ci fa accomodare davanti a lui, nascosto dal monitor del computer e ci chiede: “che cosa c’è ?” e noi liberi di suggerire i rimedi più idonei. Non il medico condotto di paese di tanti anni fa che, oltre a qualche consiglio ti dava sempre le stesse medicine e non ti mandava mai dallo specialista, retrogrado e sgradevole mentre assaggiava addirittura la tua “pipì” per capire se ci fosse traccia di zucchero, che non ti faceva mai accomodare, ma ti chiedeva sempre di spogliarti e stenderti sul lettino, per poi tormentarti mentre ti batteva o ti chiedeva di tossire, che veniva ad importunanti a casa finché non eri guarito. Abbiamo una scuola che guida i nostri figli nel percorso impervio della crescita, della formazione, che li aiuta a districarsi in un mondo sempre più complesso, che li accudisce fin dalla più tenera età con una miriade di nozioni infondendo a loro “un amore ardente per la verità”, non come auspicava Plutarco “, sorpassato di 2000 anni «..la mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, di una scintilla che l'accenda… », mentre noi che cosa potevamo apprendere, a quali verità potevamo accedere con i tre o quattro libri portati con l’elastico, contro i tredici kili degli zaini di oggi. Vuoi mettere quelle noiose e squallide serate d’inverno davanti al focolare a parlare di cose così banali e grossolane come la prossima semina, la vacca che fa meno latte, l’aratro da aggiustare, l'olio da travasare, a confronto con questa insostituibile compagna della nostra vita, sempre più tecnologica, dai colori sempre più sgargianti che ci istruisce, ci ammalia, ci evita di pensare perché pensa addirittura per noi.

Hanno finalmente capito che siamo troppi e trovato il modo per riutilizzare proficuamente il frutto del piacere naturale, sorpassato, che, nonostante lo straordinario impegno, fanno una gran fatica ad estirpare, che accrescerebbe sconvenientemente la popolazione, sopprimendo quei ranuncoli prima che vadano ad infoltirne le fila. Ci muoviamo su auto sempre più performanti ora anche ecologiche, non sui carri trainati dai buoi, quando andava bene o a piedi. I comunisti di allora che sterminavano milioni di poveri contadini, invece ora, rigenerati, ci guidano verso un mondo migliore, privo di inquinamento, di tutte, proprio tutte, quelle cose razziste come il latte e la neve, che, anche se l’impegno è arduo, proveranno utilmente ad eliminare. Tutte quelle disuguaglianze di sesso, di attitudini, di capacità, di religione, efficacemente spianate dalla gigantesca levigatrice del pensiero unico di colore rosso vermiglio. E che dire degli anni delle spietate dittature europee, delle monarchie senza suffragio universale, con la sistematica oppressione del corpo e del pensiero fino alla privazione della stessa vita interiore, mentre ora l’aria salubre della democrazia ci fa respirare a pieni polmoni libertà, uguaglianza e fraternità, alimentando in modo sublime la nostra particolare individualità, anzi dando ad essa tutto lo spazio possibile, con i governanti sempre solerti a risolvere problemi complessi, a proporci riferimenti costanti, ad accorrere speditamente quando chiediamo aiuto, a donarci le menti più eccelse per il governo del paese, a garantire una giustizia imparziale, indipendente, uguale per tutti, a promulgare leggi rispettose dei diritti di tutti o almeno di quelli della parte che comanda, apertamente ed oscuramente, come è ovvio che sia. Dalla società oppressiva dei doveri al tripudio liberatorio dei diritti. Occorre riconoscere che hanno fatto un eccellente lavoro.

Abbiamo una Chiesa finalmente vicina agli umili, agli ultimi, ai poveri, ad occuparsi e risolvere i nostri problemi materiali, indifferibili, che non incoraggia più le donazioni perché finalmente ha capito tutto, grazie a menti raffinatissime che, libere dall’onere di pregare, di assistere le anime, di amministrare i sacramenti, di custodire l’arredo sacro delle chiese, possono dedicarsi ad opere molto più proficue, visto che ad aiutare i poveri, non quelli veri ovviamente, ci si guadagna. Che si sta finalmente liberando di tutti i suoi beni, cristianamente donati da chi si aspettava che venissero utilizzati per far studiare i meritevoli che non potevano permetterselo ed assistere i poveri, quelli veri, come accadeva regolarmente. Abbiamo finalmente monasteri che non pensano solo a pregare, senza mai sapere quello che succede là fuori, ma a “lottare” per i diritti civili, a stendere striscioni, ad organizzare meeting di tutte le varietà di passioni, religioni, perché il mondo è un arcobaleno di colori, non bianco e nero; che sono permanentemente "connessi" così da seguire i fatti del mondo, occuparsi dei migranti e di quelli di altre religioni perché finalmente abbiamo abbandonato la nostra tracotanza di pensare di essere gli unici chiamati ed eletti, come hanno, per fortuna, capito alcuni nostri vescovi che si recano a pregare con gli altri, perché a noi uomini del terzo millennio ci piacciono proprio le grandi ammucchiate. Fa niente se molti monasteri, a breve, chiuderanno per mancanza di vocazioni, così avremo edifici grandiosi da destinare a tutte quelle attività che concorrono a rassicurare gli scrupoli della nostra coscienza, che ovviamente conta molto più dell’anima, di uomini occidentali responsabili del nostro passato, così stracolmo unicamente di misfatti. E finalmente questa nuova generazione di religiosi sempre gioiosi, giocondi, con quei faccioni che ispirano floridezza, sempre col sorriso stampato, incavato sulle guancione rosso paonazzo, vestiti finalmente come noi, irriconoscibili perché hanno abbandonata per sempre quella veste nera, funerea, fino ai piedi, indossata pure mentre giocavano a pallone; disponibili alla risata e, infatti, li vedi sempre che ridono, a prendere il lato buono della vita, che ti danno un senso acquietante di benessere, non come quelli di una volta, mesti, emaciati, pallidi, che davano a vedere, alcuni di loro, le dolorose rinunce, che ti mettevano sempre in imbarazzo con il loro “sia lodato Gesù Cristo” a cui ti toccava rispondere “sempre sia lodato”, perché se non lo facevi ti riprendevano pure, che ti ricordavano incessantemente di non cadere nel peccato, incutendoti tediosamente la paura dell’Inferno. E poi la costante ossessione per la Madonna, i Santi, il catechismo, i comandamenti, le virtù cardinali e teologali, i fioretti, le processioni, le rogazioni, i rosari, le litanie, le novene, le adorazioni. E tutte quelle regole morali a tarpare le ali alla nostra piccola anima vagante. L’esclusione intransigente, costantemente richiamata, spodestata dall’inclusione tollerante di tutti i peccati; il modello angusto della Sacra Famiglia, che ti proponevano quale costante riferimento, da quello, più conveniente, delle famiglie aperte di tutti i generi, anzi senza più generi nell’ammore universale, fonte seducente del piacere; la fedeltà, fondamento della famiglia, dall’adulterio che ti consigliano (era ora…) come rimedio alla crisi inesorabile della coppia. Che ti ricordavano la “vita eterna”, mentre noi ora vogliamo qua il paradiso, e quelle messe dove il sacerdote dava le spalle al popolo e diceva cose incomprensibili, vestito in modo strano, nel buio delle candele e nell’aria fumosa, mentre ora si respira aria pura, la fratellanza dei fedeli, in un tripudio di luci dei colori dell’arcobaleno, suoni, parole, abbracci, con i duemila lux dei riflettori a led che fanno brillare i nostri occhi preziosamente incorniciati dalle mascherine, mentre ci scambiamo il provvidenziale sguardo della pace.

Claudio Gazzoli - Monterubbiano


per il latte e il formaggio:









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