niente è buono o cattivo in sé, ma nel nostro pensiero.. (Amleto: atto II, scena II)
Vorrei ritornare sull’argomento della “celebrazione” di certi personaggi, abortisti, fatta dagli alti gradi del Vaticano, sia perché, profondamente indignato come cattolico, non riesco a capacitarmi, sia perché credo che tale atteggiamento riveli, più di altre clamorose esternazioni, la linea della chiesa attuale e la rivoluzione in atto.
Appartengo alla generazione
dell’immediato dopo guerra degli anni ’50. Sono di un paese come tanti di
quell’Italia stremata, impoverita, umiliata, raggirata ma piena di speranza.
Solo che la speranza non si mangia, non c’era da arrivare a fine mese ma a fine
giornata. Non era ancora arrivata la televisione, noi bambini avevamo gli
stessi giochi mirabilmente rappresentati nei mosaici di Piazza Armerina,
sporchi e malconci con le scarpe rotte e gli inserti metallici sotto le suole,
sfiniti dalle scorribande ma liberi, felici, solari. La libertà controllata era
una conseguenza, non una scelta. Nessuna delle nostre madri aveva un impiego
fisso ma avevano da impiegare il tempo, senza riposo, per necessità, per consuetudine
familiare, per provvedere alla casa, alla cena, alla vita, alla dignitosa
celebrazione delle feste religiose, nel cibo e nell’abbigliamento, con il sole,
la pioggia, il freddo dei geloni, senza sapere che cosa fosse la malattia,
anche quando c’era. Una delle occupazioni principali delle donne di paese,
prima della tecnologia domestica globale, era lavare i panni al “lavatoio
pubblico”. Se ne vedono gli effetti sulle mani di mia madre e delle donne della
sua età, quelle che non hanno avuto la fortuna di impiegarsi in parlamento, deformate
dall’artrosi ma senza lamenti o rimpianti. I figli, a volte numerosi, partoriti
a casa, erano un dono di Dio, da far crescere, senza la pedagogia ideologica
allora nascente, ma con la cultura della tradizione, la pratica quotidiana, la
divisione chiara tra buono e cattivo, la distinzione netta tra generi, di cui,
ovviamente, nessuno metteva in dubbio la inviolabile complementarietà, prima
dello sfacelo. Finalmente in Chiesa, decorose, a fare dono a Dio del loro
sacrificio. Hanno contribuito in modo oscuro, ma determinante, alla rinascita
del Paese.
Poi, negli anni in cui TUTTO
doveva essere cambiato (compresa la Chiesa), di cui ricorre una penosa e fasulla
celebrazione, hanno continuato la vita di sempre, con profonda dignità. Non se
ne sono andate in giro a praticare aborti con pompe da bicicletta e, poi, a
riderci su o, infatuate, a manifestare con il gesto del “triangolo fatto con le dita, unendo le punte dei pollici e quelle degli
indici…a formare, in mezzo, il vuoto, il varco di libertà attraverso cui passò
una rivoluzione..”.. E quale rivoluzione, quale libertà! la libertà della perdita
di un’identità, di un compito fondamentale, la emancipazione per totale
imitazione del maschio, la confusione dei ruoli, il centralismo del piacere
pilotato dalla sessualità, l’esibizionismo triviale e scandaloso, la seduzione
letale del potere, la totale delegittimazione della famiglia quale cellula
fondante della nostra cultura, fin dall’epoca preromana, ma è solo una piccola
parte…
Se “quella” è una grande
italiana che cosa dire di queste umili donne? Ma poi, per essere grandi agli
occhi di Dio, perché a noi cattolici solo quello interessa, non bisogna farsi
piccoli? "Grande" forse per la commissione svedese, ma il Papa non è la guida dell’intellighenzia che governa il mondo! o SI! A sentire certe glorificazioni, che, essendo reiterate, non possono
essere frutto del caso, senza ripensamenti, correzioni o compensazioni, viene
da percepire i “miasmi dell’Inferno” che hanno impregnato i luoghi del potere
dei rampolli di quella rivoluzione che nulla, ma proprio nulla, ha a che vedere
con il messaggio Evangelico.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano (FM)
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