mercoledì 4 aprile 2018

ESSERE "GRANDI" PER IL VESCOVO DI ROMA



niente è buono o cattivo in sé, ma nel nostro pensiero..  (Amleto: atto II, scena II)

Vorrei ritornare sull’argomento della “celebrazione” di certi personaggi, abortisti, fatta dagli alti gradi del Vaticano, sia perché, profondamente indignato come cattolico, non riesco a capacitarmi, sia perché credo che tale atteggiamento riveli, più di altre clamorose esternazioni, la linea della chiesa attuale e la rivoluzione in atto.
Appartengo alla generazione dell’immediato dopo guerra degli anni ’50. Sono di un paese come tanti di quell’Italia stremata, impoverita, umiliata, raggirata ma piena di speranza. Solo che la speranza non si mangia, non c’era da arrivare a fine mese ma a fine giornata. Non era ancora arrivata la televisione, noi bambini avevamo gli stessi giochi mirabilmente rappresentati nei mosaici di Piazza Armerina, sporchi e malconci con le scarpe rotte e gli inserti metallici sotto le suole, sfiniti dalle scorribande ma liberi, felici, solari. La libertà controllata era una conseguenza, non una scelta. Nessuna delle nostre madri aveva un impiego fisso ma avevano da impiegare il tempo, senza riposo, per necessità, per consuetudine familiare, per provvedere alla casa, alla cena, alla vita, alla dignitosa celebrazione delle feste religiose, nel cibo e nell’abbigliamento, con il sole, la pioggia, il freddo dei geloni, senza sapere che cosa fosse la malattia, anche quando c’era. Una delle occupazioni principali delle donne di paese, prima della tecnologia domestica globale, era lavare i panni al “lavatoio pubblico”. Se ne vedono gli effetti sulle mani di mia madre e delle donne della sua età, quelle che non hanno avuto la fortuna di impiegarsi in parlamento, deformate dall’artrosi ma senza lamenti o rimpianti. I figli, a volte numerosi, partoriti a casa, erano un dono di Dio, da far crescere, senza la pedagogia ideologica allora nascente, ma con la cultura della tradizione, la pratica quotidiana, la divisione chiara tra buono e cattivo, la distinzione netta tra generi, di cui, ovviamente, nessuno metteva in dubbio la inviolabile complementarietà, prima dello sfacelo. Finalmente in Chiesa, decorose, a fare dono a Dio del loro sacrificio. Hanno contribuito in modo oscuro, ma determinante, alla rinascita del Paese.
Poi, negli anni in cui TUTTO doveva essere cambiato (compresa la Chiesa), di cui ricorre una penosa e fasulla celebrazione, hanno continuato la vita di sempre, con profonda dignità. Non se ne sono andate in giro a praticare aborti con pompe da bicicletta e, poi, a riderci su o, infatuate, a manifestare con il gesto del “triangolo fatto con le dita, unendo le punte dei pollici e quelle degli indici…a formare, in mezzo, il vuoto, il varco di libertà attraverso cui passò una rivoluzione..”.. E quale rivoluzione, quale libertà! la libertà della perdita di un’identità, di un compito fondamentale, la emancipazione per totale imitazione del maschio, la confusione dei ruoli, il centralismo del piacere pilotato dalla sessualità, l’esibizionismo triviale e scandaloso, la seduzione letale del potere, la totale delegittimazione della famiglia quale cellula fondante della nostra cultura, fin dall’epoca preromana, ma è solo una piccola parte…
Se “quella” è una grande italiana che cosa dire di queste umili donne? Ma poi, per essere grandi agli occhi di Dio, perché a noi cattolici solo quello interessa, non bisogna farsi piccoli?  "Grande" forse per la commissione svedese, ma il Papa non è la guida dell’intellighenzia che governa il mondo! o SI! A sentire certe glorificazioni, che, essendo reiterate, non possono essere frutto del caso, senza ripensamenti, correzioni o compensazioni, viene da percepire i “miasmi dell’Inferno” che hanno impregnato i luoghi del potere dei rampolli di quella rivoluzione che nulla, ma proprio nulla, ha a che vedere con il messaggio Evangelico.
Claudio Gazzoli - Monterubbiano (FM)

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