venerdì 26 marzo 2021

LA RIVOLUZIONE DIGITALE


 

Ormai siamo immersi, volenti o nolenti, in un mondo dominato dal “digitale”, quale strumento di acquisizione e “manipolazione” del reale. Il contenuto tecnico di questa vera e propria rivoluzione è basato sulla frammentazione (digitale) della realtà, sia essa una fotografia, un testo, un filmato, un libro, un pezzo musicale o informazioni riguardanti la salute, i dati anagrafici, fiscali di una persona. Prima si frammenta (dall’analogico al digitale) poi si ricostruisce (dal digitale all’analogico) in un processo di ricomposizione che apporta, necessariamente o volontariamente, elementi aggiuntivi che restituiscono un risultato mai perfettamente identico all’originale. Una fotografia viene suddivisa in milioni di quadratini, come in un puzzle, impacchettati, trasportati e poi ricomposti. Ciò rende molto più efficiente il trasporto, la memorizzazione, il controllo, la gestione e la successiva riorganizzazione nella forma percepibile (analogica), bellissima, perfetta ma senza odore, senza sapore, senza lacrime, senza letizie. Questo processo tecnico, in realtà, nasconde un processo molto più profondo che riguarda la nostra vita, la nostra percezione della realtà, il nostro sentire e, in definitiva, la nostra interiorità. La tecnica di frammentazione viene subdolamente applicata al nostro modo di percepire; si frammenta, o per meglio dire si stritola, la nostra interiorità, per poi restituircela rielaborata, ovviamente modificata, ma soprattutto omologata. Paradossalmente nei circuiti di tutte le applicazioni digitali, nel “sangue” dei computer, circolano miliardi di informazioni semplicissime, vero, falso, sì, no, solo apparentemente ma diabolicamente, analoghe al monito di Gesù: “Ma il vostro parlare sia: Sì, sì; no, no" Mt 5,37. Ma sono solo stati elettrici, non stati del cervello e del cuore dell’uomo procurati dalla consapevolezza del discernimento.
L'iter diabolico adottato con il "divide et ìmpera" consiste nell'impiegare due strategie: la prima per disgregare, e la seconda per unire, con lo scopo finale di meglio dirigere.” Da un articolo di James Perloff.
È la strategia applicata nel ’68, prima disgregare con le manifestazioni, i cortei, le violenze, gli assalti, per demolire la morale, poi riunificare applicando un convertitore digitale-analogico perverso, lo stesso applicato in quegli anni dalla Chiesa, avendo come nuovo dio l’uomo del “vivere senza fermarsi mai e godere senza freni”. La frammentazione del deposito infinito perfezionato e custodito in duemila anni è stata anche una frammentazione fisica, se pensiamo agli altari demoliti, alle balaustre, all’assieme architettonico delle chiese ricomposto in modo grossolano in tutte le forme dettate dalle inclinazioni e da simbolismi di cui non è difficile percepire l’ispirazione. L’estirpazione delle radici della nostra cultura, avvenuta in quegli anni, ha coinciso pertanto, non casualmente, con la triturazione della Vera Messa e di ogni suo apparato e la successiva ricomposizione, in chiave parodistica, cambiandone alla radice il senso, nella messa “novus ordo” bit, beat, pop, folk, rock, dem, lut, omo, prot, sat.
La rivoluzione digitale è stata la più grande invenzione del principe delle tenebre dopo l’Umanesimo e i suoi corollari, rivoluzione, comunismo, nichilismo, modernismo.
Le possibilità immense della digitalizzazione e la loro relativa facilità di applicazione hanno consentito la definitiva instaurazione del “mondo nuovo”, in cui ogni rapporto “analogico” di confronto diretto con la nostra storia, la nostra cultura, viene di colpo annientato. Un insieme di tecniche, elaborazioni, programmi di cui noi beneficiari, si fa per dire, non conosciamo praticamente nulla.
Le persone anziane che ho conosciuto nella mia infanzia erano nate in un mondo completamente “analogico”, ogni cosa, oggetto, sentimento, sensazione aveva una diretta impronta sulla propria coscienza, sul proprio cuore, senza mediazioni, senza rielaborazioni mediatiche. Ogni strumento della vita quotidiana portava la sua storia, aveva una forma, una struttura direttamente connessa con la propria funzione. Così il riferimento morale, pulito, cristallino, duro ma indubitabile, ”analogico” rispetto al principio oggettivo della morale cattolica.
Ognuno di loro, nel bene e nel male, quindi nella loro vera essenza, costituiva un unicum, una singolarità nel pensare, sentire, lavorare. Si può dire che ognuno di loro fosse un “prodotto artigianale” della cultura progressiva, mentre noi siamo un “prodotto industriale” e ora un processo genetico-digitale della cultura postmoderna, ma rivoluzionaria, della rivoluzione parallela iniziata più di tre secoli fa. Ogni prodotto, opinione, sentimento delle persone di allora aveva diversi elementi di virtù e di corruzione insieme che lo rendevano originale. Come il comò di fine ottocento appartenuto ai miei nonni, fabbricato da uno dei falegnami del mio paese, nell’autarchia virtuosa delle piccole comunità di allora. Non è perfetto, i cassetti a volte si incastrano, la levigatura non è uniforme, non ha la precisione dei mobili fabbricati con macchine automatiche, dall’altra parte del mondo, e venduti su scatoloni pronti per il montaggio fai da te. Ma è caldo, porta ancora l’odore della cera, parla di maestria, di fatica, di “olio di gomito” come soleva dire un caro restauratore che si era formato fabbricando carri da traino, decorandoli magistralmente nelle tonalità del turchino e del rosso cinabro. Ora invece siamo circondati da individui che si ritengono perfetti, o meglio, ai quali è stata furbescamente trasmessa l’illusione della perfezione.
Questa rivoluzione parallela, a poco a poco, è penetrata nella Chiesa, solo casualmente appaiata alla conquista di tutti i posti chiave da parte dei sessualmente diversi, trovando la sua applicazione più palese, nel CVII e poi nella definitiva frammentazione della Dottrina e la sua successiva riorganizzazione e riproposizione in forma levigata, smussata, compatibile con la nostra modernità, dopo il passaggio nel convertitore digitale-analogico, “drogato” con elementi estranei di natura esclusivamente politica. Curioso che in questo processo la sessualità, evidentemente digitale all’origine (M o F), ha subito comunque una trasmutazione nelle forme indeterminate della odierna allucinazione.
Ma, nella Chiesa, la vera rivoluzione digitale deve ancora arrivare. Tra non molto si potrà scaricare sul proprio smartphone l’app che prega per te, che annota i tuoi peccatucci quotidiani, poi li trasmette al prete, che avvia il processo di controllo automatico con il database aggiornato degli atti “non conformi”, quelli nuovi, sociali ovviamente, li confronta con le ricorrenze statistiche dei peccati più diffusi, scarta quelli in linea con questi ultimi mediante un sistema di autoapprendimento sull’evoluzione del peccato, che ridefinisce dinamicamente i peccati di riferimento, ripulisce la memoria del tuo database e invia l’assoluzione. Così i più penalizzati saranno i solitari, quelli che peccano in modo singolare, che non si adeguano. Inoltre l’applicazione invierà a ciascuno lo stato del proprio archivio, le ricorrenze più frequenti, gli scostamenti dai valori medi, le tendenze, gli avvisi delle probabili cadute, un voto di riepilogo ed il target da raggiungere per accedere al “paradiso”, quello digitale ovviamente. Nel successivo sviluppo non ci sarà più bisogno neanche del prete, o meglio diventerà virtuale, guidato dall’intelligenza artificiale installata nel grande server del Vaticano. Sarà possibile seguire la messa in streaming, virtuale, con sacerdoti virtuali, atmosfere virtuali, ostie virtuali, tanto, per loro, pure l’inferno e il paradiso sono virtuali, mentre solo la carne non è virtuale… L'intelligenza (deficienza) artificiale applicata alla religione.  
Tutto è più bello, infinitamente più funzionale, immensamente più veloce, enormemente più preciso, smisuratamente più ordinato…. Mentre il deposito delle conoscenze umane è un immenso magazzino impilabile in continua crescita, la nostra anima individuale ha le medesime capacità degli abitanti di Pompei, di Cnosso, di Babilonia. Ma, visto che il nostro contenuto complessivo non può essere modificato, per quanto ci vogliono convincere del contrario, visto che non siamo fatti per niente come il serpente ci aveva promesso, quanto abbiamo dovuto pagare per averlo e quanto abbiamo perduto del nostro spirito?
Li useremo, con distacco, con equilibrio, a volte con ammirazione ma anche con insolenza, ci serviremo di loro, ma non ci lasceremo sedurre, non ci metteremo in fila per averli, non li venereremo, non gli cederemo il nostro cervello, non ne faremo un mito, non li contempleremo come un ideale, perché veneriamo solo quello che viene da Dio e quello che viene da Dio, che ci ha creati a sua immagine, è analogico, non digitale.

Claudio Gazzoli





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