martedì 9 luglio 2024

LA MIETITURA (Lo Mète)

 


Questa mattina due mietitrebbiatrici si sono “mangiate” un campo di dieci ettari di grano, di fronte a casa mia. Per fare lo stesso lavoro, settanta anni fa, occorrevano dieci contadini per dieci giorni. Un rapporto di 200 a 1 della macchina rispetto al lavoro dell’uomo. Se poi si considera che il grano, una volta mietuto, andava trasportato e battuto, in epoca moderna con la trebbiatrice a motore, ma duecento anni fa’ con il lavoro manuale, questo rapporto si può stimare, in quest’ultimo caso, a 500 a 1. Il fatto è che si sono “mangiate” non solo l’intero campo di grano ma anche 5000 anni di fatica, di sofferenza, ma anche di cultura, di trasmissione della memoria, di appagamento, di umanità, di festa. Quella fatica non era altro che il compimento dell’ammonimento di Dio ad Adamo: «mangerai il pane con il sudore del tuo volto», che la macchina ha eliminato del tutto, annullando pure il valore di quella espiazione, dove neanche una goccia di sudore veniva ignorata dal Giudice supremo. Quella festa era il punto di arrivo di una intera stagione, di un gesto antico, di attrezzi riparati e levigati nelle piovigginose giornate invernali, della dedizione estenuante alla salute degli animali, di una speranza riposta nella protezione dei Santi protettori, dove niente era piacere per sé stessi ma tutto partecipava all’esistenza di famiglie anche numerose, dove niente veniva sprecato, neppure il tempo. Ogni cosa aveva un principio ed uno sviluppo conosciuti, la spiga di grano, la falce, l’aratro, la gallina, le mucche e i buoi da traino, il giogo, i covoni, il mucchio della paglia.
Ora la macchina ha abbattuto di 500 volte l’impegno dell’uomo che così ha potuto dedicare tutto quel tempo e quelle energie ai propri piaceri, alla cura del corpo, alle vacanze, ai viaggi, a tutto ciò che passa, come pula al vento, nel fluire del tempo. Ha eliminato l’apprensione verso i bisogni primari che possiamo soddisfare quasi a costo zero, certamente senza una sola goccia di sudore della nostra fronte.
La macchina ha liberato risorse intellettuali che possiamo rivolgere a tutto ciò che esclude Dio dalla nostra vita, visto che ormai di Lui non abbiamo più bisogno, proprio perché abbiamo tagliato il legame tra le cose e il loro principio.
Demetrio ora ha 95 anni e non è più in grado di parlare, ma fino a qualche anno fa’ mi raccontava di quando andava a trebbiare il grano con la sua trebbia e diceva della grande fatica nelle giornate riarse dal sole, del clima sempre gioioso, «si cantava e si ballava…». Altri due anziani contadini mi dicevano sempre: «la fatica era tanta ma si cantava in allegria».
I miei ricordi sono lontani, di un'altra epoca, ma rivedo la mietitura da mio nonno a Montegiberto, quando ero un bambinetto appresso a mia nonna. Ricordo “lu canestru de lu fratì”, la colazione portata nel campo, “la vrocca dell’acqua fresca co’ lu limò”, “lo pa’ co lu salame”, “lo cascio”,  "la nsalata co' le patate, le cipolle, li pommodò e l'ove sode".
Poi la tavolata all’aperto la sera, dopo la battitura, dopo il frastuono dei motori e le nuvole di polvere; le canottiere di lana grezza, l’odore "de le tagliatelle co' lo sugo de papera" e dei polli arrosto e quell’aria leggera tra le note dell’organetto di mio zio.

Claudio Gazzoli




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